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Vieta di festeggiare il Ramadan, ma il Tar le dà torto: la sindaca di Cantù dovrà pagare oltre 500 euro

La sindaca di Cantù (Como) ha vietato i festeggiamenti del Ramadan ai fedeli islamici del paese. Il centro islamico “Assalam” ha deciso di fare ricorso al Tar e ha vinto. Ora, la prima cittadina dovrà pagare oltre 500 euro di spese legali.
A cura di Matilde Peretto
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Foto di alcuni festeggiamenti del Ramadan
Foto di alcuni festeggiamenti del Ramadan

Vieta i festeggiamenti del Ramadan ai fedeli islamici di Cantù, paese in provincia di Como. La sindaca Alice Galbiati, ora, dovrà pagare 500 euro di spese legali dopo che i musulmani del centro islamico "Assalam" hanno vinto il ricorso al Tar di Milano sul divieto imposto dalla prima cittadina di far festeggiare pubblicamente la loro celebrazione più importante. Alle spese legali si aggiungono quelle generali e gli oneri fiscali e previdenziali degli avvocati dell'associazione, facendo raddoppiare la cifra.

Il caso di Cantù: no ai festeggiamenti del Ramadan

Volevano festeggiare il Ramadan in un capannone di loro proprietà in via Milano a Cantù, nel Comasco. Hanno chiesto al Comune l'autorizzazione, ma l'amministrazione l'ha negata. Così i fedeli islamici, attraverso il centro islamico "Assalam", hanno deciso di fare ricorso al Tar di Milano supportati da due avvocati e hanno vinto. La sindaca di Cantù, Alice Galbiati, dovrà pagare oltre 500 euro di spese legali per aver impedito ai fedeli di festeggiare la fine della loro ricorrenza religiosa più importante.

La prima cittadina, esponente della Lega, non si è ancora espressa, ma ha ricevuto parole di sostegno da parte dell'europarlamentare Angelo Ciocca, membro del Carroccio: "La decisione della sindaca Galbiati di non autorizzare questa manifestazione era dettata dalla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza. Ritengo questo verdetto ingiusto e preoccupante, in quanto mina l'autonomia decisionale degli amministratori locali, che dovrebbero poter agire nell'esclusivo interesse della propria comunità. La sindaca Galbiati ha semplicemente svolto il suo dovere di tutelare la sicurezza pubblica, in quanto il luogo prescelto dall’associazione musulmana non era nemmeno idoneo a essere un luogo di culto e per questo non dovrebbe essere punita".

La decisione del Tar di Milano: "Il divieto è illegale"

Il Comune di Cantù spiega la decisione della sindaca sostenendo che lo stabile prescelto dai fedeli non è un luogo di culto. Non la pensa allo stesso modo il presidente della Quinta Sezione del Tar Daniele Dongiovanni che ha emesso il verdetto ai danni della prima cittadina: secondo lui il provvedimento di divieto è illegale in quanto non garantisce la libertà di culto, a prescindere dal luogo in cui svolgerà la celebrazione.

Nel pronunciamento di legge: "Nella comparazione degli opposti interessi, appare prevalente quello al libero esercizio dell’attività di culto rispetto a quello legato all’accertamento della compatibilità urbanistica del temporaneo mutamento di destinazione d’uso dell’immobile". Infatti, l'amministrazione comunale sembra aver imposto il divieto preventivamente, senza aver controllato le condizioni dello stabile, imponendo, a quel punto, eventuali restrizioni atte a garantire la sicurezza. Per questo il Tar ha deciso di condannare la sindaca Galbiati.

Il precedente di Turbigo, i fedeli di "Essa" avevano potuto festeggiare

Non è il primo caso in cui un Comune lombardo vieta di festeggiare il Ramadan ai fedeli islamici. Era già successo a Turbigo quando il sindaco, per ragioni di sicurezza, spazio e igiene, aveva negato l'affidamento di un luogo idoneo ai musulmani dell'associazione "Moschea Essa". Questi, come quelli di Cantù, non avevano mollato e dopo ben due ricorsi al Tar erano riusciti ad ottenere il campo da calcio del paese.

Una battaglia legale durata mesi in cui l'associazione "Essa" aveva fatto, supportata da due avvocati, un primo appello al Tar. Il Comune di Turbigo avrebbe dovuto affidare un posto adatto ai festeggiamenti ai fedeli. Non trovandolo (o non volendolo trovare), aveva risposto negativamente a questa richiesta, cosa che portò a un secondo ricorso e all'intervento della Prefettura di Milano che ha obbligato il sindaco ad affidare uno spazio. Alla fine, i fedeli hanno potuto festeggiare nel campo da calcio di Turbigo, a casa loro, come avevano chiesto e come volevano.

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