Test sierologici, il caso Diasorin-San Matteo: dalle denunce all’inchiesta della procura di Pavia
È diventato uno dei casi simbolo della discussa gestione dell'emergenza coronavirus in Lombardia. L'accordo tra la multinazionale farmaceutica Diasorin e il Policlinico San Matteo di Pavia per la validazione dei test sierologici per la ricerca degli anticorpi anti coronavirus doveva essere la soluzione per procurare i kit indispensabili per svolgere le campagne di screening nei territori più colpiti dal covid. Allo stesso tempo, questa era l'idea dei vertici del San Matteo, avrebbe portato una pioggia di denaro nelle casse dell'Ircss grazie al pagamento di 50.000 euro per la prestazione dei lavoratori e di una royalty sui test venduti.
A quattro mesi dalla determina, firmata lo scorso 20 marzo, a piovere sono state invece le polemiche, le denunce, le azioni legali da parte delle aziende concorrenti e le sentenze amministrative che hanno prima annullato e poi ripristinato il contratto. Il caso era stato sollevato anche dagli articoli di Fanpage.it e dal documentario "Italia lockdown Fase 2" del team Backstair. Ora anche le perquisizioni e i sequestri di documenti da parte della guardia di finanza, su ordine della Procura di Pavia che ha iscritto nel registro degli indagati i vertici dei due enti per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato.
L'accordo tra Policlinico San Matteo e Diasorin
Con un documento firmato il 20 marzo il Policlinico San Matteo determinava di "accettare la proposta di collaborazione avanzata dalla "DiaSorin S.p.A." per la valutazione di test sierologici e molecolari per la diagnosi di infezione da SARS-Cov-2 a cura del Laboratorio di Virologia Molecolare, sotto la Responsabilità Scientifica del Prof. Fausto Baldanti".
Per la collaborazione Diasorin riconosceva la somma complessiva di 50.000 euro, oltre a una royalty al tasso dell'uno per cento a partire dalla vendita del primo kit sierologico e per i successivi dieci anni. In seguito, in data 11 aprile, Regione Lombardia attraverso la centrale acquisti Aria ha ordinato a Diasorin 500mila kit, per una spesa di 2 milioni di euro.
Contro l'operazione si sono levate le proteste delle opposizioni, a partire da un'interrogazione del consigliere regionale Massimo De Rosa (M5s) in cui chiedeva perché non fosse stata fatta una regolare gara per stabilire quale azienda avesse i migliori requisiti per avviare una collaborazione. Anche molti sindaci e amministratori, nei mesi di massima emergenza, hanno protestato perché la Regione non riconosceva altri tipi di test in attesa della validazione di quelli di Diasorin.
Il Tar dichiara l'accordo illegittimo e lo sospende
Una prima svolta è arrivata con il ricorso al Tar di un'azienda farmaceutica concorrente, la Technogenetis. All'inizio di giugno il tribunale amministrativo ha dato ragione alla ricorrente e bloccato l'accordo stipulato dalla Fondazione San Matteo di Pavia con la DiaSorin. I giudici hanno rilevato l’alterazione della concorrenza, poiché “mediante l’accordo, il Policlinico ha consentito ad un particolare operatore economico, scelto senza il rispetto di alcuna procedura ad evidenza pubblica, ancorché non tipizzata, di conseguire un nuovo prodotto, che rimane nell’esclusiva disponibilità e commerciabilità dell’operatore stesso”, disponendo anche la trasmissione degli atti alla Corte dei Conti.
L'intervento del Consiglio di Stato
Diasorin e San Matteo hanno fatto appello al Consiglio di Stato, che ha di fatto ribaltato la sentenza del Tar sospendendone gli effetti e rilevando che "la sospensione dell'accordo avrebbe portato un danno per la Fondazione San Matteo" che avrebbe gettato nell'incertezza "la perdurante validità delle linee di ricerca che l'Istituto sta conducendo (…) anche in ambiti attinenti alla diffusione epidemiologica in atto" e questo è più rilevante "sul piano cautelare, rispetto al mero interesse dell'originario ricorrente Technogenetics s.r.l. (…) a tutelare porzioni di mercato acquisite nel settore in cui già opera con propri strumenti diagnostici brevettati".
Le indagini della Procura di Pavia
Questa mattina l'ultimo capitolo, per ora, della vicenda con le perquisizioni e i sequestri della guardia di finanza nei confronti dei vertici di Diasorin e San Matteo. Nel fascicolo dei pm figurano i nomi del direttore generale e scientifico del Policlinico (rispettivamente Carlo Nicora e Giampaolo Merlini) e del responsabile del laboratorio di Virologia molecolare, Fausto Baldanti, oltre all’amministratore delegato della società biotecnologica piemontese Diasorin, Carlo Rosa.
Per gli inquirenti di Pavia sarebbero stati "utilizzati beni mobili, materiali (personale, laboratori e strumenti) e immateriali (conoscenze scientifiche tecnologiche e professionalità) costituenti patrimonio indisponibile dell'ente pubblico e così sottratti alla destinazione pubblica per il soddisfacimento di interessi privatistici che restavano nell'esclusiva titolarità di privati, anziché dell'Ente che aveva finanziato la ricerca".
Il presidente del San Matteo, Alessandro Venturi, a sua volta indagato, aveva spiegato ai microfoni di Fanpage: “È l’azienda che ha scelto noi per validare il loro test, per questo non c’era bisogno di una gara”.