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Elezioni regionali Lombardia 2023

Usuelli candidato in Lombardia: “Faccio campagna su Grindr perché Fontana è ostile alla comunità Lgbt”

“Per cinque anni ho presentato atti su temi sensibili e cari per la comunità lgbt. Tutti questi atti sono stati bocciati. C’è stato un governo regionale che è stato apertamente ostile alla comunità Lgbt”: a dirlo a Fanpage.it è Michele Usuelli, candidato alle Regionali in Lombardia con la lista “Majorino Presidente – Patto Civico”.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Più che elezioni politiche, le chiamerei elezioni sanitarie perché i cittadini non sanno che Regione Lombardia spende 25 miliardi di soldi pubblici e che oltre 20 miliardi sono per le spese sanitarie": a dirlo a Fanpage.it è Michele Usuelli, 48 anni, medico di terapia intensiva neonatale e consigliere regionale.

Una vita trascorsa negli ospedali pubblici lombardi e per sette anni in Paesi poveri e in guerra. Impossibile per il consigliere, candidato alle Regionali in Lombardia con la lista "Majorino Presidente – Patto Civico", non concentrare la propria campagna elettorale sulle condizioni in cui versa la sanità lombarda.

Un tema sul quale si è battuto negli ultimi cinque anni opponendosi e criticando aspramente la gestione della pandemia da Covid-19 da parte della Giunta guidata da Attilio Fontana, governatore uscente e candidato del centro-destra.

A queste battaglie, si aggiungono quelle per l'approvazione di atti su temi cari alla comunità Lgbt. Tra questi, ricordiamo la proposta di legge contro l'omotransfobia. Atti che sono stati osteggiati e bocciati da Regione Lombardia che, secondo Usuelli, si è dimostrata sempre ostile nei confronti della comunità Lgbt.

Il candidato, in queste ultime ore, ha scelto di fare campagna elettorale anche su Grindr. Un modo, come ha spiegato a Fanpage.it, servirà non solo per discutere con gli utenti di proposte care alla comunità, ma anche di sanità lombarda che – come scritto precedentemente – è tra i cavalli di battaglia del consigliere. A questi, si aggiunge anche la possibilità di poter coinvolgere i più giovani nella politica.

Perché ha scelto di fare campagna elettorale sull'App Grindr? 

Per cinque anni ho presentato atti su temi sensibili e cari per la comunità lgbt. Tutti questi atti sono stati bocciati. C'è stato un governo regionale che è stato apertamente ostile alla comunità Lgbt. Per esempio non hanno mai dato patrocinio al pride e hanno trattato in maniera ignobile una proposta di legge che io e il consigliere del Movimento 5 Stelle, Simone Verni, avevamo presentato contro l'omotransfobia.

Hanno bocciato un atto che avevo presentato affinché la PrEP (profilassi pre-esposizione che consiste nel prendere farmaci anti-HIV) fosse pubblica. In tante Regioni è una pratica che passa dal servizio sanitario nazionale. Ho chiesto anche di potenziare i check point che ci sono in città e che sono servizi che permettono, tra le altre cose, uno screening delle malattie sessualmente trasmissibili.

Ho presentato atti sull'educazione alla sessualità e alla contraccezione o ancora sulla fornitura gratuita per i contraccettivi per i giovani, ma anche queste sono state bocciate. Non tutta la comunità Lgbt è presente su grindr, questo è chiaro. Ho deciso però di avviare un dialogo con gli utenti dell'App per parlare con loro sia di temi che sono rilevanti e sensibili per la comunità lgbt che di temi che riguardano la sanità lombarda.

In questo senso, lo scopo è stato raggiunto: ho notato che in queste ultime ore c'è stata molta attenzione su questa scelta rispetto al lavoro svolto per anni su questi temi e sulla salute. Inoltre è anche un modo per coinvolgere i giovani su temi politici: nessuno sa cosa fa Regione ed è molto difficile far sì che loro si interessino alle elezioni regionali. Il mio è stato un tentativo anche in questo senso.

