Tutte le bugie di Rosa Fabbiano, la donna che avrebbe ucciso e fatto a pezzi la madre
Sono state tante le bugie che Rosa Fabbiano, la donna accusata di aver ucciso la madre di 84 anni e di averla poi fatta a pezzi lasciandola nella vasca da bagno del suo appartamento di Melzo (Milano). Menzogne che avrebbe raccontato a vicini di casa, alle sorelle, al marito e anche al figlio. Per gli inquirenti e il giudice per le indagini preliminari che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare, il movente sarebbe da ritrovarsi nell’assoluta incapacità "dimostrata dall’indagata nel sopportare il decadimento fisico e mentale altrui e, in particolare, di coloro che le sono affettivamente legati".
La badante assunta e licenziata in 24 ore
Il 24 marzo, una badante – che era stata assunta proprio quel giorno per potersi prendere cura dell'84enne – contatta Rosa Fabbiano: la donna è con la guardia medica, chiede alla figlia di poterla raggiungere nell'appartamento della madre spiegandole come fosse impossibile gestire l'anziana a causa delle sue condizioni di salute. Quello è stato il primo e ultimo giorno di lavoro in quell'appartamento. Qualche giorno dopo questo episodio, Lucia Cipriano scomparirà nel nulla nascosta dalle bugie della figlia.
Le bugie di Rosa Fabbiano
Alle sorelle Loredana e Cosima, preoccupate perché non riuscivano in alcun modo a mettersi in contatto con l'84enne, Rosa racconta di aver portato la madre a casa sua. Sempre a loro dice che la madre aveva preso il Covid e che infine l'aveva fatta ricoverare in una Rsa, vicino casa. Una bugia raccontata anche al marito e al figlio. Sarà poi Loredana, che vive a Trento, che deciderà di vederci chiaro in questa vicenda: il 26 maggio – due mesi più tardi – si recherà a Melzo e a lei, la sorella dirà di aver fatto un disastro. Dopodiché, allertati i carabinieri, sarà trovato il cadavere della madre in una vasca.
L'omicidio della madre
In base a quanto scoperto dagli inquirenti, la donna avrebbe lasciato l'anziana madre nella vasca, l'avrebbe poi coperta con un telo di cellophane facendola così morire per asfissia. Per fare a pezzi il corpo, avrebbe poi usato una sega di 31 centimetri, dei guanti in lattice, una tuta e una cuffietta. La donna adesso si trova in carcere a San Vittore: durante gli interrogatori, ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.