Morte Alessandro Neri, continua il mistero: “Nessun segno di colluttazione sul corpo”
E' ancora mistero sulla morte di Alessandro Neri, il 29enne di Spoltore, in provincia di Pescara, trovato senza vita a Fosso Vallelunga lo scorso venerdì 9 marzo dopo che quattro giorni prima ne era stata denunciata la scomparsa. Gli inquirenti, dopo aver escluso l'ipotesi del suicidio e dell'allontanamento volontario, sono ancora al lavoro per cercare di ricostruire le ultime ore di vita del ragazzo, mentre sono stati resi noti i risultati dell'autopsia, che potrebbero aiutare a far luce su una vicenda sulla quale gli interrogativi sono ancora troppi.
L'esame autoptico avrebbe, infatti, aiutato a chiarire alcuni dei dubbi degli investigatori, anche se sulle risultanze vi è ancora il massimo riserbo. Si dovrebbe in ogni caso essere in grado di stabilire, oltre al tempo della morte, da quale distanza è stato esploso l'unico colpo che, colpendo il torace, avrebbe ucciso il 29enne, oppure no, dal momento che il giovane sarebbe anche stato picchiato. L'arma non è stata ritrovata. Da quella distanza si potrebbe quindi risalire anche al tipo di luogo in cui si è consumato il delitto, forse un ambiente angusto, come l'abitacolo di un'automobile. Perché l'ipotesi più accreditata al momento è che Alessandro sia stato portato sulla sponda del torrente dove è stato ritrovato quando era già morto e poi posizionato con le gambe immerse nell'acqua e il cappuccio di una felpa sulla testa.
Un aiuto importante dovrebbe arrivare anche dall'analisi dei tabulati telefonici. D'altronde, è stato proprio il cellulare di Alessandro a guidare le ricerche che hanno poi portato al ritrovamento del suo cadavere. Quello smartphone, si è appreso, è stato acceso fino a lunedì sera, il giorno della scomparsa, poi si è spento. I carabinieri stanno inoltre ispezionando anche i vecchi telefoni del ragazzo recuperati nel corso della perquisizione svolta nella sua abitazione. Intanto, proprio perché non si esclude alcuna pista, continuano gli interrogatori dei suoi familiari, noti imprenditori del territorio.
Lo stesso Alessandro, insieme ai tre fratelli, lavorava nell'azienda "Il Feuduccio" a Orsogna, in provincia di Chieti. Fondata nel 1995 dal nonno materno Gaetano Lamaletto, tornato in Abruzzo a produrre vini di alta qualità dopo 40 anni in Venezuela dove, arrivato da emigrante, aveva costruito una fortuna producendo ceramiche per l'edilizia. Anche il nonno, oltre alla mamma del ragazzo, risulta tra le persone interrogate tra le forze dell'ordine. Non è escluso, secondo gli inquirenti, che il suo ritorno in madrepatria sia in qualche modo collegato al delitto del nipote. Anche se tra le ipotesi sembra aver maggior peso quella di un delitto invece "artigianale" e non portato a termine da professionisti.