La gestione della pandemia ha mostrato i limiti della sanità lombarda e in particolare modo della medicina del territorio, come pensate di risolvere il problema della carenza di medici di base? 

C’è un insieme di provvedimenti. Esistono figure che sia nei reparti che nella medicina del territorio se assunte, aiutano il medico a dedicarsi alla visita del paziente. Mi riferisco al personale amministrativo. Chi ha questo tipo di assistenza, riesce a svolgere il proprio lavoro tranquillamente e visitare molte più persone.

Un altro problema riguarda gli strumenti informatici. Migliorare l’adeguatezza informatica aiuta il medico a star più sereno e lavorare meglio. I pediatri e i medici di medicina generale dedicano molte ore a sbrigare procedure informatiche o fare i conti con i sistemi che non funzionano.

Dobbiamo mettere i medici nelle condizioni di lavorare meglio. Dobbiamo incentivare davvero l’accorpamento. Quando si ha una carenza di risorse umane, i meccanismi che incentivano l’accorpamento sono molto utili: più medici che lavorano insieme possono gestire più pazienti in maniera ottimale.

Un emendamento, che avevo presentato ed è stato bocciato da questo governo regionale, prevedeva che il medico di medicina generale, insieme ai propri pazienti e al proprio staff, avrebbe potuto scegliere di trasferire il suo studio in una casa di comunità. Chi lo avrebbe fatto, non avrebbe pagato l’affitto.

Al momento infatti un medico di medicina generale, essendo un libero professionista, deve pagare il canone di locazione. Bisogna creare anche un clima di rispetto nei confronti di questi professionisti che sono stati trattati sia da Attilio Fontana che da Letizia Moratti come delle pezze da pieghe.

Basta vedere i flussi interregionali: moltissimi professionisti sanitari (sia ospedalieri che medici di medicina generale) si stanno trasferendo dalla Lombardia in altre Regioni perché ci sono delle condizioni migliori e più rispettose. Non è solo una questione economica, per cui ci sono delle Regioni limitrofe alla Lombardia in cui sta aumentando il numero di professionisti sanitari in organico alla Regione.

C’è poi un’altra questione: l’infermiere dovrebbe fare davvero l’infermiere e svolgere tranquillamente il suo lavoro. In questo si potrebbe avere un’ottimizzazione del tempo. C’è bisogno di un coraggio riformista anche nei reparti degli ospedali dove si accorpano i reparti.

Due reparti da cinque letti producono meno qualità di cura e consumano più personale rispetto a un reparto da dieci letto. In un reparto da cinque letto quasi sempre c’è il medico junior neo-specializzato che deve fare i turni di notte da solo. Queste dinamiche sarebbero un grosso aiuto a una risoluzione parziale.

Liste d’attesa infinite che costringono spesso a rivolgersi ai privati e che potrebbero comunque contribuire a un peggioramento delle condizioni di salute, basterà solo “riformare” il sistema di prenotazione? potrebbe anche essere necessaria una equa distribuzione dei pazienti al momento della prenotazione? 

Le mie sono soluzioni sono frutto di un lavoro di cinque anni. Questo caos nelle prenotazioni è voluto da Regione perché così la gente per disperazione va nel privato. Avere un software unico per le prenotazioni con il personale che lavora al Cup che hanno davvero in mano tutte le agende sarebbe un grossissimo miglioramento per i pazienti.

La riforma Usuelli prevede che il personale amministrativo faccia in modo che quando un paziente esce da una visita non ha più una ricetta dematerializzata, ma una prenotazione con un orario e un luogo.

Si sente la carenza di pediatri di base? Ci sono abbastanza ospedali per bambini?

