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Un benefattore ricompra la bici a Francis, vittima dell’aggressione razzista di due trapper

Un nostro lettore della Sardegna si è preso a cuore la storia di Yaogeh Francis Aliu, il nigeriano vittima di un aggressione razzista. I malviventi gli hanno rotto la bicicletta: il donatore sardo gli ha ricomprato la bicicletta e grazie a un commerciante di Meda e a Fanpage.it è stata già consegnata alla vittima.
A cura di Giorgia Venturini
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Francis con la sua nuova bici
Francis con la sua nuova bici

Non conosce distanza la solidarietà. Ha avuto una nuova bici l'uomo di 41 anni, di origini nigeriane, vittima di un'aggressione razzista mentre si trovava nella stazione ferroviaria di Carnate, in provincia di Monza e Brianza. A regalargliela è un uomo di Cagliari che ha contatto Fanpage.it non appena ha letto la notizia: "Vorrei fare una donazione e ricomprargli la bici". Non ha voluto che il suo nome comparisse, ha voluto che restasse tutto in anonimato.

"Vogliamo ammazzarti perché sei nero", hanno urlato i due trapper alla vittima, il nigeriano Francis, picchiandola, derubandola e minacciandola. Autori dell'aggressione sono i due noti trapper Jordan Jeffrey Baby (Jordan Tinti) e Traffik. Entrambi, che hanno già avuto problemi con la giustizia, sono stati arrestati dai carabinieri della Compagnia di Vimercate e trovati in possesso di coltelli a serramanico.

L'aggressione è durata pochi minuti: uno dei due trapper filmava con il cellulare per poi postare tutto sui social. Le immagini mostrano Traffik gettare la bicicletta di Francis a terra con violenza e lo zaino sui binari del treno. Con il coltello poi hanno tagliato in copertoni della bici. I due malviventi poi erano saliti sul treno e avevano fatto perdere la loro tracce. Fino a quando individuati – grazie anche alle storie pubblicate sui social – per loro sono scattate le manette.

La consegna della bicicletta nuova a Francis

Una volta uscita la notizia in un articolo di Fanpage.it, un nostro lettore di Cagliari ci ha contatto esprimendo la sua volontà di ricomprare la bicicletta alla vittima. Ad aiutare la redazione e il nostro lettore a consegnare la bicicletta alla vittima in pochissimi giorni è stato Fabio Colnaghi, titolare della Colnaghi Bike di Meda, in Brianza, che è rientrato apposta dalle ferie per la consegna.

Oggi venerdì 19 agosto il lieto fine: Colnaghi ha consegnato la bicicletta alla vittima davanti alla stazione dei carabinieri di Bernareggio. Sono stati proprio i militari della stazione ad attivare le indagini e a permettere gli arresti. La consegna è avvenuta nel nome del donatore, di cui rispettiamo l'anonimato. Felice Francis che ha immediatamente ringraziato. "Si tratta di una bella iniziativa – spiega Colnaghi a Fanpage.it – Un gesto simile è una delle cose più belle che ci siano, fatta da una persona che non conosco è una delle cose più belle. Qualcosa che dovrebbero fare tutti".

La lettera del donatore

La persona che ha pagato a Francis una bicicletta nuova ha voluto mandare alla vittima un messaggio che noi riportiamo integralmente: "Buongiorno Sig. Francois. Vivo a Cagliari, in Sardegna, isola nella quale sono nato. Ho appreso, l’altro giorno, della triste vicenda di cui Lei è stato vittima mentre tornava da una giornata di lavoro e che ha comportato la messa in pericolo della sua vita e il furto e danneggiamento di quanto in suo possesso in quel momento, compresa la sua bicicletta, da lei usata per andare a lavorare.

Mi spiace molto per quanto accaduto e Le auguro che possa riprendersi presto. Le scrivo queste poche righe per esprimerLe la mia vicinanza ma anche per dirLe che io sono figlio di una terra antica. Una terra, la Sardegna, conosciuta nel mondo, per molte cose. Fra tutte, l’attività della pastorizia, che custodiamo e manteniamo in essere da millenni. Io non faccio il pastore per lavoro. Ma, per noi, essere pastore, è molto di più che è un’attività lavorativa. È un modo d’essere. Un modo d’essere per il quale la comunità viene prima dell’ “io”, dell’individuo.

Perché, per diventare, nel mondo, donne e uomini nel senso più alto del termine, qualcuno si è dovuto prendere cura di noi, in passato, della nostra educazione, quando eravamo bambini, perché potessimo divenire, per l’appunto, un giorno, ciò che siamo.

Sancisce, l’essere comunità, che nessuno può “farsi da solo”, nessuno può esprimere pienamente il proprio valore, senza gli altri. Sancisce, l’essere comunità, come sia importante l’equità nel dare a tutti le stesse possibilità, la stessa linea di partenza, per potersi realizzare pienamente come persona. Per questo la parola comunità è così importante per noi, per me. È questa condizione a permettere poi, di poter restituire a tutti un po’ del valore quanto ricevuto dagli altri, nella propria vita. Così che nessuno si senta escluso, si senta solo. Nessuno sia pensato ultimo. La vita nella campagna, la vita dei pastori, non è una vita semplice.

Come per tutti, si possono attraversare delle grandi difficoltà. Possono capitare delle avversità, Talvolta anche molto gravi. Come, ad esempio, perdere l’intero gregge, magari unica fonte di sostentamento per una famiglia.
E quando qualcuno è colpito da una disgrazia di questa gravità, allora, in Sardegna, disponiamo “Sa paradura”.
Un’antica usanza del mondo pastorale, vuole che ognuno contribuisca, come può, a ricostituire il gregge di chi, il gregge, lo ha perduto.

Ogni pastore dona un capo di bestiame così che, chi è in disgrazia momentanea, non sia solo e possa, col proprio lavoro, ricominciare a vivere.

Sa paradura è mettersi a disposizione del prossimo. È un gesto antico di solidarietà. Sancisce che nessuno può essere libero e felice se qualcuno è caduto in disgrazia, è in difficoltà. Sa paradura, oggi, è il nome di questa bicicletta nuova che riceverà. Per ricominciare. Per ripartire. Se si stesse domandando il perché del mio anonimato, sappia che Il mio nome non ha importanza. Sono solamente un uomo che ha avuto il privilegio di ricevere, dalle donne e dagli uomini che sono venuti prima del sottoscritto, questo grande insegnamento. Sa paradura non genera debito con nessuno.

Se un giorno, proprio ci tenesse a far parte di questa comunità, ricordi questo gesto antico che abbiamo in uso quali donne e uomini di Sardegna. E lo usi a sua volta per chi, quel giorno, potrà avere bisogno del suo, di aiuto. Lo faccia in anonimato, senza volerne nulla in cambio. Invitando chi riceverà quel gesto a fare, un giorno, altrettanto. Per il piacere di fare qualcosa per gli altri. Per chi non conosce.

Per “l’altro”. Per “l’altro”, che siamo noi allo specchio. E quando si domanderà il perché di quel gesto, di uno sconosciuto, in un giorno lontano, ricordi queste parole: “Ciò che abbiamo fatto per noi stessi muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per gli altri, dura per sempre”. Buona Fortuna, Sig. Francois!

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