Verso la sentenza per Massimo Gentile, accusato di essere il prestanome di Matteo Messina Denaro
Venerdì 17 gennaio si terrà la sentenza per Massimo Gentile, l'ex capo ufficio tecnico del Comune di Limbiate (Monza e Brianza) accusato di essere stato uno dei prestanomi di Matteo Messina Denaro. L'imputato si trova in carcere a Voghera (Pavia) per il reato di 416bis, ovvero associazione di stampo mafiosa.
Stando alla indagini della Procura di Palermo, Messina Denaro, l'ex boss di Castelvetrano arrestato il 16 gennaio del 2023 e morto il 25 settembre successivo, avrebbe comprato nel 2014 una Fiat 500 e una moto Bmw nel 2007 utilizzando la carta d'identità con i dati e la firma dell'ex funzionario di Limbiate ma con la foto di Messina Denaro. La Procura ha chiesto 12 anni di reclusione, mentre Gentile fin da subito si è sempre dichiarato innocente precisando che è stato vittima di un furto di identità e che lui non è mai stato al corrente di quello che stava accadendo.
Ieri 13 gennaio si è tenuta l'arringa in aula del suo avvocato Antonio Ingroia nella quale chiedeva l'assoluzione perché il fatto non sussiste "nel senso che non vi è alcuna prova che Massimo Gentile abbia ceduto volontariamente la propria identità a Matteo Messina Denaro".
Ecco parte del discorso in aula del legale difensore: "Al contrario, abbiamo provato la sua innocenza, avendo dimostrato soprattutto con le perizie grafiche che Gentile è stato vittima di un furto di identità da parte del circuito di protezione della latitanza di Matteo Messina Denaro. Altrimenti, come si spiegherebbe che Messina Denaro e i suoi favoreggiatori hanno sempre avuto necessità di falsificare la firma di Gentile, non solo sui documenti di identità falsificati, ma perfino per passaggio di proprietà, contratti e rinnovi assicurazione dei veicoli, e perfino per la rottamazione della moto intestata a Gentile ma usata dal boss? Queste prove sono del tutto incompatibili con l’accusa perché Gentile se fosse stato favoreggiatore non avrebbe dovuto avere alcun problema a mettere la sua firma per mettere a tutto a posto. La verità è che Gentile è innocente ma la Procura di Palermo non vuole rassegnarsi all’evidenza".
Ingroia in aula ha definito "imbarazzanti e preoccupanti" le considerazioni finali nella requisitoria del pubblico ministero. Precisando: "Imbarazzanti per la luminosa storia passata della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo sempre improntata al rigore della prova: che fine hanno fatto i moniti e gli insegnamenti di Giovanni Falcone sulla cultura della prova che hanno consentito davvero di condannare negli anni passati i veri complici della mafia ? Il paradosso è che l’architetto Gentile, ancora oggi in carcere, è doppiamente vittima. Vittima della mafia prima, vittima dell’antimafia dopo. E solo una sentenza di assoluzione può risarcirlo delle ingiustizie finora subite. Così ho concluso la mia arringa".
Bisognerà attendere venerdì per la sentenza e la decisione del giudice.