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Mps: conto alla rovescia per il salvataggio, la Fondazione si chiama fuori

Domani il Cda di Mps dovrebbe approvare la trimestrale e varare il piano per la cessione di svariati miliardi di crediti deteriorati. Dal prezzo e dalla quantità dei crediti ceduti dipenderà l’aumento di capitale, che potrebbe raggiungere i 5 miliardi. Fondazione Mps, un tempo azionista di maggioranza, pare prepararsi a uscire del tutto dal capitale.
A cura di Luca Spoldi
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Mps, ormai ci siamo: entro domani, 29 luglio, il Cda della banca senese chiamato ad approvare i conti del secondo trimestre dovrebbe sciogliere le ultime riserve e varare una cessione di Npl per svariati miliardi di euro, cui seguirà un aumento di capitale che secondo le ultime indicazioni potrebbe essere anche di 5 miliardi. La cifra per la verità non è certa, essendo costantemente salita negli ultimi giorni da 3 a 3,5 a 4,5 ed ora a 5 miliardi. Non è l’unica cifra chiave che ancora manca a poche ore dal varo di un piano di cui sulla stampa italiana si discute da settimane se non da mesi.

Come ricordano gli analisti di Credit Suisse in una nota intitolata (profeticamente?) “Auguriamoci il meglio, prepariamoci al peggio”, il mercato sembra credere in una soluzione “privata”, incentrata appunto su un aumento di capitale da 5 miliardi per il quale sarebbe ormai quasi pronto un consorzio di collocamento formato da almeno otto grandi banche, tuttavia troppi dettagli mancano per dare un giudizio sull’operazione. Anzitutto non è chiaro chi comprerà gli Npl di Mps (il fondo Atlante con quanto rimasto in cassa, il costituendo fondo Atlante 2 o altri soggetti?), quanti ne comprerà e a che prezzo, visto che è impossibile che gli Npl vengano pagati al valore netto di libro, tuttora pari a circa il doppio di quanto il mercato valuta questi asset.

L’acquirente, o meglio gli acquirenti, visto che se sarà utilizzato un fondo potranno/dovranno intervenire una pluralità di investitori istituzionali, dalla Cassa depositi e prestiti, alle assicurazioni come Generali e Unipol, dalle casse previdenziali alle banche italiane e/o estere, sarà poi in grado di usare il leverage, ossia emettere cartolarizzazioni per effettuare l’acquisto facendo ricorso alle Gacs per le tranche “senior” (meno rischiose) che affiancheranno le tranche junior (più rischiose) o a misure alternative? Tutto questo avrà un impatto diretto sulla grandezza dell’aumento di capitale e pertanto sulla ulteriore svalutazione della partecipazione dei soci che dovessero non aderire.

Tra questi pare proprio non vi sarà la Fondazione Montepaschi, un tempo azionista di controllo della banca senese (ancora nel 2012 deteneva il 51% del capitale) ma ormai ridotta al ruolo di “figurante” con solo l’1,49% del capitale. Una quota che, nel caso di un aumento da 5 miliardi, significherebbe comunque un esborso di 75 milioni, soldi che la Fondazione non intende (e in ogni caso non potrebbe) spendere per mantenere un legame storico ormai svanito. Probabile che a questo punto i titoli vengano anzi venduti sul mercato, cercando di salvare il salvabile, dopo che il suo patrimonio, interamente investito in azioni Mps, dai 5,7 miliardi di fine 2008 si è ridotto a 452 milioni a fine 2015, subendo peraltro l’ulteriore impatto negativo (65,5 milioni) dal continuo calo delle quotazioni di Mps in borsa (dove attualmente vale l’84% in meno rispetto a fine luglio 2015).

Se tutto questo è storia che riguarda Mps e i suoi azionisti, la svalutazione degli Npl nei modelli interni di Mps potrebbe indurre anche altre banche a seguire l’esempio, producendo dunque un impatto anche per gli azionisti di queste ultime. Mentre le grandi banche italiane non sembrano intenzionate a premere sull’acceleratore delle svalutazioni di Npl e sofferenze, notano gli esperti del Credit Suisse, alcuni istituti minori con Npe (Non performing exposure, esposizioni a crediti deteriorati, ndr) superiori al 20% del totale dei crediti potrebbero farlo. Un bel po’ di carne al fuoco, dunque, per cui è inevitabile che la pressione del governo per una soluzione il più possibile “indolore” (per Mps e il governo stesso) continui fino all’ultimo secondo disponibile, ossia fino a domani, visto che in serata sono attese anche le valutazioni dell’Eba in merito agli stress test e molti prevedono che Mps (e forse Banca Carige) potrebbe non superare le ipotesi più negative.

Una volta chiariti tutti questi punti, in compenso, Mps potrebbe divenire una preda appetibile per un take-over, che difficilmente potrà avere natura ostile, visto il legame che il sistema bancario italiano (e Mps in particolare) ha da sempre con la politica nazionale e locale. Ripulito e ricapitalizzato, con Npe non superiori al 15% dei crediti complessivi, anche tenendo conto che una parte consistente degli attuali incagli si trasformeranno in sofferenze nei prossimi trimestri in assenza di una accelerazione della crescita che non sembra all’orizzonte (anzi), con un Texas Ratio pari “solo” al 110% e un Core equity Tier 1 attorno all’11%, Mps potrebbe trattare attorno a 0,57 volte il valore di libro atteso per il 2017. Un livello estremamente prudente che potrebbe indurre qualche concorrente, ottenuto il beneplacito politico, a lanciare un’Opa.

Chi potrebbe essere il nuovo padrone di Siena? Da mesi il mercato specula su Ubi Banca o, in alternativa, su Intesa Sanpaolo. Entrambi gli istituti si sono chiamati fuori dal salvataggio ma potrebbero essere interessati ad acquistare a prezzi di liquidazione l’intero gruppo o alcuni suoi asset come Antonveneta, il cui acquisto avvenuto a carissimo prezzo nel 2007 dal Banco Santander, impegnatasi a sua volta ad acquistare la banca italiana da Abn Amro, appena conquistata in cordata con Royal Bank of Scotland, poi nazionalizzata, e Fortis, a sua volta salvata da un intervento pubblico. Come si vede nel bene come nel male il destino di Mps (e non solo) si è legato a doppio filo nel corso degli anni all’intervento della politica italiana ed europea: inutile illudersi che domani il “palazzo” non faccia sentire la sua presenza.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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