È ancora in comunità la bimba violentata dal nonno: il padre che ha denunciato gli abusi aspetta ancora sua figlia
"L’allontanamento della bimba si basava su informazioni e interpretazioni errate che, ora, sono state riconosciute dalla Corte di Appello. Mi auguro che al più presto che la bimba possa essere restituita ai suoi affetti e che possa superare le violenze subite da chi la doveva proteggere": a dirlo a Fanpage.it è l'avvocato Domenico Morace, difensore dell'uomo di 39 anni che aveva denunciato suo padre per aver violentato sua figlia.
Il 39enne era stato accusato di favoreggiamento: per gli inquirenti di Milano aveva indotto la figlia di dieci anni a fornire dichiarazioni che potessero alleggerire le accuse nei confronti del nonno. Il 39enne è stato condannato in primo grado e poi assolto in secondo grado mentre il nonno è stato condannato sia in primo che in secondo grado a 14 anni di carcere.
Durante il procedimento la bambina è stata portata in comunità: dopo aver subito abusi e violenze sessuali, la bimba è stata strappata dai suoi genitori e dai suoi fratelli e ancora oggi, nonostante l'assoluzione del padre, non è potuta ancora tornare da loro. Una violenza dentro la violenza.
La scoperta degli abusi
Partiamo dal principio. Il 39enne inizia a sospettare del padre dopo aver scoperto un messaggio strano nel gennaio 2021 sul cellulare della figlia che le era stato regalato alcuni mesi prima. Con questo, anche una sim compratele proprio dal nonno. Un sospetto che viene appesantito anche dalle parole e perplessità della madre nonché moglie dell'orco: "In un primo momento ha segnalato al figlio azioni sospette del marito – racconta ancora il legale – dopodiché ha cambiato atteggiamento fino ad arrivare a difendere il marito". È lei di aver trovato una maglia sporca di liquido seminale e sarà sempre lei a lasciare il cellulare per registrare quanto accadeva in casa sua.
Un giorno, a marzo 2021, il fratello del 39enne decide di seguire il nonno dopo che era andato a prendere la nipote. Li segue fino al deposito dove l'uomo portava il camion: nota le tendine chiuse e non sapendo cosa fare, decide di tornare indietro. In quel momento vede la bimba scendere. Dopo di lei vede anche il padre nonché nonno della piccola: lo zio racconta che l’uomo aveva un atteggiamento strano: "Era molto rosso in faccia e sudato".
Il mese successivo la nonna posiziona un registratore in camera. Il 39enne segue il padre e quando vede che rientra in casa, insieme alla madre, provano a bussare. Dopo circa un minuto, l'uomo apre la porta. La donna sale in camera e riprende il suo cellulare mentre la nipote esce dall'armadio dove si era nascosta e inizia a piangere a dirotto. E lì che racconta al padre, che le fa domande, cose le è successo.
La denuncia
La denuncia viene sporta dopo circa quattro mesi dalla scoperta dei fatti: "In sentenza – spiega l'avvocato – viene contestato che il padre non ha presentato subito denuncia, ma sarebbe stato opportuno valutare la terribile situazione che la famiglia ha dovuto affrontare. Chiunque, davanti alla scoperta di una così crudele e vile crimine contro una bambina scoprendo la responsabilità del padre suocero, che sino ad allora era stato un buon padre, è di tutta evidenza che venga devastato nei suoi sentimenti, vive uno stato di smarrimento che ben poteva essere compreso e spiegato".
A questo si aggiungono le pressioni della famiglia. Per esempio, l'atteggiamento della nonna nel corso delle settimane cambia: porta la nipote da un medico, che assicura che la piccola non ha subito penetrazione e minaccia il figlio e la cognata se non avessero ridimensionato la gravità dei fatti. Sulla nuora, con la quale non aveva un buon rapporto proprio perché quest'ultima in passato aveva raccontato di essere stata oggetto di morbosità sessuale da parte del suocero, dirà "che avrebbe mandato qualcuno a violentarla o farle del male".
La condanna del 39enne
Alle minacce, alla violenza sulla piccola, si aggiunge poi l'allontanamento della bimba da casa e l'accusa di favoreggiamento per il 39enne: per gli inquirenti avrebbe fatto pressioni alla figlia per alleggerire la pena nei confronti del nonno. Una tesi che è stata corroborata dalle intercettazioni avvenute durante le indagini. L'uomo è stato poi assolto in secondo grado proprio perché, secondo il giudice, non vi sarebbero elementi nelle intercettazioni tali da sostenere che il 39enne potesse aver indotto la bimba a dare una versione dei fatti più leggera:
"Il pm senza tener conto di quello che c’era scritto in denuncia, solo sulla base delle intercettazioni telefoniche, sostiene che – racconta Morace – il mio cliente avesse indotto la vittima a non dire il tutto. La prova provata che il pm fosse influenzata da quelle intercettazioni è data da un fatto molto crudele".
L'audizione della minore
L'allontanamento della bimba arriva dopo l'audizione del 3 giugno 2021.
