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Ucraini in case che non vogliono, afghani da un anno in hotel: dove si inceppa l’accoglienza

Quaranta profughe ucraine da qualche mese hanno trovato sistemazione con i figli in un centro di accoglienza a Edolo. Ma la Prefettura ha deciso, contro il loro volere, per il trasferimento di alcune in appartamenti dedicati. Nella stessa struttura ci sono alcuni profughi afghani, senza prospettiva di ritorno nel paese d’origine, che aspettano invano una casa da un anno.
A cura di Chiara Daffini
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Quando sono arrivate pensavano già a tornare a casa. E ci pensano anche adesso che una casa potrebbero averla, solo che non in Ucraina. Una quarantina di donne e bambini scappati dalla guerra scoppiata lo scorso 24 febbraio alloggiano da alcuni mesi in un convitto a Edolo, paese montano in provincia di Brescia. Al piano sopra di loro vivono invece due famiglie afghane, che dopo un anno dalla fuga da Kabul non hanno ancora ottenuto un alloggio privato. Negli ultimi giorni il clima all’interno della struttura, gestita dalla cooperativa Rosa Camuna, è carico di tensione.

Bambini afghani e ucraini nel convitto di Edolo
Bambini afghani e ucraini nel convitto di Edolo

Una piccola comunità in attesa

“Qua dentro – spiega a Fanpage.it Rino Bianchi, coresponsabile del convitto insieme al fratello Tiziano  – si è creata una piccola comunità ucraina. Sono donne e bambini che vivono nell’attesa di poter tornare nel loro Paese, non pensano a una vita in Italia ed essere a stretto contatto fra connazionali dà loro sollievo”. Solo che le cose sono destinate a cambiare: “È appena arrivata una circolare della Prefettura di Brescia – continua Bianchi – che impone il trasferimento di sedici persone ucraine in appartamenti sparsi per la provincia. C’è stata una forte rimostranza da parte di queste signore, ma la risposta è stata che se non si sposteranno verranno revocati i fondi dell’accoglienza, quindi in pratica queste donne e i loro bambini rimarranno senza vitto e alloggio”. La principale motivazione che spinge le profughe ucraine a non voler lasciare la struttura di accoglienza è che nel convitto sono riuscite a intessere legami per loro fondamentali per sopportare questo tragico momento, mentre negli appartamenti dislocati in diverse zone della provincia sarebbero di nuovo sole con le loro paure. Alcune, inoltre, hanno trovato lavoro in località poco distanti dal convitto e un trasferimento significherebbe perdere il posto, visto che sono tutte sprovviste di mezzi propri e con bambini piccoli a carico.

La circolare della Prefettura di Brescia
La circolare della Prefettura di Brescia

“Ci avevano assicurato che saremmo rimasti qui”

“Quando sono arrivata con i miei due bambini di 4 e 12 anni – racconta Mhriana Kushnir a Fanpage.it – nessuno voleva venire in questo paesino di montagna, noi abbiamo accettato con la promessa che poi non ci avrebbero più spostati. Invece adesso dobbiamo andare via, i bambini piangono da giorni perché si erano finalmente ambientati e io non so nemmeno come organizzare il trasferimento: non ho una macchina e non ci mettono a disposizione autobus o taxi”.

Edolo è un paese montano in provincia di Brescia
Edolo è un paese montano in provincia di Brescia

“Avevo trovato un lavoro qui vicino”

“Anche se sapevo che non sarei rimasta a lungo in Italia – dice Alona Pidhoroteska -, mi sono subito attivata per trovare un impiego che mi permettesse di non dipendere totalmente dagli altri. Sono stata assunta in un albergo qua vicino, a Ponte di Legno, ma ora che vogliono trasferirmi sarà impossibile arrivare al termine del contratto stagionale, visto che non ho l’auto”.

Due profughe ucraine alloggiate a Edolo
Due profughe ucraine alloggiate a Edolo

“Siamo arrivati qui in quattro e ci hanno sempre considerati come nucleo familiare – precisa Ludmyla Balushok -, ora invece pretendono che due vadano via e gli altri restino qui. A me va bene qualsiasi sistemazione, l’importante è che non ci separino, soprattutto per i bambini”.

Il paradosso dell’accoglienza incrociata

Eppure, nel convitto edolese, qualcuno desideroso di andare a vivere in un appartamento privato c’è. Sono le due famiglie afghane, in tutto 17 persone, che da un anno vivono al terzo piano della struttura. “Siamo arrivati qui esattamente un anno fa – ricorda Khalil Rahjoo, che a Kabul era interprete per l’esercito italiano -, i miei figli ora vanno a scuola e so che qui li aspetta un bel futuro, ma è difficile cominciare una nuova vita senza una casa, senza privacy e senza lavoro. Qua è tutto bello, dal cibo ai vestiti, ma non sono fatto per mangiare e riposare soltanto. L’altra famiglia qui con noi fa ancora più fatica, la mamma e i figli sono depressi”. Al contrario delle profughe ucraine, Khalil e la sua famiglia non hanno alcuna prospettiva di rientro nel Paese d'origine, dove sarebbero subito catturati e uccisi dai talebani per aver collaborato con la Nato.  Nell'agosto 2021, appena arrivati in Italia, era stata promessa loro una nuova vita e una sistemazione definitiva entro due mesi. Ma questa nuova vita resta in stand-by: i documenti di Khalil, fondamentali per lavorare, sono arrivati giusto dopo ferragosto (2022) e la casa ancora non c'è: "Dicono che in Italia è difficile trovare una sistemazione per una famiglia così numerosa", cerca di darsi una spiegazione Khalil.

I bambini afghani arrivati a Edolo nell'agosto del 2021 oggi parlano italiano e vanno a scuola
I bambini afghani arrivati a Edolo nell'agosto del 2021 oggi parlano italiano e vanno a scuola

“Non vogliamo nuocere a nessuno, decisione ministeriale”

Contattata da Fanpage.it al telefono, la vice prefetto di Brescia Anna Chiti Batelli spiega le ragioni di questo provvedimento: “Gli appartamenti in cui saranno trasferiti i richiedenti asilo ucraini sono appositamente dedicati all’emergenza Ucraina, non possiamo usarli per altri profughi e d’altro canto abbiamo bisogno di liberare spazio nelle strutture di accoglienza come Edolo per ospitare i migranti che stanno arrivando in queste settimane dal Nord-Africa. Gli afghani invece dovranno andare in appartamenti Sai (sistema accoglienza integrazione, ndr), gestiti dal sistema comunale – continua la vice prefetto -, ma per ora non c’è posto e la scelta su chi mandare non è di nostra competenza ma deriva da decisioni prese a livello ministeriale. Il nostro intento – conclude – non è certo quello di nuocere a qualcuno, solo che purtroppo non siamo un albergo”.

“Noi siamo disposti a tenerli qui per un po’ anche a nostre spese – dice Tiziano Bianchi -, il problema è che presto non ci sarà più posto. Tanti che avevano messo a disposizione appartamenti per i profughi si stanno tirando indietro ora che arriva l’inverno e i costi del riscaldamento rischiano di essere salassi non coperti dalle quote del Ministero”.

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