Continua il "tour europeo" di Mario Monti, il quale, dopo aver incontrato Hollande, è impegnato in questi giorni in una complessa trasferta in Finlandia, uno dei paesi più scettici sulla necessità e urgenza delle misure adottate dalle istituzione europea per contrastare la crisi dell'euro. In particolare all'ordine del giorno resta la questione spread con tutto ciò che comporta in termini di sovranità fiscale e peso all'interno degli equilibri politico – economici. Così, dopo aver lasciato trapelare la possibilità che anche l'Italia ricorra allo scudo fiscale (con dichiarazioni che gli analisti hanno giudicato quasi un monito ai cosiddetti falchi del governo tedesco), il Professore, nell'intervento ad un seminario della Confindustria finlandese, ha prospettato lo scenario politico italiano nel caso in cui lo spread dovesse rimanere a livelli elevati. "Un Governo non europeista, contrario all'euro e non orientato alla disciplina fiscale", questo, stando a quanto riportato dalle agenzie, il futuro a breve – medio termine (Monti ha scherzato dicendo "non vi dico quanto tempo, lascio un po' di mistero") di un Paese nel quale la stessa politica ha il dovere di riflettere "sul gap che si è creato tra cittadini e partiti in termini di credibilità".
Uno scenario che costituirebbe un problema non solo per l'Italia e gli italiani, ma per l'intera Comunità Europea che non reggerebbe una "defezione del genere". Del resto quella sullo spread è una vera e propria "battaglia di principio", con Monti che ha approfondito un concetto più volte espresso nei giorni scorsi. In buona sostanza secondo il Professore i paesi virtuosi, quelli che stanno mettendo in campo le riforme strutturali chieste dall'Unione, non possono essere lasciati alla mercè della speculazione, anche perché se gli stessi cittadini non riscontrano miglioramenti, potrebbero chiaramente dubitare della bontà delle politiche economiche messe in campo e dello stesso progetto europeo. Un ragionamento semplice e coerente, destinato però a scontrarsi ancora una volta con la volontà politica di quegli Stati, come Germania e appunto Finlandia, non pienamente convinti di sostenere "costi quel che costi" un onere di questo tipo.