Trivulzio, parlano gli inquilini “non illustri”: “Non siamo ricchi e rischiamo di perdere la casa”
È riemerso, per la seconda volta in poco più di un decennio, lo scandalo "Affittopoli" del Pio Albergo Trivulzio: immobili di pregio, di cui sono proprietari il Comune di Milano e Regione Lombardia, affittati sottoprezzo a inquilini abbienti e spesso famosi. Per sanare i conti in rosso dell'ente, il commissario straordinario Francesco Paolo Tronca ha annunciato l'intenzione di cedere il patrimonio immobiliare del Trivulzio a un fondo di valorizzazione che avrà come partner Invimit Sgr, società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
"Lo specchietto delle allodole"
"Affittopoli è lo specchietto delle allodole, una questione che viene tirata fuori per giustificare la cessione del patrimonio a un fondo – commenta Pietro La Grassa, che al Pio Albergo Trivulzio ha lavorato per 35 anni e tutt'ora, in veste di sindacalista, continua a mantenere rapporti con gli inquilini degli immobili, molti dei quali sono dipendenti ed ex dipendenti delle strutture socio-sanitarie che fanno capo all'ente.
"Il Pio Albergo Trivulzio vive dei suoi immobili – continua La Grassa -, anche se li ha sempre svalutati, ma i debiti derivano dalla gestione delle strutture socio-sanitarie, che sono sempre in perdita. Vendere le case al fondo rappresenta una soluzione tampone: poi con che risorse si appianeranno i debiti futuri?".
"La quasi totalità degli alloggi del Trivulzio – conclude La Grassa – sono dati in affitto a cittadini e famiglie con redditi medio bassi, parliamo di Isee tra i 14mila e i 16mila euro annui. D'altronde questa era anche la loro destinazione originaria. Ma a molti di questi inquilini, con il contratto in scadenza nel 2025, sono già arrivate le lettere di disdetta del contratto con l'alternativa di pagare un canone aumentato del 40 per cento. La mia paura è che si colpiscano le persone che hanno meno strumenti per difendersi".
La paura per il futuro
Lidia, 87enne vive in un appartamento del Trivulzio in via Poma. "Sono qua da quasi 15 anni – dice a Fanpage.it -, ho sempre pagato quello che dovevo pagare. Forse prima, lavorando, avrei potuto affrontare anche spese ulteriori, sono sempre andata avanti facendo sacrifici, soprattutto quando mio figlio si è ammalato ed è diventato invalido al cento per cento. È morto poco tempo fa e oggi vivo qui da sola, utilizzando quasi tutta la mia pensione per pagare l'affitto. Sono in uno stato di ansia: se dovessi perdere questa casa, dove posso andare alla mia età?".
Nello stesso stabile vive Giulia con il marito e la figlia 22enne. "Siamo qui dal 2013 – racconta a Fanpage.it -, siamo entrati partecipando a un'asta. Il contratto d’affitto prevede un canone di locazione, a cui si aggiungono le spese ordinarie e straordinarie, tutte a nostro carico: in tutto, per 85 mq, paghiamo circa 1150 euro al mese, ma ogni contratto, e ne abbiamo rinnovati due, prevedeva la realizzazione, a nostro onere, di opere di ristrutturazione, per cui nel complesso abbiamo speso circa 30mila euro".
Questo meccanismo "do ut des" è lo stesso menzionato dagli inquilini più facoltosi a giustificazione dei canoni stracciati vivono in alloggi di lusso: "Solo che io – dice l'inquilina di un palazzo in centro, che vuole rimanere anonima – per vivere qui ho usato tutta la mia liquidazione della pensione".
Non solo "privilegiati"
La donna del palazzo in centro è un'ex insegnante: "Ho firmato il contratto a canone libero nel 2018 – spiega a Fanpage.it -, allora l'affitto era di 600 euro, adesso si è alzato a 800, ma il problema è che le spese a mio carico sono triplicate".
"In più – aggiunge l'inquilina – come clausola per poter entrare ho dovuto realizzare con soldi miei importanti lavori di ristrutturazione. La cifra prevista dal bando del Trivulzio era stimata tra i 12mila e i 15mila euro, che poi mi sarebbero stati scalati dal canone negli anni di durata del contratto. Ma l'appartamento era messo talmente male che di euro ne ho spesi quasi 50mila, praticamente tutto quello che avevo da parte".
"Ho investito così tanto – conclude -, perché pensavo che questa fosse la sistemazione definitiva, invece a 70 anni mi ritrovo ancora con il problema della casa. Credo che Milano sia diventata inaccessibile a chi come me appartiene al ceto medio".
Fuori da Milano
Gli alloggi del Pio Albergo Trivulzio non si trovano solo in centro o nella prima periferia di Milano. Per esempio il complesso di Peschiera Borromeo, vicino all'aeroporto di Linate, ospita quasi un centinaio di appartamenti. Sicuramente non si tratta di case di lusso, né per la posizione né per lo stato degli immobili, di cui i residenti lamentano la cattiva manutenzione.
Qui vive anche Ivana Caccialanza insieme al marito: "Sono arrivata nel 1967 – racconta Ivana a Fanpage.it -, allora avevo dieci anni ed ero con la mia famiglia, composta da papà, mamma, zia e nonna. Sono sempre rimasta in questa casa, che per me ha un grandissimo valore affettivo".
Non solo: "Ho speso davvero molti soldi, tanto da dover sostenere un mutuo per sistemare tutto ciò che non andava e non ho mai ricevuto uno sconto sull'affitto per questo, la pratica è stata introdotta solo negli ultimi anni".
"Purtroppo – dice preoccupata – adesso c'è l'incognita di questo fondo e sono davvero angosciata all'idea di dovermene andare: paghiamo circa seicento euro al mese per 96 mq di un appartamento molto decentrato. Anche se sia io sia mio marito abbiamo la pensione, non significa che siamo ricchi".
E come lei lo sono le seicento famiglie di reddito medio basso che vivono al Trivulzio. A nome loro Giulia, che oltre a essere residente a rischio appartiene al comitato inquilini, dice: "Lotteremo per non dover andare via dalle nostre case. E lotteremo fino alla fine".
Nella giornata di oggi, venerdì 26 luglio, si è poi svolta una conferenza stampa organizzata proprio dal comitato "Unione Inquilini". All'incontro erano presenti il Presidente commissione casa comune Milano Federico Bottelli e la consigliera regionale del Partito democratico Carmela Rozza. "Se l’indebitamento è molto alto dobbiamo affrontarlo, soprattutto nella gestione e nel rilancio dei servizi sociosanitari", ha detto Bottelli che ha poi spiegato: "Le case sono nate come risposta a lavoratrici e lavoratori della città e devono continuare a esserlo. È un tema politico e così va affrontato. La verità è che qui abitano persone che hanno fatto sacrifici".
Ha poi assicurato che il Comune sta "cercando di aprire un confronto con i sindacati per tutelare persone in difficoltà". La consigliera regionale ha invece precisato: "Non credo che bloccheremo il fondo, a meno che sia Invinit a tornare indietro, perché non mi risulta che la Giunta del Comune e di Regione vogliano fare un passo indietro dobbiamo continuare con la battaglia per tutelare chi ha un reddito medio basso. Gli approfittatori paghino. Chi ha i soldi ha gli avvocati, chi non ce li ha, ha il sindacato e non è possibile che si tratti con gli avvocati e non con i sindacati, altrimenti continuiamo a fare favori agli amici degli amici".