Violentata mentre va al lavoro a Cascina Gobba, stupratore incastrato dal telefonino
Emergono nuovi particolari sulle indagini che hanno portato al fermo di Haitham Mahmoud Abdelshafi Ahmed Masoud, il 31enne egiziano richiedente asilo accusato di avere stuprato una 25enne all'alba del 9 agosto nei pressi della stazione di Cascina Gobba, a Milano: l'uomo è stato individuato grazie alle tracce lasciate dal telefono cellulare, gli agenti hanno poi prelevato il suo Dna quando è tornato in Questura per concludere la domanda di asilo. La ragazza, dipendente dell'ospedale San Raffaele, stava andando al lavoro quando è stata bloccata, spinta in un'area non visibile ai passanti e violentata. Il responsabile indossava una mascherina sul volto, che lo ha parzialmente nascosto alle telecamere di sorveglianza.
Gli investigatori della Squadra Mobile di Milano hanno individuato le schede sim che si sono agganciate alle celle telefoniche di quella zona in quei minuti, ricavando una lista di potenziali sospetti. Sono arrivati così a un numero di telefono, che è risultato essere stato attivato a maggio a Palma di Montechiaro (Agrigento) da un cittadino egiziano di 23 anni. I successivi accertamenti hanno permesso di escludere il giovane dai sospetti e di concentrarsi invece su Masoud, sbarcato tra il 10 e l'11 maggio a Lampedusa, nei giorni in cui sull'isola siciliana arrivarono circa 1.400 migranti. Il 31enne si era allontanato dopo il periodo di quarantena Covid e aveva fatto perdere le sue tracce.
Due mesi dopo, ricostruisce il Corriere della Sera, era ricomparso a Milano, negli uffici della Questura, per presentare richiesta di asilo ed era stato identificato tramite il codice che gli era stato provvisoriamente assegnato a Lampedusa. In quella circostanza era stato fotosegnalato ed è stata proprio quella fotografia a portare all'identificazione, tramite il sistema di riconoscimento facciale "Sari" delle forze dell'ordine. Gli investigatori hanno ricavato anche una seconda fotografia, associata al numero di cellulare, nel profilo WhatsApp: in quella si vede Masoud davanti al Duomo di Milano, è un selfie.
Una volta indirizzati i sospetti sul 31enne, i poliziotti avevano bisogno di ricavare il suo Dna. Sul luogo dello stupro erano state rinvenute tracce biologiche, ma l'analisi non aveva dato alcun riscontro. Così hanno atteso che Masoud si ripresentasse in Questura per ultimare la pratica di richiesta di asilo e, il 24 agosto, hanno prelevato un mozzicone di sigaretta e una lattina da cui hanno ricavato tracce biologiche. Il confronto ha dato esito positivo: i due profili genetici corrispondono. Giovedì scorso è stato emesso l'ordine di cattura, firmato dai magistrati Letizia Mannella. Masoud è stato rintracciato la mattina successiva in un appartamento-dormitorio di via Tartini, dove viveva insieme a 10 connazionali. È stato trovato in possesso dello smartphone e di uno zaino identico a quello che aveva con sé lo stupratore.