Sono fin troppi. In Lombardia abbiamo più reparti che campanili. Nel Varesotto ci sono tre pronto soccorso in 9 chilometri quadrati tutti e tre sotto-organico. Se se ne facesse uno solo, più grande, accorpando i tre si darebbe un servizio migliore.

E così vale anche per i reparti. Bisogna avere l’autorevolezza e credibilità morale di andare dai cittadini chiudere alcuni reparti in sotto-organico, ma con l’obiettivo di aprirne di più grandi a pochissimi chilometri di distanza, accorpando quelli nelle vicinanze, fornendoli con un adeguato staff e tecnologie tali da dare ai cittadini servizi ottimali.

Il risparmio sarebbe tale da poter fornire gratuitamente servizi compensativi, come per esempio il taxi per riportare il paziente a casa. In una situazione di strategia complessiva, l’accorpamento dei reparti serve molto quando c’è una carenza di risorse umane.

Sulla salute mentale, sembrerebbe esserci ancora una scarsa attenzione, cosa ne pensa del progetto relativo allo psicologo di base? 

Partirei dalla situazione in cui versano i reparti di psichiatria. Questi non possono essere più reparti per pazienti cronici che rimangono ricoverati un mese. I reparti di psichiatria devono essere dei reparti che stabilizzano l’improvviso peggioramento dei pazienti e nel giro di un numero di giorni li rimandano sul territorio.

Sul territorio devono però cambiare anche i centri che si occupano dei pazienti psichiatrici. In quei luoghi al momento il paziente viene visto una volta al mese, lo sottopongono ad alcune domande, al massimo gli aggiustano la terapia e lo rimandano a casa.

Questo però non serve a nulla. Servono delle equipe multidisciplinari che accanto al trattamento farmacologico, abbiano il tempo di fare programmi a gruppi per migliorare la situazione. Lì dentro, nei centri pubblici, serve un’assunzione di un maggior numero di professionisti, anche di psicologi. E purtroppo la riforma dello psicologo di base non intercettava questo problema.

Il ruolo dell’assunzione di psicologi e professioni correlate, all’interno del sistema sanitario regionale, è importante, ma lo è ancora di più in questi centri di cura psichiatrica territoriali. Lo psicologo dentro la casa comunità può servire, perché gestisce i casi lievi e intercetta e trasferisce nei centri di più alto livello i casi più complicati, ma al momento non è la priorità.

Credo che sono i centri di cura psichiatrica territoriali che necessitano di iniezione di staff perché sono allo stremo delle forze e delle difficoltà.

Dagli anziani alla disabilità, per i più fragili si sono evidenziati spesso limiti legati soprattutto alla carenza di personale adeguatamente formato. Qual è la vostra proposta in merito? 

La mia proposta è la regionalizzazione del progetto Dama. Questo, che esiste solo all’ospedale San Paolo di Milano, è stata una rivoluzione copernicana. Questo prevede che il paziente con disabilità grave è seguito all’ospedale San Paolo dove ci sono nei vari reparti un esperto con una competenza specifica per ogni bisogno, necessità e cura del paziente.

Hanno scelto, nei vari reparti, alcuni professionisti su cui puntare che hanno sviluppato una competenza sulla disabilità, per cui nel momento in cui una persona arriva in condizioni gravissime in pronto soccorso troverà un professionista con una competenza specifica.

Chi deve fare una visita ordinaria troverà tutti i professionisti che conoscono la sua condizione e che in una mattinata visiteranno il paziente. È tutto basato sui bisogni del paziente che non dovrà fare sette visite, in sette reparti diversi, in sette ospedali diversi. Creare degli hub Dama, anche fosse uno per provincia, sarebbe dal punto di vista del miglioramento della qualità di cura di questa categoria di paziente, che sono i più sfortunati, un enorme passo avanti.

Lo stesso vale per le malattie rare. Nelle situazioni gravi e rare bisogna accorpare per migliorare la condizione e qualità dei servizi.

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