Mosul, donna kamikaze dell’Isis si fa esplodere con il figlio in braccio
Nel dedalo di stradine della città vecchia di Mosul, mentre l’esercito iracheno avanzava per liberare le ultime sacche di resistenza dei miliziani dell’Isis, i civili intrappolati nei combattimenti cercavano di abbondare l’area. Anziani, malati, donne e bambini in fuga dal regno di terrore che il sedicente Stato islamico instaurò nel 2014. Tra i tanti disperati, una donna vestita con il tradizionale hijab teneva in braccio il suo bambino e una piccola borsa. Quello che a prima vista sembrava una madre con lo sguardo sconvolto dalle violenze subite era in realtà una kamikaze dell’Isis.
Poco dopo essere passata accanto ai militari che presidiavano la zona, la donna ha azionato il suo congegno mortale, uccidendo anche il piccolo figlio. Secondo la ricostruzione di un cameraman della televisione irachena Al-Mawleya Tv, la terrorista suicida indossava una cintura esplosiva ed era pronta con la mano a far scattare il meccanismo per farsi saltare in aria. Le immagini del momento in cui la kamikaze passa accanto ai reparti iracheni che hanno dato l’assalto casa per casa agli ultimi irriducibili dell’Isis sono state scoperte quasi per caso.
Come riporta il quotidiano inglese The Telegraph, l’operatore riesaminando il filmato in fase di montaggio si è accorto che quella non era una madre disperata bensì una fanatica islamista che di lì a poco si sarebbe fatta esplodere. "Le nostre forze stavano dirigendosi verso la parte vecchia di Mosul: decine di famiglie stavano correndo e si avvicinavano a noi", ha dichiarato Ahmed Amouri, un ufficiale del contro terrorismo iracheno (Icts). "Abbiamo notato lo strano comportamento di una donna che aveva un bimbo in braccio. Appena le abbiamo rivolto la parola, si è fatta saltare in aria immediatamente", ha affermato il militare rimasto ferito dallo scoppio della bomba. Oltre alla sua stessa vita, la kamikaze ha sacrificato il figlio, un bambino di pochi anni. Nell'esplosione sono rimasti gravemente feriti anche due militari iracheni e diversi civili.
I terroristi, disperati di fronte alla sconfitta, non hanno esitato ad impiegare le loro donne per le missioni suicide. Nei giorni scorsi – secondo quanto ha scritto il Times – sono state almeno 20 le kamikaze dell’Isis che si sono fatte esplodere nel tentativo di fermare l’avanzata dell’esercito di Baghdad. Nel corso della battaglia per la liberazione di Mosul, l'Isis raramente aveva fatto ricorso alle attentatrici kamikaze. Le cosiddette “spose della jihad” erano confinate a ruoli per lo più domestici o integrate nella polizia religiosa, la famigerata brigata al Khansa, composta soprattutto da straniere arrivate nel Califfato nero al seguito dei mariti combattenti. Secondo Zuhair al-Juburi, capo del consiglio comunale di Mosul, le fanatiche islamiste avrebbero preferito la morte all'arresto. La circostanza che a farsi saltare in aria siano prevalentemente straniere è stata confermata anche dai responsabili iracheni dell’antiterrorismo impegnati in prima linea negli scontri per libreare Mosul. La settimana scorsa, una kamikaze ha condotto un attentato suicida uccidendo almeno 14 persone in un campo per sfollati fuori Mosul. Nei giorni della caduta del Califfato altre terroriste si sono immolate, la più giovane aveva solo quindici anni. Per poter identificare chi fugge e prevenire azioni kamikaze, i militari hanno ordinato a tutte le donne in fuga di togliere il loro niqab (il velo che copre l'intero corpo della donna, compreso il volto), nonostante le difficoltà imposte dalla cultura musulmana che vieta una simile richiesta.
Mentre ieri il primo ministro iracheno, Haidar al Abadi, è giunto a Mosul per dichiarare la liberazione della città dai miliziani dell’Isis, i combattimenti hanno lasciato un panorama di devastazione e morte, soprattutto nella parte ovest di Mosul. Ospedali, ponti, scuole, impianti essenziali per la fornitura di acqua e luce sono andati distrutti. “Quando i combattimenti si fermano, continua la crisi umanitaria", ha detto Lise Grande, coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite per l’Iraq. Secondo i dati forniti da Grande, 15 dei 54 quartieri di Mosul ovest sono stati pesantemente danneggiati. Trentaduemila case sono inabitabili. Il costo necessario per la ricostruzione della città fino a pochi giorni fa “capitale” dell’Isis sono stati stimati dalle Nazioni Unite oltre un miliardo di dollari.
Ai danni materiali, però, si deve aggiungere il costo umano che la guerra al Califfato ha provocato: migliaia i civili uccisi e circa un milione gli sfollati. Come hanno ricordato diverse organizzazioni umanitarie, la parte più difficile sarà adesso recuperare tutti quei bambini a cui gli anni di terrore jihadista e la guerra hanno provocato danni psicologici devastanti. Se da ieri Mosul è ufficialmente liberata, l’ideologia di morte dei fanatici islamisti continua a pervadere la mente di migliaia di musulmani radicali in tutto il mondo. L’attentatrice suicida che ha preferito immolarsi assieme al figlio piccolo ne è la prova.