Un uomo si suicida in carcere per una rapina da 55 euro: disposta l’autopsia
"Non sappiamo come si sia tolto la vita. Chi ci fosse, o il momento in cui sia accaduto. Non sappiamo nemmeno quale sia il luogo esatto del decesso. Non sappiamo nulla". A parlare è l'avvocato di S.R., il 55enne che lo scorso 29 gennaio si è tolto la vita nel carcere di Vigevano dove si trovava per una rapina di soli 55 euro. Le prime risposte a queste domande sono attese per oggi, lunedì 3 febbraio, giornata in cui è stata disposta l'autopsia sul corpo dell'uomo: "ci permetterà di comprendere quanto sia effettivamente accaduto".
Come si legge sul documento della Procura di Pavia che Fanpage.it ha potuto visionare, il pubblico ministero avrebbe infatti disposto per oggi l'autopsia di S.R. per accertarne "le cause, i mezzi e l'epoca del decesso". Secondo quanto indicato sul documento, il conferimento dell'incarico sarebbe fissato alle ore 8:45 di oggi presso il Dipartimento di Medicina legale dell'Università di Pavia e precisa che le operazioni dovrebbero avere inizio nelle ore seguenti presso l'Ospedale Humanitas di Rozzano.
Come appreso da Fanpage.it, oltre ad accertare "quale sia stata l'epoca e la causa della morte di S.R.", l'autopsia cercherà anche di portare alla luce "se siano individuabili comportamenti colposi in capo al personale (sanitario e non) della Casa di reclusione di Vigevano, con particolare riferimento ad eventuali ritardi od omissioni nell'intervento e se sussista nesso di causalità tra i comportamenti colposi eventualmente individuati e il decesso del 53enne: in caso affermativo, se essi siano stati la causa unica della morte ovvero se abbiano agito in concorso con altre cause".
Questo perché, come aveva raccontato già in passato a Fanpage.it l'avvocato dell'uomo, "S.R. era un uomo fragile. Un uomo che in passato aveva avuto problemi di alcolismo e di ludopatia. Dopo essere finito in carcere per rapina a mano armata (di soli 55 euro), avevo mandato un'istanza al magistrato di sorveglianza per chiedere l'affidamento in prova al servizio sociale con richiesta di applicazione provvisoria, richiesta motivata dal marcato stato depressivo dell'uomo".
La risposta del magistrato è stata un rigetto all'istanza. La motivazione insisteva sulla gravità del reato e sulla conseguente "capacità offensiva del condannato". "Non appena S.R. ha ricevuto il rigetto da parte del magistrato di sorveglianza è entrato in una crisi terrificante. Dopo questi due avvenimenti ha fatto quello che ha fatto. Qualcuno dovrà rispondere di questo – aveva concluso l'Avvocato -. Adesso è compito del pubblico ministero accertate tutte le responsabilità del caso".