Mose: mazzette a politici, generali e magistrati. Il giudice: “Ce n’era per tutti”
UPDATE: La cricca del Mose pagava tutti – Dalle carte dell'inchiesta sugli appalti del Mose emerge sempre di più il vasto giro di rapporti economici spesso illegali che esisteva tra le imprese impegnate nel progetto e i politici locali di diversi schieramenti. Tra i documenti agli atti ad esempio compare anche un foglietto scritto a mano, sequestrato nel luglio 2013 ad una dipendente del Coveco, in cui sono elencate minuziosamente le varie "erogazioni" ai politici effettuate dalla coop fino all'11 ottobre del 2011. Nel foglio si leggono ad esempio i nomi di Giampietro Marchese del Pd, già vice presidente del Consiglio regionale veneto, che avrebbe ricevuto 33mila euro, ma anche quelli del consigliere regionale del Pd Lucio Tiozzo, anche a lui 33mila euro. Non mancano indicazioni di partiti ed enti collegati come la Fondazione Marcianum, a cui sarebbero andati 100mila euro, e il Pd provinciale di Venezia che avrebbe intascato 33mila euro. Non mancano indicazioni generiche come una festa Pd che si sarebbe accontentata di 5mila euro e consulenze varie. Del resto a chiamare in causa Marchese era stato lo stesso Giovani Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Nuova Venezia e accusatore del sindaco Orsini, mentre Tiozzo ha sempre sostenuto che quei soldi erano legali e da lui regolarmente dichiarati.
UPDATE: Cantone: "Più grave di Expo"- Il Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone ha commentato la vicenda degli arresti del caso Mose: "Quello che sta emergendo in questa vicenda, che ovviamente deve essere vagliata dalla magistratura, è un sistema molto inquietante, ancora più di quello già grave venuto alla luce per Expo. Nel caso del Mose sembrerebbe coinvolto il sistema imprenditoriale, il sistema politico ma anche il sistema dei controlli: ufficiali della guardia di finanza, un magistrato contabile: il quadro che emerge è di una corruzione davvero penetrante, che viene in qualche modo favorita dalla quantità enorme di denaro che gira quando si tratta di grandi opere". Cantone ha proseguito: "E' innegabile che il sistema degli appalti vada ripensato. Tutti i Grandi eventi degli ultimi anni sono stati fatti con deroghe. Siamo al paradosso che le regole funzionano sugli appalti di medio-piccola grandezza, mentre in quelli di dimensioni più ampie, dove dovrebbe essere maggiore l'attenzione perché ci sono in ballo interessi maggiori, lì le regole non funzionano, non vengono applicate. Però parliamoci chiaro – ha aggiunto Cantone – non possiamo certo pensare che con il solo cambiamento delle regole si possa evitare il ripetersi di situazioni così incancrenite in cui sono coinvolti controllati, controllori, ceto politico. Il sistema è veramente complicato, le regole sono uno degli aspetti su cui lavorare ma è evidente che si tratta anche di fare scelte chiare sul piano della discontinuità politica e culturale". Sintetico il commento del ministro della Giustizia Andrea Orlando: "Sono intristito ma non stupito".
Politici, ufficiali della Guardia di Finanza, giudici, magistrati. Dell'appetitosa torta del Mose di Venezia una fetta non doveva mancare a nessuno. Giancarlo Galan durante il suo incarico da presidente della Regione ha beneficiato di un milione di euro all'anno, diventati un milione e 100mila quando è diventato ministro, serviti alla ristrutturazione della casa. Ma il sistema delle tangenti non risparmiava nessuno. Il generale della Guardia di Finanza, che "sottobanco" passava le informazionisulle inchieste, avrebbe intascato 500mila euro. Altri 400mila sarebbero andati al giudice della Corte dei Conti, che in cambio avrebbe ammorbidito i controlli, complice un altro funzionario della magistratura che, in cambio di 400mila euro, avrebbe chiuso non uno, ma entrambi gli occhi sull'andamento dei lavori.