La bimba è consapevole del motivo che l'ha portata a essere lì. Come ha riferito alla pm e alla psicologa, a spiegarglielo è stato proprio il papà: "Mi hanno detto che sono venuta qui perché voi mi aiutate". Durante il corso di questo incontro, la bimba afferma più volte di sentirsi in imbarazzo e provare vergogna: "Chi tratta questi casi, sa che vittime molto più grandi della bimba hanno problemi nel parlare", spiega l'avvocato.
Piano piano inizia a raccontare e a dire che la persona che le faceva del male era il nonno, che faceva il camionista e che spesso la portava con lui sul camion. Nonostante le frequenti domande della pubblico ministero, la bimba è ancora restia a parlare. Il motivo è che ha paura che la portino via dalla sua famiglia. La pm dice: "Chi ti ha detto queste cose? Mamma e papà ti hanno detto di non parlare? La bimba risponde: "no, mi hanno detto di fidarmi di voi".
A un certo punto la bimba sente un fischio provenire fuori dalla stanza in cui stava avvenendo l'audizione, era quello del papà: "Lei lo riconosce e da quel momento inizia a parlare e raccontare tutto", precisa il legale. Racconta delle foto che il nonno le costringeva a fare nuda, dei video in cui le ordinava cosa dire, della minaccia che se avesse raccontato qualcosa avrebbe mostrato quelle foto al padre e che lei non voleva che le facesse quelle cose.
L'allontanamento della piccola
Due giorni dopo l'audizione in cui la bimba aveva detto di aver paura di essere allontanata dalla famiglia, gli inquirenti scrivono alla Procura dei Minori dicendo che dall'audizione della minore si comprende che il padre avrebbe fatto pressioni alla minore per non farla parlare: "Il contrario di quello che era accaduto", racconta il legale.
E intanto la Procura Minorile dispone il trasferimento della bimba in comunità: "La violenta una seconda volta", sostiene Morace. Per l'avvocato, la bimba è stata allontana "in base alle convinzioni del tutto personali del pm legate e contraddette da un giudice, ma queste cose non vengono comunicate al Tribunale dei minori".
Questo causa, con ogni probabilità, un secondo trauma alla piccola. Durante l'incidente probatorio con il giudice, svolto a cinque mesi dall'arrivo in comunità, la bimba è restia a parlare e si tortura un occhio scatenando la reazione del giudice: "Non torturarti gli occhi che mi fa impressione se fai così. Togli le mani dagli occhi", dirà durante l'incontro.
Dopo diverso tempo, inizia a parlare e racconta quanto aveva detto alla pm. Riferisce anche dell'episodio del registratore, ma soprattutto racconta di aver ancora paura: "Ho paura di non ritornare più a casa". Parole raggelanti e che mostrano come quanto accaduto possano aver causato ulteriore sofferenza e difficoltà alla piccola. Dopo alcune rassicurazioni e spiegazioni, la bimba continua a raccontare le violenze e le volte in cui il nonno appoggiava le sue parti intime su lei, la palpeggiava e la faceva spogliare.
Il trasferimento in comunità
Il 39enne e la moglie sono distrutti soprattutto perché la bimba non torna a casa da più di un anno: "Ogni volta che incontrano la bimba sotto la presenza di educatori e assistenti sociali, lei li supplica di tornare a casa. Sono distrutti. Dopo la botta presa con la violenza e quella che gli ha riservato lo Stato dopo, sono massacrati".
Ci sarebbero "relazioni del servizio territoriale che sostengono che la bimba voglia rimanere nella strutture dove è collocato. Ma a mia conoscenza – dice l'avvocato – la cosa non corrisponde al vero. Al di là di quanto possa sostenere io o un operatore del servizio, il giudice deve ascoltare direttamente la minore, così come prescrive la recente riforma. Alla luce della sentenza in appello non ci sono motivi per i quali la bambina debba rimanere presso la struttura a carico della comunità, ma potrebbe essere supportata nel suo habitat naturale".
La piccola ancora in comunità
Morace spiega ancora che "Il Tribunale per i minori aveva rigettato la richiesta di rientro della bimba perché “qualora la bimba facesse rientro presso la propria abitazione rischia di esporre la minore a pressioni psico anche involontarie del nucleo familiare con conseguente aggravamento del suo stato emotivo e psicologici”. Non si comprende su quali elementi il tribunale fondi tale previsione atteso che solo con la denuncia dei genitori e su quanto detto dalla stessa si fonda la condanna".
"I miei clienti hanno fornito dettagliata denunciata, allegando quanto in loro possesso, la bimba è stata accompagna durante l’audizione. Hanno protetto la bimba, dopo aver appreso i fatti, non solo con la denuncia ma proibendo ogni contatto con i nonni paterni e comunicando alla scuola di revocare l’autorizzazione in favore della nonna. Il mio cliente ha affrontato il padre anche con uno scontro fisico. Nulla vieta che l’assistenza al nucleo familiare possa essere effettuata in casa dove la bimba potrà sentirsi protetta e accudita e superare il trauma".
"Quanto accaduto a questa giovane vittima non rappresenta solo un’ingiustizia nei confronti della bimba e della sua famiglia, ma un atto che può avere conseguenze devastanti e che può generare un allarme sociale".