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Morte Pantani, la nuova indagine

Pantani è stato ucciso? Tutti gli elementi del dossier che ha fatto riaprire il caso. La perizia medica del professor Avato che parla di assunzione forzata di cocaina. I tanti indizi che Pantani non fosse solo nella stanza. Le strane telefonate prima e dopo la scoperta del cadavere.
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“Io non mi sono più sentito sereno e ho finito per farmi del male”. Per dieci anni le indagini hanno spiegato così la morte di Pantani, con le parole del Pirata che ora campeggiano su una parete del museo a lui dedicato. Hanno concluso che si è lasciato morire di overdose di cocaina a San Valentino del 2004, hanno tralasciato incongruenze e lacune. Fino alla rilettura dell'avvocato Antonio De Rensis, ultimo tentativo di mamma Tonina di arrivare alla verità. De Rensis ha presentato al procuratore capo di Rimini Paolo Giovagnoli, che da pm a Bologna ha legato il suo nome alle indagini sul delitto di Marco Biagi, un corposo dossier corredato dalla perizia medico legale del professor Francesco Maria Avato, che nel 1990 ha svolto l'autopsia sul cadavere di Denis Bergamini. Giovagnoli ha riaperto il fascicolo per omicidio volontario contro ignoti e affidato l'indagine a Elisa Milocco, 33 anni, al primo incarico da pm, un magistrato giovane e lontano dalle possibili pressioni locali: una scelta che non sembra casuale. “Le carte parlano molto” ha detto De Rensis in un'intervista a Sky Sport. “Leggendole bene, la strada si illuminerà da sola”.

Gli ultimi giorni di Marco – Pantani arriva al residence Le Rose di Rimini il 9 febbraio 2004 dal Jolly Touring di Milano (curiosa coincidenza: era in hotel della stessa catena anche a Madonna di Campiglio il 5 giugno 1999, quando ha un po' iniziato a morire). Si fa portare in taxi, paga 680 euro in contanti. Con lui ha 12 mila euro, che non verranno trovati nella stanza, e una “sportina” con il necessaire e dieci confezioni di psicofarmaci (tra cui l'ansiolitico Control, l'antidepressivo Surmontil e l'ipnotico sedativo Flunox). Vive praticamente da recluso quegli ultimi giorni. La sera del 13 febbraio Oliver Laghi, titolare del ristorante Rimini Key convenzionato con il residence Le Rose, gli porta in camera quello che sarà il suo ultimo pasto, un pasto da atleta: omelette al prosciutto e funghi e succo d'arancia. Secondo il racconto dell'addetto alla reception, alle 22 di quella sera incontra un uomo tra i 28 e i 30 anni, mal rasato e con una particolare inflessione dialettale: è Ciro Veneruso, il suo pusher, mandato da Fabio Miradossa, che aveva già fornito coca a Pantani almeno due volte nell'ultimo mese. Miradossa e Veneruso hanno patteggiato condanne rispettivamente a 4 anni e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi nel processo che li ha visti imputati insieme a Fabio Carlino, titolare della Angel's Agency, agenzia di modelle e hostess di ogni genere dove lavoravano le ultime due compagne di Pantani, Cristina Jonsson e Elena Korovina.

Il giorno della morte –  La mattina del 14 febbraio chiama prima la receptionist Lucia Dionigi, poi Laryssa, la donna delle pulizie, tra le 10.30 e le 10.50 chiedendo che telefonassero ai carabinieri. Ma non lo faranno. Perché? E Perché Pantani, che può telefonare all'esterno dalla sua camera non fa direttamente il 112? La camera D5 viene aperta solo alle 20.30, dal portiere Pietro Buccellato, allora uno studente di 25 anni che lavorava part-time nei weekend e a tempo pieno l'estate. Deve forzarla, perché è ostruita dall'interno. Da cosa? Buccellato parla di un cassettone, poi al processo contro Miradossa e Veneruso cambia versione e descrive un mobile per appendere gli abiti. Il proprietario del residence Sandro De Luigi racconta di un televisore e di un forno a microonde, la donna delle pulizie di un tavolo messo di traverso. Tre testimoni chiave si contraddicono su un dettaglio che è solo in apparenza marginale.