Mose, il gip: "Funzionari pubblici piegati all'interesse privato"
Insomma, ce n'era per tutti. E' quanto emerge dalle 711 pagine dell’ordinanza con cui il Gip Alberto Scaramuzza rivela i retroscena di quella che è stata definita la nuova "tangentopoli". Nel documento si legge come funzionari statali, politici, magistrati, forze dell'ordine hanno "per anni e anni asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbero dovuto tutelare agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionante di benefici personali di svariato genere". Nel mirino degli inquirenti oltre all'ex governatore Gianfranco Galan e l’assessore regionale Renato Chisso, ci sono l’ex generale delle Fiamme Gialle Emilio Spaziante e il magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, oltre ai collaboratori del magistrato delle acque Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. Ma anche i funzionari regionali Giovanni Artico, Enzo Casarin e Giuseppe Fasiol, che hanno "piegato" la loro funzione asservendosi ligiamente "all’interesse privato in luogo dell’interesse pubblico, abdicando alle proprie funzioni tanto da sentirsi come rappresentanti nell’ente pubblico degli interessi privati che ne alimentavano i conti e ne aumentavano il patrimonio, concedendo anche benefici di ogni sorta e dimostrando una totale subordinazione al gruppo privato".
Mose: a Galan 1,1 milioni per la ristrutturazione della casa
Secondo il Gip le prove nei confronti degli imputati sono schiaccianti e a fornirle sarebbero stati gli stessi corruttori, come Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita: il primo è l'ex presidente del consorzio Venezia Nuova mentre il secondo è l'imprenditore che ha confessato di aver consegnato, nel 2005, una busta contenente 200mila euro a Galan, spiegando di aver "pagato come socio della campagna elettorale". Secondo gli inquirenti, tuttavia, sarebbero stati ben più di 200mila euro e sarebbero serviti a "accelerare gli iter di approvazione degli atti di competenza regionale". Il Gip sostiene che dal 2005 al 2011 Galan avrebbe ricevuto un milione di “stipendio” annuo e un milione e 800mila euro per il rilascio di due pareri favorevoli ai progetti del Consorzio.
E' la stessa Claudia Minutillo, segretaria personale di Galan, a riconoscere che "al presidente venivano costantemente versati centinaia di migliaia di euro più volte all’anno… a lui in persona… da Baita… era una cosa acquisita, si sapeva". Baita avrebbe pagato all'ex presidente della Regione persino la ristrutturazione della casa: 1,1 milioni di euro.
Mose: corrotti un magistrato della Corte dei Conti e un generale della Guardia di Finanza
Ma a beneficiare di laute mazzette erano in molti. Il sistema era quello delle "false fatture": 400mila euro, poi diventati 600mila, sarebbero finiti ogni anno nelle tasche di Vittorio Giuseppone, magistrato della Corte dei Conti per "accelerare le registrazioni delle convenzioni presso la Corte dei Conti da cui dipendeva l’erogazione dei finanziamenti e per ammorbidire i controlli di competenza". In questo quadro sono stati versati 500 mila euro anche al generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante, che avrebbe influito "in senso favorevole sulle verifiche fiscali e sui procedimenti penali".
Mose, 110mila euro al sindaco di Venezia Orsoni (PD)
In questo contesto si inserisce la posizione di Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia eletto con il Partito Democratico, che secondo il Gip avrebbe ottenuto la fetta più piccola della torta: 110mila euro, erogati da aziende che lavoravano con il Mose. Stando a quanto riferito da un imprenditore il primo cittadino avrebbe detto: "Siete un gruppo forte, siete degli amici veri, questa cosa sapevo che stava maturando ma non me l’avevano detta bene… sono meravigliato dello sforzo addirittura superiore alle attese e ti ringrazio molto".