Uccise la moglie a coltellate: anche per i giudici di secondo grado è stato “un delirio di gelosia”
Nel dicembre del 2020 Antonio Gozzini, l'uomo che ha ucciso a Brescia la moglie Cristina Maioli, era stato assolto in primo grado: per il giudice infatti avrebbe commesso l'omicidio perché incapace di intendere e di volere. Un'incapacità che, sempre secondo la Corte, sarebbe stato causata "dalla patologia del delirio di gelosia". Dopo l'assoluzione, il processo si è spostato in Appello. Oggi, venerdì 25 marzo 2022, il procuratore generale Guido Rispoli ha chiesto una condanna a ventuno anni di carcere. La Corte d'Appello ha però confermato la sentenza in primo grado sostenendo che l'anziano sia incapace di intendere e di volere.
L'assoluzione della Corte d'Assise di Brescia
L'assoluzione da parte della Corte d'Assise di Brescia aveva fatto molto scalpore tanto che il ministro della Giustizia dell'epoca, Alfonso Bonafede, aveva disposto degli accertamenti. Il procuratore generale di Brescia sostiene che di la "gelosia patologica" sarebbe arrivata nel "tentativo di trovare una causa di non punibilità". L'uomo infatti è stato assolto perché sarebbe stata ritenuta valida e attendibile la ricostruzione secondo la quale – al momento dei fatti – Gozzini sarebbe stato incapace di intendere e di volere a causa "di un vizio di mente dovuto a un delirio di gelosia".
L'omicidio
Era la notte tra il 4 e il 5 ottobre 2019: in un appartamento in via Lombroso, una donna è stata uccisa nel sonno. Secondo le indagini degli inquirenti, il marito l'ha colpita con un martello in testa e poi accoltellata alla gola. Dopo il gesto, Gozzini ha chiamato un'amica alla quale ha confessato il femminicidio. Subito dopo la telefonata, l'ottantenne ha provato a uccidersi. Gli investigatori hanno poi scoperto che da anni l'uomo soffriva di una crisi depressiva e che il giorno prima dell'omicidio, la donna aveva chiesto dei giorni di permesso da lavoro per assisterlo.