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Morte di Giuseppe Uva, il Gip: “Si indaghi tra polizia e carabinieri”

Il giudice per le indagini preliminari ordina la riapertura delle indagini sulla morte del ragazzo, avvenuta il 15 giugno 2008 dopo un fermo di carabinieri e polizia: “Le cause della morte vanno ricercate nelle condotte delle persone presenti in caserma quella notte, è una morte per la quale doveva sorgere immediatamente il sospetto di un reato”.
A cura di Davide Falcioni
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La notte tra il 14 e il 15 giugno del 2008 Giuseppe Uva si trova insieme ad Alberto Bigiogero a Varese. I due sono euforici, hanno bevuto qualche bicchiere di troppo e iniziano a transennare una via della città, deviando il traffico delle auto verso il centro. Interviene una pattuglia dei carabinieri: stando alla testimonianza dell'amico, Giuseppe viene scaraventato a terra con violenza, poi caricato nella "gazzella" e lì preso a calci e pugni. Sul luogo arriva anche una volante della polizia, che carica Alberto. I due vengono portati nella caserma di via Saffi. Alberto racconta: "Un Carabiniere in particolar modo l’ha massacrato di botte in caserma insieme ai suoi colleghi e mi dicevano: ‘dopo arriva anche il tuo turno'. Al che, quando finalmente mi sono trovato da solo, ho chiamato il 118 implorandolo di venire in soccorso, perché un mio amico veniva massacrato, mi hanno detto che in caserma non potevano intervenire, è arrivato un soggetto con dei tratti asiatici, sembrava quasi cinese, con una borsa forse da medico e da lì il mio amico Beppe ha smesso di gridare: questo mi ha fatto sentire veramente sollevato come non mai, perché ho pensato che hanno smesso di pestarlo". Giuseppe morirà in ospedale poche ore dopo.

Il pubblico ministero ha avviato un'inchiesta ipotizzando un caso di mala sanità, ma il 23 aprile del 2012 il dottor Carlo Fraticelli viene assolto dall'accusa di aver provocato la morte di Giuseppe tramite la somministrazione di un farmaco sbagliato. La sentenza viene confermata in appello. Per Lucia Uva, sorella della vittima, le responsabilità della morte del fratello vanno ricercate nella caserma. In un interrogatorio anche il Dott. Rondinella, il primo medico legale interpellato da Lucia Uva, sostiene che Giuseppe non è morto di farmaci.

Ebbene, ieri il Gip di Varese, Giuseppe Battarino, ha ordinato alla Procura nuove indagini nei confronti degli 8 agenti di polizia e carabinieri accusati di lesioni colpose in relazione alla morte di Giuseppe Uva, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dal pm Agostino Abate. "Il cittadino Giuseppe – ha affermato Battarino – è stato privato della libertà mediante un trattenimento prolungatosi per oltre due ore senza necessità in un presidio di forze di polizia e in mancanza dei presupposti di legge". Nel disporre nuove indagini il Gip ha affermato: "Le cause della morte vanno ricercate nelle condotte delle persone presenti in caserma quella notte, è una morte per la quale doveva sorgere immediatamente il sospetto di un reato, il valore della libertà personale è prevalente su ogni altra esigenza pubblica o privata (Giuseppe Uva non fu arrestato, ndr) e nessun può essere privato della libertà personale se non in forza di una legittima detenzione".

Nella sentenza del giudice per le indagini preliminari si legge: "La notte del 14 aprile 2008 si è verificato un fatto di probabile rilevanza penale in una strada del centro di Varese, l'accompagnamento in caserma è ingiustificato, siamo di fronte ad un cittadino che aveva bisogno di assistenza, mentre il 118, chiamato dall'amico Alberto Bigioggero, viene respinto dai carabinieri. Uva viene ricoverato senza il suo consenso dopo una straordinario patimento fisico subito nel corso della privazione della libertà". Il Gip conclude: "La morte di Giuseppe Uva non è riconducibile ad errata somministrazione di farmaci, sul suo corpo vi erano tracce diffuse di lesioni, ci fu un'importante effusione di sangue proveniente dalla zona anale, la morte è conseguita ad un'aritmia derivante dal contenimento e dallo stress fisico e i traumi subito sono concause del decesso".

In questi anni il pm Abate ha querelato la sorella di Giuseppe Uva, Lucia, e anche i giornalisti che si sono interessati al caso avanzando il sospetto che si sia trattato di una vicenda di "mala polizia". Il documentario "Nei Secoli Fedele", che ha tentato di fare luce sulla storia di Uva, è stato ritirato dagli autori su consiglio dei legali, vista la concreta minaccia di sequestro, e solo da oggi è di nuovo in circolazione. Lucia, intanto, ha dichiarato: "Forse inizierà un percorso di giustizia per mio fratello. Forse. Ma quanta sofferenza. Quante energie. Quante porte sbattute in faccia. Ora uno spiraglio di speranza. Finalmente! Compatibilmente con i termini della prescrizione ormai prossimi. Quanta fatica per poter aspirare a qualcosa che secondo la nostra Costituzione dovrebbe essere dovuto e scontato. Ma in che mondo viviamo?".

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