“Volevo rendermi conto della logistica”: i sopralluoghi di Davide Fontana per disfarsi del cadavere di Carol
Davide Fontana, omicida reo confesso della 26enne Carol Maltesi, resta in carcere alla luce dei "gravi indizi di colpevolezza". Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari di Brescia Angela Corvi dopo il breve interrogatorio di convalida del fermo di ieri mattina, durato meno di mezz'ora. Pochi minuti durante i quali, come era già emerso ieri, il 43enne bancario con la passione per la cucina e la fotografia ha confermato la sua confessione, raccontando anche gli oltre due mesi di bugie e depistaggi trascorsi da quando ha ucciso brutalmente Carol a Rescaldina a quando, in maniera altrettanto brutale, si è disfatto del suo cadavere smembrato in 15 pezzi, gettandolo in un dirupo a Borno, in Valcamonica.
Pochi giorni dopo il delitto il primo sopralluogo
È proprio su quest'ultima fase, quella dell'occultamento del cadavere, che il 43enne mostra di aver speso particolari energie. In una maniera che appare fredda e razionale ha cercato il modo migliore di disfarsi del cadavere della ragazza, che poco dopo il delitto aveva fatto a pezzi con una sega comprata in un megastore di ferramenta e aveva poi conservato in un freezer comprato appositamente su Amazon. Risale a pochi giorni dopo il delitto, avvenuto il 10 o l'11 gennaio nell'abitazione della giovane, sua vicina di casa ed ex fidanzata, il primo sopralluogo. Fontana, come messo a verbale nel primo interrogatorio nella notte tra lunedì e martedì scorsi – quando dopo aver cercato di mentire ai carabinieri è crollato confessando l'orrore, che non si può riportare nella sua interezza per quanto è terribile – ha prenotato una casa su Airbnb a Vararo, località sulle colline sul lago Maggiore in provincia di Varese. Un primo sopralluogo "per rendersi conto della logistica", come ha dichiarato Fontana. E poi il ritorno nella stessa casa isolata, questa volta assieme ai sacchi con dentro il cadavere di Carol. Corpo che il 43enne ha provato a bruciare sul barbecue, per poi rendersi conto che "non era fattibile" e tornare a casa a Rescaldina.
Il secondo sopralluogo a Paline, dove l'omicida andava da adolescente
Il secondo sopralluogo, effettuato sempre con la Fiat 500 della 26enne che lui utilizzava spesso, lo ha effettuato due settimane prima del 20 marzo, giorno in cui ha gettato i sacchi contenenti il corpo di Carol in un dirupo a Paline di Borno, in Valcamonica. Una località che l'omicida conosceva perché ci andava spesso durante la sua adolescenza. Nel weekend del 5-6 marzo, quindi, Davide Fontana è andato a trascorrere un weekend a Darfo Boario Terme, rinomata località del Bresciano, e per andarci è passato anche a Borno, giungendo proprio fino a Paline e verificando che lungo la strada c'erano più punti "utili" in cui disfarsi del cadavere. Così ha poi fatto il 20 marzo: ha caricato nei sacchi il corpo di Carol, che il giorno prima aveva cercato di sfigurare in più punti affinché non fosse riconoscibile – la ragazza aveva diversi tatuaggi che si sono poi rivelati determinanti per il suo riconoscimento -, quindi è partito sempre con l'auto della giovane verso Paline. Autostrada A4, statale 42, poi sosta in una piazzola nella località montana per gettare i sacchi in un dirupo e quindi il ritorno a casa a Rescaldina.
Una gita dell'orrore, l'ennesimo terrificante dettaglio di una tragedia immane che ha coinvolto una giovane madre di 26 anni e tutti i suoi affetti. Dopo l'interrogatorio di ieri l'avvocato di Fontana, Stefano Paloschi, ha detto che il suo assistito "è una persona frastornata, che non ha ancora dormito e sta realizzando il futuro che lo aspetta". Quel futuro che Carol non avrà più.