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Uccide la cugina Stefania Rota dopo una lite per un garage: condannato a 15 anni Ivano Perico

Ivano Perico, 62 anni di Mapello, in provincia di Bergamo, è stato condannato in primo grado a 15 anni e 8 mesi di carcere: è stato ritenuto colpevole dell’omicidio della cugina e vicina di casa Stefania Rota.
A cura di Giorgia Venturini
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Stefania Rota
Stefania Rota

Arriva una condanna di primo grado a 15 anni e 8 mesi di carcere per l'ex agente di commercio Ivano Perico, 62 anni di Mapello, in provincia di Bergamo. I giudici della Corte d'Assise di Bergamo lo hanno riconosciuto responsabile dell'omicidio della cugina e vicina di casa Stefania Rota. All'imputato sono state riconosciute le attenuanti generiche, oltre al fatto che gli è stato applicata la riduzione di pena prevista dal rito abbreviato. La pm Letizia Ruggeri aveva chiesto una condanna a 15 anni e 6 mesi, mentre l'avvocata della difesa Roberta Campana aveva chiesto il minimo edittale.

Perico aveva ucciso la cugina l'11 febbraio 2023, ma il corpo era stato ritrovato a casa solo il successivo 21 aprile. Il movente sarebbe legato a un litigio per un garage che divide la casa della vittima da quella di Perico.

Durante le indagini, gli inquirenti avevano scoperto che le telecamere di Mapello avevano ripreso un uomo che il 3 marzo gettava una tanica di liquido infiammabile contro lo studio di un geometra. Quel professionista era l'uomo che aveva aiutato Stefania Rota con una pratica edilizia relativa proprio a quel capannone. Perico, durante l'interrogatorio, ha ammesso di essere stato lui a danneggiare lo studio del perito. L'accusa di aver dato fuoco a uno studio è stata riqualificata in forma tentata: su questo punto si è provveduto a un accordo extragiudiziale tra le parti per il risarcimento dei danni.

E proprio per quel garage l'imputato ha ucciso la cugina con un batticarne. Durante il processo è emerso –  come sostenuto dallo psichiatra Giuseppina Paulillo, direttore dell'unità Residenze psichiatriche e Psicopatologia forense dell'Ausl di Parma – che l'imputato fosse capace di intendere e di volere. Così come fosse effetto da un "disturbo della personalità di tipo narcisistico con tratti istrionici". La dottoressa, anche davanti ai giudici, ha spiegato che si è trattato di un delitto d'impeto dal momento che l'imputato ha avuto subito consapevolezza di quello che era accaduto. Ora è arrivata la sentenza di primo grado.

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