video suggerito
video suggerito
Omicidio Rozzano

Ucciso per delle cuffie, cosa rischia il papà del ragazzo che ha ucciso Manuel Mastrapasqua secondo il giudice

Stando a quanto ricostruito dalle indagini, il padre di Daniele Rezza lo avrebbe aiutato a disfarsi delle cuffie rubate a Manuel Mastrapasqua e lo avrebbe accompagnato alla stazione ferroviaria. Valerio de Gioia, giudice consigliere della Corte d’Appello di Roma, spiega a Fanpage.it cosa rischia l’uomo che avrebbe aiutato suo figlio a eludere le indagini.
Intervista a Valerio de Gioia
Consigliere della Corte d'Appello di Roma
A cura di Enrico Spaccini
235 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Lo scorso sabato 12 ottobre Daniele Rezza ha confessato di aver ucciso Manuel Mastrapasqua nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 ottobre in viale Romagna a Rozzano (nella Città Metropolitana di Milano). Le prime ammissioni le avrebbe fatte alla Polfer di Alessandria. Il 19enne, infatti, stava provando a scappare, con l'obiettivo di arrivare fino in Francia. Ad accompagnarlo alla stazione di Pieve Emanuele, la mattina del 12 ottobre, era stato suo padre a cui avrebbe detto di voler andare da un amico.

A lui avrebbe confidato anche di aver "accoltellato una persona" poche ore dopo aver colpito con un fendente Mastrapasqua, non sapendo che nel frattempo il 31enne era morto in ospedale per la ferita. Sarebbe stato ancora il padre di Rezza a buttare nel cestino le cuffie da 14 euro che suo figlio aveva rubato al magazziniere che stava tornando a casa dopo il lavoro: "Aveva detto che erano rotte", ha spiegato l'uomo agli investigatori. Infine, durante la perquisizione della sua abitazione sono stati trovati i pantaloni che il 19enne indossava nel momento dell'omicidio, lavati e stesi ad asciugare.

Qualora questa ricostruzione dovesse trovare conferme nel corso delle indagini, Valerio de Gioia, giudice consigliere della Corte d'Appello di Roma, ha spiegato a Fanpage.it perché il padre di Daniele Rezza non potrebbe comunque mai essere condannato per favoreggiamento personale nei confronti del figlio 19enne.

Valerio de Gioia
Valerio de Gioia

I genitori possono essere accusati di favoreggiamento personale nei confronti del proprio figlio?

Rispondo subito: il padre e la madre non rispondono penalmente di favoreggiamento personale del figlio. È uno dei casi di non punibilità previsti dall'articolo 384 del Codice Penale che riguarda i prossimi congiunti, e i genitori lo sono per eccellenza. Il primo comma esclude la possibilità di essere condannati per alcuni reati e tra questi c'è, appunto, il favoreggiamento personale.

Se dovesse essere accertata la ricostruzione per come sta emergendo in queste ore, il padre di Daniele Rezza lo avrebbe aiutato a eludere le investigazioni e a sottrarsi alle forze dell'ordine pur sapendo che aveva commesso un reato. Si parla di favoreggiamento quando si aiuta qualcuno a farla franca, o anche solo a provarci, ed è previsto dall'articolo 378 del Codice Penale. Quindi, se è vero che ha aiutato il figlio, ha commesso un delitto, ma essendo suo genitore non potrà essere punito.

Perché i genitori non rispondono di favoreggiamento personale del figlio?

Secondo il nostro legislatore, per la maggior parte dei reati contro l'amministrazione della Giustizia, non si può pretendere che il familiare di una persona che ha commesso un reato aiuti le forze dell'ordine. Non si può punire un padre che aiuta il proprio figlio e in questo senso l'articolo 384 del Codice Penale non presenta elementi d'incertezza.

Diverso sarebbe se avesse saputo prima che il figlio aveva intenzione di uccidere. In quel caso, avrebbe potuto essere chiamato in causa per concorso in omicidio. Oppure ancora, se avesse aiutato a far sparire il corpo. In quel caso, si sarebbe potuto parlare di concorso in occultamento di cadavere. Al contrario, se si è limitato ad aiutarlo a eludere le investigazioni, non può essere punito.

La madre di Manuel Mastrapasqua ha detto che piuttosto che aiutarlo, il padre di Rezza avrebbe dovuto denunciare il figlio. Era obbligato a farlo?

No, i genitori non hanno l'obbligo di denunciare il figlio e non hanno nemmeno l'obbligo di aiutare le forze dell'ordine. Questa è una tutela propria solo dei prossimi congiunti, cioè a chi appartiene alla famiglia nucleare.

Qualora dovesse essere accertato che il padre ha aiutato il figlio e venisse aperto un fascicolo per favoreggiamento personale, questo verrebbe archiviato. Il fascicolo nei confronti del padre di Rezza potrebbe venire aperto in Procura nel caso in cui gli inquirenti volessero approfondire la sua condotta, cioè per accertare che si sia solo limitato ad aiutarlo nella fuga.

Il fatto che siano trascorse più di 24 ore da quando il ragazzo ha parlato con i genitori di quanto ha fatto a quando ha effettivamente confessato alle autorità, può essere un elemento rilevante in qualche senso?

Potevano passare anche mesi o anni. Se l'unica condotta è stata quella, il padre non può mai essere punito. Se sei un parente stretto, il legislatore non può pretendere un comportamento diverso, non ti può rimproverare di non aver denunciato tuo figlio.

Sarebbe cambiato qualcosa se avesse spinto il figlio a costituirsi?

Quando un genitore invita il figlio nell'immediatezza a costituirsi, nel caso in cui questo dovesse essere condannato, l'autorità giudiziaria valuterebbe quel comportamento in modo positivo. Quindi, paradossalmente, il padre che aiuta il figlio a fuggire, non fa il suo bene. La scelta migliore è sempre invitare a costituirsi, perché prima lo fai, meno alto sarà il trattamento sanzionatorio.

235 CONDIVISIONI
17 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views