Monti e il fronte del dissenso: complotto o transizione morbida?
A parte la Lega Nord, il mondo politico, pur con i dovuti distinguo, ha accordato piena ed incondizionata fiducia al Governo Monti (almeno per quanto riguarda le forze presenti in Parlamento). Parallelamente sembra però costituirsi nella società una vasto ed eterogeno schieramento che non vede di buon occhio la nuova esperienza di Governo. Composto da giornalisti, opinionisti, intellettuali ed esponenti della società civile, questo "fronte del dissenso" vede nel neonato Governo un rimedio quasi peggiore del male.
A partire da Beppe Grillo, passando per Paolo Barnard fino ad arrivare a Giulietto Chiesa, la critica che si muove è quella di una totale scomparsa della politica. Certo, gli accenti e le sfumature sono diversi, con Grillo che arriva addirittura ad ipotizzare la fuoriuscita dall'Euro e Giuletto Chiesa che si scaglia invece contro i poteri forti, ma la sostanza è più o meno la stessa: la crisi in questo Paese non è solo economica ma anche e soprattutto politica. In questione vi è la sostanziale perdita di sovranità nazionale da parte dell'Italia, un paese di fatto commissariato, che si dota di un Governo non per mezzo di procedure democratiche, ma in virtù di una richiesta di quello che Giuletto Chiesa definisce un ineffabile "potere esterno".
In una recente intervista così si esprimeva il giornalista di Aqui Terme: siamo alle prese con "un potere finanziario che interviene direttamente sulle sorti del nostro Paese attraverso due persone che si chiamano Mario Monti e Mario Draghi. L’uno è il banchiere centrale europeo, l’altro il nuovo capo del governo di questo Paese. Entrambi sono uomini della Goldman Sachs". I dati snocciolati da Giulietto Chiesa pongono molti interrogativi. L' Italia sarebbe un paese estremamente sano dal punto di vista del debito privato, circa il 42% del PIL, mentre altri paesi (primo tra tutti la Gran Bretagna) arrivano a toccare punte del 103%. In sostanza in quanto a stabilità finanziaria l'Italia sarebbe la seconda economia europea subito dopo la Germania. Dunque l'interrogativo è il seguente: perchè la tempesta finanziaria si abbatte proprio sull'Italia, quali interessi si nascondono dietro questa complessa operazione di speculazione che sembra essere montata ad hoc?
Se sono i mercati internazionali a dover decidere per gli italiani, a questo punto le forme di partecipazione democratica sono praticamente svuotate di senso. Quando Beppe Grillo, ovviamente con tono provocatorio, immagina una possibile uscita dall'Euro, coglie un punto decisivo della questione. Un provvedimento economico come l'assunzione della moneta unica ha determinato sconvolgimenti clamorosi sul piano politico. Di fatto la cosiddetta "zona-euro" ha visto il duplicarsi delle proprie istituzioni politiche e alla capacità decisionale dei Governi degli Stati membri, si è andata man mano sostituendo una zona grigia fatta di commistioni di interessi economico-finanziari che è diventata il vero centro decisionale. E seppure resta evidente che abbandonare la moneta unica sarebbe una catastrofe dal punto di vista economico, Grillo ha pur sempre il merito di sottolineare l'inadeguatezza delle istituzioni politiche a fronteggiare la situazione.
Le parole di Grillo sono durisssime: "Se il Parlamento è composto da nominati da pochi segretari di partito, il professor Monti è stato eletto dallo spread. Se i mercati dovessero ricredersi sul suo conto, se si dimostrasse troppo tenero con i contribuenti, sarebbe sufficiente un nuovo colpo di spread per scatenare il terrore negli italiani. Et voilà un altro tecnico che più tecnico non si può giurerebbe da Napolitano".
Non poche polemiche ha suscitato l'intervista rilasciata qualche sera fa da Paolo Barnard alla trasmissione televisiva "Matrix" in cui il giornalista arriva a parlare di Colpo di Stato. Anche qui, all'esagerazione retorica si affiancano elementi di verità. Il riferimento di Barnard al trattato di Lisbona mette in chiara luce il tema della perdita di sovranità nazionale. L'accusa di "alto tradimento" all'ex Governatore della Banca d'Italia Draghi, getta un'ombra oscura su tutto il nostro sistema di controllo dell'economia: siamo stati per anni meri esecutori di volontà e decisioni che venivano dall'esterno? Certo che se finanche l'ex Ministro Tremonti si è spinto a dichiarare, sulla questione del Bilancio di Stato che deve essere "visionato" in prima istanza dalla Commissione Europea, che il nostro Parlamento è stato completamente esautorato, vale la pena di porsi qualche interrogativo. Il quadro che ci offre Barnard è disarmante: l'Europa è schiacciata da un non meglio definibile, quanto inattacabile, regime tecnocratico-bancario; esso priva gli Stati membri della propria sovranità, rilegando le procedure democratiche a mero formalismo e decretando la completa estinzione della politica.
Resta il fatto che per la prima volta nella storia repubblicana, siamo di fronte ad un Governo che recide qualsiasi legame con la rappresentanza politica. Quando il Presidente del Consiglio Monti dichiara che la mancanza di politici all'interno della squadra di Governo rappresenta un elemento di stabilità e di "forza" per il proprio esecutivo dice senz'altro una verità per quella che è la situazione attuale ma resta comunque difficile negare che si tratta di una verità desolante: la fiera dichiarazione di un tecnico che pubblicamente annuncia la morte della politica.
Se non bastasse, come abbiamo avuto modo di vedere, si iniziano ad ipotizzare da più parti dubbi sul reale stato di crisi dell'economia italiana, che è evidentemente molto pesante, ma che probabilmente si sta sovraccaricando dal punto di vista mediatico per coprire situazioni ben più gravi. Forse, tutto sommato, l'Italia non è il problema dell'Europa ma una parte del problema Europa.
Per uscire da questa situazione non bastano l'impegno e la dedizione di una squadra di Ministri qualificati, rispettabili e di grande levatura. Occorre una svolta radicale nelle politiche economiche che hanno caratterizzato la scena europea ed italiana negli ultimi anni. Ripercorrere quelle scelte, per di più in una situazione di caratterizzata da un evidente vulnus democratico, sarebbe come infliggere un colpo letale al nostro Paese. Queste le preoccupazioni di quello che abbiamo definito il "fronte del dissenso". Tra provocazioni e slanci retorici non mancano certamente interessanti spunti di riflessione.