Morte Stefano Cucchi, al processo bis spuntano altri verbali falsificati e anomalie
Al processo bis in prima Corte d’Assise sulla morte di Stefano Cucchi, il geometra romano deceduto all'ospedale Pertini il 22 ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato per detenzione di droga, spuntano nuovi verbali falsificati e nuove incongruenze. Nel procedimento sono imputati cinque carabinieri accusati a vario titolo di omicidio preterintenzionale, falso e calunnia. Nel corso dell’udienza di oggi è stato ascoltato tra diversi “non so” e “non ricordo” Gabriele Aristodemo, in servizio alla stazione Appia all'epoca dei fatti. C’era anche lui al momento dell’arresto del geometra, con il carabiniere Francesco Tedesco, imputato con l’accusa di omicidio preterintenzionale insieme ai militari Alessio di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Alla sbarra ci sono poi il maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti comandante della stazione Appia, e i carabinieri Vincenzo Nicolardi e lo stesso Tedesco accusati di calunnia a tre agenti della Polizia Penitenziaria.
È emerso che il verbale della perquisizione domiciliare effettuata a casa dei genitori di Cucchi dopo l’arresto non sarebbe genuino. Nella copia acquisita nel 2009 non c’è la firma dell’arrestato ma nello stesso documento, acquisito nel 2015, compare la dicitura “si rifiuta”. Anche sul verbale di arresto manca la firma di Cucchi. Aristodemo ha spiegato che "è normale perché è un atto nostro" ma nel luglio 2015 disse che all’epoca Cucchi si rifiutò di firmarlo. “Mi sbagliai, mi ero confuso”, ha quindi detto incalzato dal pm. Sono inoltre emerse anche le preoccupazioni dei militari che cercavano di concordare una versione univoca da dare agli inquirenti, senza però sapere di essere intercettati. Aristodemo in aula ha ribadito che, durante la perquisizione domiciliare, Cucchi era calmo, seduto sul divano. In una telefonata però intercettata nel 2015, D’Alessandro telefona proprio ad Aristodemo per dirgli che si era ricordato che il ragazzo cominciò a dare testate contro il muro e che per calmarlo dovettero ammanettarlo. “Quello che disse D’Alessandro non era vero, perché c’ero anche io lì”, ha quindi detto il militare. Aristodemo ha anche cambiato versione in merito alla condizione fisica del geometra quando lo hanno portato in caserma. Tre anni fa disse che Stefano non aveva segni sul corpo mentre oggi ha ammesso che “era rosso sotto agli occhi”.