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Vaiolo delle scimmie in Italia ed Europa

Vaiolo delle scimmie, Puoti: “Chi si è vaccinato prima degli anni Ottanta è coperto all’85%”

L’infettivologo e direttore del reparto Malattie infettive dell’ospedale Niguarda di Milano, a Fanpage.it spiega qual è la situazione italiana con il vaiolo delle scimmie. “Dobbiamo evitare il panico. Non è così grave e ci sono già vaccini e farmaci specifici”.
Intervista a Prof. Massimo Puoti
Infettivologo, direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano
A cura di Enrico Spaccini
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Il direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano, Massimo Puoti
Il direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano, Massimo Puoti
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Solo in Lombardia, i casi di persone risultate positive al "monkeypox", meglio conosciuto come vaiolo delle scimmie, sono saliti a cinque. Il direttore del reparto Malattie infettive dell'ospedale Niguarda di Milano, il dottor Massimo Puoti, ha spiegato a Fanpage.it quello che al momento la comunità scientifica italiana conosce di questo virus. I dati a disposizione sono ancora pochi, sia per quanto riguarda la capacità di trasmissione sia la sua origine. Tuttavia, una cosa appare già certa al dottor Puoti: "Non è così pericoloso, evitiamo di scatenare il panico. Ci sono già farmaci e un vaccino specifici".

Dottore, chiariamo una cosa fondamentale: come si trasmette il monkeypox?

Si sta delineando come una malattia trasmissibile sopratutto per contatto. Quindi i rapporti sessuali accelerano il contagio. E spesso c'è il rischio concreto che questo tipo di vaiolo si presenti con altre patologie, come l'herpes genitale. Non solo: si trasmette anche per droplet, quelle goccioline che ormai conosciamo bene per via del Covid-19.

Cosa possiamo fare per evitare il contagio?

L'accortezza fondamentale è quella di tenersi a distanza di una persona che risulta positiva. È importante anche usare la mascherina, sia che si trovi ricoverato in ospedale sia che in isolamento domiciliare. La contagiosità non appare così elevata, ma è ancora tutto da dimostrare.

E quando un positivo è contagioso?

Da i primi dati, che ricordiamo essere ancora pochi, sembra che una persona risulti contagiosa dal momento in cui accusa la febbre. Alla comparsa dei primi sintomi. Prima non dovrebbe esserlo.

Fino agli anni '80 il vaccino contro il vaiolo era obbligatorio. Funziona ancora?

Diciamo subito che quello è un vaccino che copre all'85 per cento. Non è assolutamente una copertura totale, è anche inferiore a quelli che abbiamo fatto per il Covid. Sì, gli over 50 hanno una protezione in più, ma non possiamo considerarla come un liberi tutti. Inoltre, non sappiamo ancora se ci sono state modifiche nella sequenza della malattia e se queste rendono il vaccino meno efficace.

Quali armi abbiamo per combattere questo tipo di vaiolo?

Negli Usa è già in circolazione da tempo un vaccino specifico, Imvanex. Nel caso dovesse servire, verrà attivato anche da noi. Sarebbe comunque destinato agli individui più fragili, quelli che potrebbero avere delle conseguenze un po' più gravi dalla malattia. Non dimentichiamoci che esistono già dei farmaci, come il Tecovirimat e il Tembexa.

Possiamo stare tranquilli?

Il monkeypox non sembra essere pericoloso. Nella maggior parte dei casi ha conseguenze lievi, quasi sempre non è necessario il ricovero. Certo, se colpisce un individuo fragile, magari con un quadro clinico complicato in partenza, bisogna stare attenti.

Ma allora perché se ne parla tanto?

Sta attirando particolarmente attenzione perché stanno emergendo dati discordanti, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo epidemico. Le impronte genetiche sono ancora in corso di esamina, bisogna attendere i risultati conclusivi per comprendere meglio questo vaiolo. Ricordiamo, però, che epidemie di questo tipo di virus ci sono già state in passato. Nessuna ha avuto conseguenze drammatiche.

Dai primi dati sembra colpire soprattutto i giovani.

Bè se, come sembra, il veicolo di trasmissione principale è quello del rapporto sessuale, la fascia giovane della popolazione è più a rischio. Occorre un senso di responsabilità che induca chi sospetta di essere entrato in contatto con il virus a farsi visitare. In più i giovani non hanno vissuto l'epoca del vaccino del vaiolo obbligatorio.

Si parla della possibilità di migliaia di contagi.

Dobbiamo dire che, almeno in Lombardia, ci siamo mossi rapidamente. È attivo un network per le malattie sessualmente trasmissibili, i pronto soccorso hanno un protocollo fa seguire, si è già iniziati a fare campagne di informazione. I casi potranno essere tanti, ma dobbiamo evitare il panico.

Quale tipo di panico?

Quello che ha portato infettivologi e virologi a parlare in tutti i mezzi di comunicazione per 24 ore al giorno. La gente è stufa, è stanca della paura e dell'isolamento. Non è un'infezione particolarmente grave. Se c'è un sospetto, si fa diagnosi e controllo. Ma dobbiamo evitare il panico.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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