Mosul, gli Usa ammettono strage di oltre 200 civili: “Siamo stati noi”
Non c'è pace per la città di irachena di Mosul. Nella notte tra venerdì 24 e sabato 25 marzo una serie di bombardamenti aerei contro i jihadisti dell'Isis hanno fatto registrare oltre duecento vittime civili e il Pentagono non ha potuto far altro che ammettere che la Coalizione internazionale a guida Usa ha bombardato una zona dove ci sono stati morti tra la popolazione. Una notizia importante, dal momento che potrebbe trattarsi della prima strage di civili addebitata a Washington dell'era Trump.
Non è ancora chiara la dinamica di quanto avvenuto all'inizio dello scorso fine settimana. Secondo alcune fonti, una bomba avrebbe colpito un camion carico di esplosivo che avrebbe provocato il crollo di un palazzo, al cui interno vi erano almeno duecento persone; secondo altre l'obiettivo del raid sarebbe stato lo stesso edificio, sede di una postazione dell'Isis. È dallo scorso febbraio che procede senza sosta l'offensiva delle forze governative per riprendere il controllo della città nella mani dell'Isis. La parte orientale è ormai al sicuro, ma quella occidentale è ancora teatro di scontri e perdita di vite innocenti.
Per questo l'Onu ha espresso "profonda inquietudine" e la coordinatrice umanitaria per l'Iraq, Lise Grande, si è detta "sconvolta dalle terribili perdite umane". Proprio per evitare nuove stragi, l'esercito iracheno ha annunciato la momentanea sospensione dell'offensiva, mentre Washington ha aperto un'inchiesta su quanto avvenuto nei giorni scorsi. Intanto, sono oltre duecentomila gli abitanti fuggiti dalla zona dei combattimenti, e ancora seicentomila quelli che vivono nei quartieri della città sotto il controllo degli uomini del Califfato.