Uccide a pugni la madre sul balcone di casa: i vicini assistono al massacro e chiamano i soccorsi
Si continua a indagare per fare luce sull'omicidio avvenuto nella sera di ieri venerdì 15 settembre a Sirmione, in provincia di Brescia. Fondi di Fanpage.it hanno svelato che a chiamare i carabinieri sono stati i vicini di casa che hanno assistito all'omicidio. Stando alla ricostruzione dei fatti, il figlio di 45enne Ruben Andreoli, ora in carcere con l'accusa di aver ucciso la madre 72enne Nerina Fontana, ha iniziato a colpire la madre a calci e pugni in casa prima di trascinare la donna sul balcone e continuare con la violenza. Tra le ipotesi al vaglio anche quella che la vittima avesse provato a scappare dal balcone, ma saranno le indagini ancora in corso dei carabinieri a chiarire nel dettaglio quanto accaduto.
Dopo la chiamata ai soccorsi, sul posto in poco tempo si sono precipitati i sanitari del 118 e i carabinieri. Purtroppo la donna era già gravissima e in fin di vita. Disperato il trasferimento in ospedale dove la 72enne è morta poche ore dopo. Nel frattempo per il 45enne sono subito scattate le manette: nella notte davanti al pubblico ministero l'uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Nessuna procedente denuncia per violenza
Dagli accertamenti dei carabinieri è emerso che l'uomo non aveva precedenti penali e che non c'erano particolari motivi di conflittualità in casa dove vivevano la donna, il figlio e la compagna del figlio, ovvero una donna ucraina. A breve sul corpo della donna verrà eseguita l'autopsia ma non sembrano esserci dubbi che la vittima sia morta a causa dei pugni e calci del figlio. Inoltre la compagna dell'indagato avrebbe già confermato la dinamica dell'omicidio.
Tra le ipotesi del movente un viaggio in Ucraina
Sarà l'arrestato, se deciderà di parlare, a spiegare il movente dell'omicidio. Stando alle prime informazioni poco prima della lite madre e figlio stavano parlando di un possibile viaggio di quest'ultimo con la compagna in Ucraina: la ragazza infatti avrebbe voluto tornare a casa per qualche giorno. La vittima si sarebbe forse opposta perché riteneva il viaggio un pericoloso a causa della guerra. Da qui lo scoppio della lite e la violenza. Tutto dovrà essere confermato o meno dall'indagato: l'uomo resta in carcere a disposizione dell'autorità giudiziaria.