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Omicidio di Sharon Verzeni a Bergamo

Tutti i tentativi fatti da Moussa Sangare per depistare le indagini sull’omicidio di Sharon Verzeni

I carabinieri hanno trovato pezzi di bicicletta all’interno dell’abitazione di Moussa Sangare a Suisio (Bergamo). Il 30enne è accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni e secondo gli investigatori avrebbe fatto alcuni tentativi per sviare le indagini.
A cura di Enrico Spaccini
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Moussa Sangare
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I carabinieri del Ris di Parma ieri, lunedì 2 settembre, hanno eseguito un nuovo sopralluogo nell'appartamento di Suisio (in provincia di Bergamo) che Moussa Sangare occupava abusivamente da qualche mese. Un accertamento "irripetibile", che ha valenza di prova, al quale ha preso parte l'avvocato Giacomo Maj, che difende il 30enne accusato dell'omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi di Sharon Verzeni. Tra i vari reperti sequestrati, in quanto "giudicati d'interesse investigativo", ci sono anche alcuni pezzi di bicicletta, probabilmente la stessa che Sangare ha usato per raggiungere Terno d'Isola lo scorso 29 luglio e per scappare dopo aver accoltellato a morte la 33enne in via Castegnate. Secondo gli investigatori, infatti, la modifica della bici sarebbe solo uno dei vari tentativi di depistaggio che il 30enne avrebbe messo in atto.

Le modifiche alla bici e il taglio di capelli

Dalle indagini, coordinate dal pm Emanuele Marchisio, è emerso che Sangare aveva il passatempo di smontare e rimontare le bici. Una pratica forse nata per passione, ma che potrebbe essergli tornata utile il 30 luglio, una volta tornato a casa dopo aver ucciso Verzeni. La due ruote era stata filmata da alcune telecamere di sorveglianza e, probabilmente, il 30enne l'avrebbe modificata per renderla irriconoscibile. Da verificare anche se abbia tolto alcune parti, come il manubrio e i catarifrangenti, perché sporche di sangue. Questo sarò stabilito nelle prossime settimane quando i vari reperti saranno sottoposti a esami di laboratorio.

Le modifiche alla bici, però, non sarebbero gli unici tentativi di depistaggio fatti dal 30enne. Uno di questi, infatti, riguarderebbe la sua acconciatura e si è rivelato anche uno degli elementi che ha fatto crollare la sua difesa iniziale. "Quando hai tagliato i capelli l'ultima volta?", gli avevano chiesto i carabinieri il 29 luglio, quando il 30enne era ancora solo un possibile testimone: "Tre mesi fa", aveva dichiarato lui anche se appariva evidente che si fosse rasato da poco. L'ipotesi è che lo abbia fatto ancora una volta per rendersi meno riconoscibile, diverso dalla figura che appariva nei video.

I vestiti gettati nell'Adda e il coltello sotterrato

Infine, l'ultimo tentativo riguardava i vestiti. Di questi, però, c'è la certezza che Sangare ha provato a disfarsene. Insieme ad alcune pietre, li ha infilati in un sacchetto e lo ha gettato nell'Adda. I sommozzatori, però, hanno recuperato tutto sul fondale. Per il coltello, invece, non si può parlare di depistaggio in senso stretto dato che lo ha semplicemente sotterrato in un'area verde a Medolago che avrebbe potuto raggiungere, un modo per mantenere un "ricordo" di quanto aveva fatto.

Con tutti questi elementi, Sangare ha provato a sostenere che quella persona che si allontanava in sella a una bici a tutta velocità da via Castegnate a Terno d'Isola non fosse lui, ma qualcun altro. Il 30enne, però, è stato riconosciuto da due dei sette uomini che ha incrociato quella sera prima di imbattersi in Verzeni e, dopo poche ore, ha confessato l'omicidio.

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