Le perizie mediche – A che ora è morto Marco Pantani? La dottoressa Marisa Nicolini del 118, che firma il certificato di decesso, la colloca tra le 14 e le 17. Giuseppe Fortuni, il medico che dieci anni prima ha esaminato il cadavere di Ayrton Senna, esegue l'autopsia e la anticipa tra le 11.30 e le 12.30. Ricalca le teorie formulate a caldo, descrive un'overdose: Pantani è morto per arresto cardiocircolatorio, con emorragia annessa, causata dalla cocaina. Non si sofferma molto sulle ferite (alla testa in tre diversi punti, sulla fronte, sul sopracciglio sinistro, sulla nuca, sul polso, sulle gambe), sostiene che Pantani se le sia procurate da solo mentre mette a soqquadro la stanza. Eppure, sottolinea Avato, rispetta scrupolosamente le prescrizioni e le dosi sui farmaci e ha le mani curatissime. Avato fissa il decesso tra le 10.45 e le 11.45, proprio a ridosso delle telefonate di aiuto, spiega che nel corpo di Pantani c'erano diverse decine di grammi di coca, che escludono l'assunzione volontaria. Ipotizza che sia stato costretto a berla disciolta nell'acqua, magari proprio nella bottiglia mai repertata sulla scena. Una parte potrebbe essere stata ingoiata mangiando palline simili a quelle, rigurgitate, trovate vicino al corpo. Avato analizza anche la consistenza dei polmoni e conclude che il cadavere è stato spostato. La perizia evidenzia anche nello stomaco di Pantani tracce di un modesto pasto non del tutto digerito ma quella mattina non risulta che abbia fatto colazione al residence: chi gliel'ha portato? Forse la stessa persona che ha lasciato nel cestino del bagno la carta di un noto gelato, peraltro mai esaminato? Tutti indizi che suggeriscono un'unica conclusione: qualcuno è entrato nella stanza prima delle 20.30 quando viene scoperto il cadavere di Pantani, in quel buco di 10 ore che i 55 giorni dell'indagine di 10 anni fa e le 700 ore di intercettazioni telefoniche non hanno illuminato.

Il video tagliato – Agli atti del processo contro i due spacciatori Fabio Miradossa e Ciro Veneruso c’è il video della Scientifica che comincia alle 22,45 del 14 febbraio e si conclude all’1,01 del 15 febbraio. Il "girato" però è di soli 51 minuti e termina prima dalla fine dell’ispezione. Chi ha effettuato i tagli e perché? Prima che l'operatore entri, cinque persone scendono dal soppalco: sono in borghese, senza camice né guanti. Nessuno esegue rilievi o prende le impronte digitali. Secondo quanto scrive Philip Brunel nel suo libro "Gli ultimi giorni di Marco Pantani", è il coroner Toni che consiglia al giudice Gengarelli di non farle rilevare.

Disordine troppo ordinato – Le immagini mostrano una stanza devastata. Le sedie rivoltate, i materassi gettati a terra (uno è addirittura sventrato), oggetti sparpagliati ovunque. La tv è sul pavimento, lo specchio del bagno è staccato dal muro e i rivestimenti di legno sono divelti, il tubo del condizionatore è stato svitato con un cacciavite. C'è un lenzuolo bianco appeso a un montante del soppalco e il cavo della tv che penzola annodato in una posizione innaturale. Gli elettrodomestici e lo specchio, però, sono tutti dalla parte giusta, non hanno nemmeno un graffio. C'è cocaina sparsa ovunque: secondo la versione ufficiale, Pantani avrebbe speso così i 12 mila euro che aveva con sé. Gli investigatori raccolgono un sacchetto con sostanze brunastre, i conti del Bar Don Giovanni, dove Pantani non risulta sia mai entrato, e due contenitori unti di cibo cinese che Pantani non ha mai ordinato. Ma non daranno peso a questi elementi. Nella stanza, poi, si vedono tre giubbotti pesanti, compreso uno tecnico da sci che Pantani si era fatto recapitare a Milano ma non aveva con sé quando è arrivato al Le Rose. Come è finito nella stanza? Chi l'ha portato? A nessuno sembra interessare perché da subito, per tutti, quella è solo la morte solitaria di un campione annegato nell'abisso della droga. Non è un omicidio, non è un suicidio: è un'overdose accidentale.

La porta sul retro – L'ipotesi della colluttazione viene scartata perché, si sostiene, nessuno avrebbe potuto entrare nella stanza senza passare dalla reception, senza essere visto. In realtà dall'ingresso sul retro, sempre aperto, noto agli inquirenti dai primi giorni dell'indagine, si arrivava all'ascensore che serve il garage e tutti i piani del residence. Peccato che ora non si possano più fare i rilievi, perché l'hotel è stato completamente ricostruito e della vecchia struttura, di quella stanza, non resta più nulla.

Misteriose telefonate – La nuova indagine ripartirà anche dai tabulati telefonici del pomeriggio del 14 febbraio, da una triangolazione fittissima tra Fabio Miradossa, Ciro Veneruso e altri soggetti ancora da identificare. In quel febbrile giro di telefonate ce n'è anche una che parte dopo la scoperta del cadavere di Pantani, alle 20.52 di sabato 14 febbraio. Qualcuno dal residence Le Rose chiama per 41 secondi un imprenditore che in quel momento è in compagnia di Elena Korovina, proprio l'ultima compagna di Pantani, e conosce Miradossa e Veneruso. L'imprenditore racconta di uno scambio breve, quasi surreale. Ma 41 secondi sono tanti. Da qui l'inchiesta riparte, per provare finalmente a rispondere alle domande che da 10 anni non trovano soluzione: chi e perché ha ucciso Pantani? Chi e perché ha coperto l'assassino?

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