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Giulio Regeni ha lavorato per un’agenzia di intelligence. I genitori: “Ipotesi offensiva”

Dietro la morte del ricercatore italiano potrebbe occultarsi l’ombra del tradimento. Per l’Egitto “non è mai stato arrestato”. I pm indagano su 30 contatti del ragazzo. E c’è quella mail inviata alla sua prof: “Cresce un malcontento molto diffuso tra i lavoratori…”.
A cura di Biagio Chiariello
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Conversazioni e contatti di famigliari, amici, fidanzata, colleghi e referenti universitari, ma anche e soprattutto sindacalisti e dissidenti egiziani. L’attenzione del pm Sergio Colaiocco, titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano avvenuto in Egitto, si concentra proprio su questo materiale. Una vera e propria miriade di comunicazioni, emersa dai supporti informatici del giovane morto al Cairo e consegnata al magistrato italiano. Gli inquirenti la stanno vagliando per completare la ricostruzione della rete di relazioni di Giulio. In particolare una mail inviata a metà gennaio alla sua professoressa, Maha Abdelrahman, tutor della vittima alla Cambridge University, avrebbe catturato l’interesse del magistrato: Giulio Regeni stava preparando la sua tesi e raccontava cosa era successo nell’ultima riunione di sindacati dell'11 dicembre. "Un malcontento molto diffuso tra i lavoratori ma che fino a oggi stentava a prendere forme in iniziative concrete" scriveva il 14 gennaio, dieci giorni prima della scomparsa, nella sua analisi sull'agenzia di stampa Nena News.

Regeni, tradito dai suoi report

Proprio questi report che mandava ai suoi professori a Cambridge potrebbero aver convinto gli 007 egiziani che Regeni li stesse spiando o che addirittura avesse un ruolo da agente sovversivo. Questa è la ipotesi principale sulla quale, ormai, lavorano gli investigatori italiani al Cairo e a Roma. Il professore Khaled Fahmy dell'American University al Cairo, ha detto chiaramente che il lavoro di sindacati e attivisti “è il topic più pericoloso di cui occuparsi” al Cairo, un tema su cui “le agenzie di sicurezza sono molto sensibili” in ottica di una recrudescenza delle proteste di piazza. E proprio su questo punto si è concretato l’interrogatorio della professoressa Abdelrahman. La docente ha spiegato, tra l'altro, che la ricerca di Giulio era diventata partecipata, vale a dire prevedeva una partecipazione attiva alla vita degli organismi di cui doveva occuparsi. A tal proposito, sembra che uno dei punti di riferimento al Cairo di Giulio era Hassanein Keshk, tra gli oppositori più strenui del regime.

Il lavoro per un'azienda di intelligence a Londra

Un'altra particolare che gli investigatori starebbero valutando è il lavoro svolto per un anno da Regeni presso un'azienda d'intelligence a Londra. Si tratta, scrive La Stampa, della Oxford Analytica, fondata da un ex funzionario americano implicato nello scandalo Watergate. E' una agenzia che analizza tendenze politiche ed economiche su scala globale per enti privati, agenzie e cinquanta governi. Dal settembre 2013 al settembre 2014, il ragazzo si sarebbe occupato della produzione del "Daily Brief", una decina di articoli pubblicati quotidianamente per clienti d'elite. Contattato dall'Ansa, il "think tank" britannico, col quale aveva collaborato Giulio Regeni, fa sapere di non voler parlare in questo momento coi media italiani sulla vicenda del ricercatore ucciso in Egitto. Fonti in contatto col centro studi hanno riferito che si respira un'aria di irritazione fra i responsabili dell'organizzazione, che negano di essere legati a qualunque agenzia di intelligence e lamentano inesattezze sulle ricostruzioni della loro attivita'.

I genitori di Giulio: "Non era una spia"

La famiglia Regeni, attraverso il proprio legale, "smentisce categoricamente ed inequivocabilmente che Giulio sia stato un agente o un collaboratore di qualsiasi servizio segreto, italiano o straniero". "Provare ad avvalorare l'ipotesi che Giulio Regeni fosse un uomo al servizio dell'intelligence – prosegue la famiglia – significa offendere la memoria di un giovane universitario che aveva fatto della ricerca sul campo una legittima ambizione di studio e di vita".

"Torturato come una spia"

Nel frattempo se dall’Egitto smentiscono con forza che Giulio Regeni sia stato “catturato e ucciso da elementi appartenenti ai servizi di sicurezza prima della sua morte”, le indiscrezioni pubblicate dalla Reuters sulla perizia medico-legale acquisita dalla Procura di Giza e secretata sembrano confermare i segni delle tortura: “sette costole rotte e le tracce di scosse elettriche sui genitali”. Una pratica terrificante che gli attivisti egiziani denunciano da mesi, parlando di sevizie sistematiche nelle carceri del Paese, che contano il dato ‘record' di oltre 40.000 detenuti politici, accusati a vario titolo di sovversione e terrorismo. L’autopsia effettuata a Roma dal professor Fineschi sul corpo di Regeni, in realtà, non ha riscontrato segni di scosse o bruciature, ma ha confermato le fratture in varie parti del corpo: non solo spalle e torace, Giulio aveva mani e piedi fratturati.

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