Tatiana vive in Italia da quando ha 12 anni: “Ora mio papà in Ucraina è stato chiamato a combattere la guerra”
La cadenza bresciana sintetizza in qualche sillaba gli ultimi vent'anni trascorsi da Tatiana in Italia. Solo la pronuncia della lettera elle tradisce le sue origini ucraine. "Sono arrivata qui in Italia che avevo 12 anni – racconta a Fanpage.it – mi sono trasferita con mia mamma. Il motivo principale di questo spostamento è stata la separazione dei miei genitori, inoltre nel mio Paese non c'era lavoro".
Tatiana non fatica a inserirsi nel nuovo ambiente, dove stringe molte amicizie, si diploma e inizia a lavorare. "Però – assicura – la nostalgia per l'Ucraina c'è sempre stata, infatti ho cercato in ogni modo di tenere i rapporti con i miei parenti, le mie zie, mio papà e i miei nonni, rimasti lì. Fino a non molto tempo fa andavo a trovarli ogni due anni".
Quel 24 febbraio 2022
Poi arriva la guerra. "A dire il vero – precisa Tatiana – avevamo già cominciato a vivere in tensione dal 2014. Naturalmente il 24 febbraio 2022 tutto è precipitato. Me la ricordo benissimo quella mattina, mi ero alzata tardi e al mio risveglio avevo trovato tantissimi messaggi di amici e conoscenti che mi chiedevano notizie dell'Ucraina. Mi sentivo in colpa per non essere aggiornata, dato che non avevo ancora sentito le notizie".
Da allora la vita della famiglia di Tatiana si carica di apprensione. "Con mio padre ho mantenuto un bellissimo rapporto – dice – ma dall'inizio di questa guerra è sempre stato un po’ assente, spesso non mi rispondeva ai messaggi, a volte lo chiamavo e a vuoto. Ho capito che non voleva essere intercettato, perché, visti i suoi 55 anni, riceveva delle lettere di richiamo per arruolarsi. All'inizio le ha ignorate perché non è più un ragazzino e nessuno ha voglia di andare a morire".
Poi invece la decisione di accettare la chiamata. "Venerdì scorso – racconta la ragazza – ho ricevuto un suo messaggio che diceva ‘Ciao Tati, in questo momento sono su un pullman e sto andando a fare l'addestramento‘. Ovviamente mi sono preoccupata perché temevo questo momento. Nella mia testa sono passate tante cose brutte: so che potrebbe essere ferito, potrebbe non essere trovato, potrebbe essere catturato e potrebbe essere anche ucciso".
Un desiderio negato
"Ha intrapreso questo viaggio difficile – riflette Tatiana -, ma quando l'ho sentito era abbastanza tranquillo. Mi ha avvisato che tra un mese lo manderanno non si sa dove e non si sa a fare che cosa: potrebbe lanciare le granate, potrebbe portare le armi, potrebbe stare nelle trincee, non si sa ancora nulla".
"Io ovviamente – continua – gli ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa, nel caso mi sarei ingegnata per farglielo avere, ma lui ha detto che ha tutto e che la situazione è accettabile, anche se si dorme senza le coperte e tutti raggruppati".
"Sono scoppiata a piangere quando l'ho chiamato – ricorda la ragazza -, ma lui subito mi ha calmata e mi ha detto ‘Smettila, non devi piangere, Tornerò con la vittoria‘. Nella mia testa è diventato un eroe, come lo sono tutti i nostri uomini e ragazzi che stanno resistendo, così come tante ragazze e donne. Ognuno contribuisce con quello che può".
"Non ho voluto neanche stargli tanto addosso – dice ancora Tatiana – perché capisco che è una cosa nuova che sta affrontando. Non voglio renderlo debole con le mie chiamate e i pianti, so che ce la farà. Il desiderio di abbracciarlo il più presto possibile me lo nego, perché non vorrei vederlo ‘sullo scudo', come si dice. Sono cose reali, non è un gioco, mi rendo conto che è tutto troppo reale, è tutto troppo spaventoso".