Violenza fra i giovani, il Procuratore dei minori: “Non è colpa dei rapper, siamo noi ad aver fallito”
Simba La Rue, Baby Touche, Baby Gang, Neima Ezza, Free Samy, Kappa 24k: sono solo alcuni dei rapper che negli ultimi anni sono balzati agli onori di cronaca perché finiti in manette, agli arresti domiciliari per presunte rapine o al centro di risse tra gruppi rivali. Guerre senza esclusioni di colpi: pistole, mazze e per finire coltelli.
È Simba La Rue, l'ultimo cantante a essere ricoverato in ospedale proprio per delle coltellate. Il mandante? Presumibilmente Baby Touche per vendicarsi dell'episodio di sette giorni prima quando il rivale lo aveva caricato in auto, picchiato e insultato.
Immagini riprese con lo smartphone e pubblicate poi su Instagram. Sì, perché a giocare un ruolo fondamentale sono anche i social: gli accoltellamenti e i pestaggi vengono rivendicati nelle stories così come le promesse di vendetta.
Episodi che spesso e volentieri vengono classificati come "bravate" o che spingono a credere che faccia parte della "vita da rapper" arrivando anche a demonizzare un genere rispetto a un altro. Un atteggiamento che si ripete ciclicamente ogni volta che un certo tipo di musica diventa rappresentativo di una generazione.
L'attenzione però è sulla possibilità che episodi di violenza tra artisti siano solo un riflesso patinato di quanto già accada tra tantissimi giovani e giovanissimi sicuramente meno famosi. Basti pensare al caso di Simone Stucchi – anche lui poco più che ventenne – morto in una guerra tra bande.
O ancora il caso di Peschiera del Garda dove centinaia di ragazzi si sono dati appuntamento su TikTok trasformando poi il raduno in una maxi rissa in spiaggia. Episodi diversissimi rispetto a quello di Stucchi, ma accumunati da giovanissimi che sfociano poi in violenze: "Molti ragazzi si ritrovano nei testi dei rapper perché evidentemente si trovano a vivere una situazione analoga", spiega a Fanpage.it, il Procuratore della Procura dei Minorenni di Milano, Ciro Cascone.
Procuratore, la preoccupano gli episodi di violenza tra rapper?
È sicuramente un fenomeno a cui prestare attenzione. Soprattutto perché nei mesi scorsi abbiamo avuto un'impennata pazzesca di comportamenti violenti e aggressivi tra minori. Comportamenti che maturano in vari ambienti. È vero spesso abbiamo la sensazione che questi atteggiamenti possano essere favoriti da particolari tendenze artistiche.
Possono incitare comportamenti violenti? Può succedere, ma non è questa la domanda che dobbiamo porci. È inutile che ce la prendiamo con il rapper perché pensiamo che possa offrire un modello negativo, dobbiamo in realtà offrire dei modelli positivi.
Perché i rapper hanno tutto questo seguito?
Questi cantanti sono molto seguiti dagli adolescenti. Nei testi delle canzoni si può rilevare una sorta di rabbia estrema, di senso di frustrazione, ma soprattutto di ribellione e di lotta. Molti adolescenti li seguono perché si ritrovano e si riconoscono in queste situazioni di sofferenza, di emarginazione, di voglia di riscatto anche se con modalità conflittuali, recriminazioni verso il mondo adulto, lo Stato, lotta con le forze dell’ordine.
Alla base c'è un racconto, quello che può essere un disagio e voglia di riscatto. Molti ragazzi si ritrovano in questo perché evidentemente si trovano a vivere una situazione analoga.
Il comportamento dei rapper può influire sugli adolescenti?
Tutto può influire e condizionare questi ragazzi a quest’età. Noi di base abbiamo oggi una fascia adolescenziale e tanti ragazzi che per una serie di regioni culturali, sociali e familiari non hanno pensiero critico: non riescono a pensare prima di agire. Agiscono di istinto. Anche nel caso di questi rapper: loro sono il classico esempio di ragazzi che non mettono un confine tra la vita artistica e quella reale.
È tutto un continuum: quello che vivono cantano e quello che cantano vivono. Ci dobbiamo però preoccupare per gli altri, di chi li segue: per dare loro degli strumenti che li aiutino a orientarsi in maniera critica. I modelli sociali di natura diversa che offriamo però quali sono? È inutile che ce la prendiamo con il rapper che offre un modello negativo, dobbiamo contrastare con dei modelli positivi.
Cosa c'è allora alla base della violenza tra i giovani
Il problema è che abbiamo dei ragazzi che sono allo sbando. Vivono in un abbandono educativo. È vero che il Covid ha contribuito a peggiorare la situazione. Dal punto di vista educativo e di crescita però molti ragazzi sono in difficoltà.
È questo il problema principale: quando si è allo sbando, si diventa facile preda della violenza. Se non hai altre cose da fare che ti tengono impegnato, soprattutto se vivi una situazione di emarginazione e rabbia, dai sfogo a questa rabbia con la violenza.
Diverso è il caso di Peschiera del Garda che ci fa comunque vedere una sorta di possibile deriva. Attraverso i social, centinaia di persone sono partite senza avere delle coordinate di cosa o di chi vi prende parte.
L'unico obiettivo è quello di trovarsi dentro. Ripeto c'è una mancanza di pensiero critico. Anche in questo caso, sono stati chiamate centinaia di persone per uno scopo ludico e ricreativo che poi è sfociato in violenza perché non riescono a controllare né quello che sta succedendo né se stessi.
Un esempio è il caso di Simone Stucchi?
Quella è una vicenda emblematica. Ragazzini tranquillamente coinvolti in giri di droga, traffici illeciti e che con leggerezza regolano dei presunti conti ricorrendo senza esitazioni ad azioni violente di quel tipo. Non è la prima volta, ma colpisce ogni volta. L'importante è non abituarci questo genere di cose dicendo che è il solito episodio: è una vicenda bruttissima.
Ci si deve interrogare su quali azioni mettere in campo per prevenire episodi di quel tipo. Per il caso Stucchi ci sarà un processo penale. Il problema è evitare che altri ripetano le stesse cose: c'è un rischio imitazione. Questi ragazzi che hanno episodi simili davanti, poi crescono imitando e idealizzando questi modelli negativi.