Tifoso ucciso prima di Inter-Napoli, le motivazioni della sentenza: “L’omicida non voleva uccidere”
Fabio Manduca, l'ultrà napoletano condannato a quattro anni di carcere per l'omicidio di Daniele Belardinelli, non voleva uccidere, bensì "abbandonare al più presto la situazione di guerriglia" creatasi prima della partita tra Inter e Napoli del 26 dicembre 2018. Nelle motivazioni della sentenza di condanna, il giudice per l'udienza preliminare di Milano Carlo Ottone De Marchi spiega che la guerriglia, scaturita "dall'agguato sulla strada da parte dei tifosi interisti", ha indotto Manduca ad attuare "una guida pericolosa" che non tenesse conto delle "fondamentali regole di cautela". Questo ha causato "il grave investimento nel quale ha perso la vita" l'ultrà del Varese Belardinelli. Il giudice esclude dunque una "volontà dolosa" di uccidere.
I pm avevano chiesto una condanna a 16 anni di carcere
I pubblici ministeri di Milano Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri avevano chiesto per Manduca una condanna a 16 anni di carcere per omicidio volontario con "dolo eventuale". Il giudice De Marchi ha però spiegato che "in un quadro probatorio così magmatico e fragile, la condotta del Manduca" si può considerare "connotata da colpa con previsione e non da dolo". Manduca, 40 anni, era stato arrestato quasi un anno dopo i fatti, nell'ottobre del 2019, a seguito della chiusura delle indagini che hanno permesso agli inquirenti di ricostruire quanto avvenuto esattamente nelle ore subito antecedenti al big match in programma al Meazza. Sette mesi prima, invece, nel marzo del 2019, cinque tifosi dell'Inter erano stati condannati per rissa aggravata e altri reati. Tra di loro anche i capi della curva Nord Marco Piovella e Nino Ciccarelli.