Tassista salva un ragazzo aggredito di notte: “Ho visto in lui uno dei miei figli, non sono un eroe”

Diego Calcaterra è il tassista milanese che una notte di luglio ha salvato un ragazzo aggredito da quattro rapinatori. Siamo saliti sul suo taxi per farci raccontare cosa è accaduto e perché l’ha fatto.
A cura di Chiara Daffini
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Diego Calcaterra fa il tassista a Milano
Diego Calcaterra fa il tassista a Milano

La dashcam che immortala gli attimi di panico e di coraggio a bordo del taxi "Oscar 82" ha fatto il giro del web.

"E questi cosa stanno facendo? – si sente mentre l'auto bianca avanza sulla carreggiata semi deserta che porta in piazza Cantore, a Milano – Inseguono questo per rapinarlo? No c*o, devo intervenire! – ripete la voce di chi guida al telefono – Gli stanno correndo dietro perché vogliono rapinarlo. Non posso far finta di niente, non posso".

Qualche manciata di secondi e l'auto accosta.

"Dai sali veloce, sali veloce, muoviti. Volevano rubare?"

"Sì, mi hanno rincorso".

"Stai calmo adesso, sei al sicuro, ok? Dove abiti?"

Siamo saliti a bordo del taxi di Diego Calcaterra, il tassista 41enne di Milano, ex pugile, che una notte di luglio ha salvato un ragazzo da una banda di rapinatori, e ci siamo fatti raccontare da lui com'è andata.

Il tassista di notte

"Avevo mio suocero tassista e 15 anni fa ho seguito la sua strada – racconta Diego a Fanpage.it –  Poi ho comprato la licenza e ho capito che era un lavoro che mi piaceva, a contatto con la gente. Preferisco la notte perché odio il traffico".

E proprio di notte Diego si imbatte in un gruppo di rapinatori che inseguono un ragazzo di 26 anni, di ritorno dal lavoro.

"Ero al telefono con un collega – ricorda il tassista -, come è nostra usanza fare. Tutte le notti ci teniamo compagnia, c'è molta unione tra di noi per aggiornarci su dove mancano taxi, se qualcuno si trova in pericolo, se sta succedendo qualcosa… Fermo al semaforo di piazza Cantore, noto un ragazzo che viene bloccato da quattro individui e viene strattonato".

"Sono andato in un certo senso in ipnosi – continua -. Mi sono detto ‘Devo intervenire, non posso far finta di niente'. Ho capito che ero la sua unica salvezza e allora sono partito, anche se non sapevo dove sarei andato a parare, visto che io ero da solo e loro in quattro. La fortuna è stata arrivare proprio quando il ragazzo era stato raggiunto dai rapinatori, l'avevano appena fermato".

"Ho suonato il clacson – dice Diego – e stavo per scendere dalla macchina, ma appena hanno sentito l'auto si sono disorientati, non capivano chi fosse arrivato. Hanno mollato la presa al ragazzo, uno dei quattro aveva un coltello in mano e l’ha nascosto. Il ragazzo, gridando ‘Aiuto, aiuto', è riuscito a correre verso di me".

"A quel punto – continua il tassista – non ho guardato il ragazzo, continuavo a fissare i quattro rapinatori, che ricambiavano il mio sguardo con aria di sfida, come a dire: ‘Sei arrivato troppo presto, ci hai fregato'. Alla fine si sono tirati su i cappucci e sono scappati".

"Un dovere, non un gesto eroico"

Diego cerca di calmare il ragazzo e lo riaccompagna a casa. "Ha voluto il mio numero – racconta a Fanpage.it -, voleva ripagarmi anche economicamente in qualsiasi modo, io però gli ho detto che non l'avevo fatto per soldi, ma per una questione etica".

"In quel ragazzo – spiega – ho visto uno dei miei figli, che scappava terrorizzato da una situazione di pericolo. E quando sono arrivato nella via e lui mi è venuto incontro, che quasi non riusciva a camminare talmente era spaventato, mi si è gelato il sangue".

Non è la prima volta che a Diego e ai suoi colleghi capitano episodi simili. "Si dice sempre che i taxi di notte non si trovano – commenta Diego -. Purtroppo molti colleghi hanno rifiutato di fare il turno di notte perché sono rimasti scottati da cose che gli sono successe. Hanno avuto paura. La maggior parte di loro ha una famiglia, dei figli, non vogliono rischiare".

"Questo fatto – conclude Diego – mi ha segnato veramente a livello morale. Mi ha fatto commuovere la chiamata del ragazzo, a qualche giorno di distanza, in cui diceva ‘Mi hai salvato la vita, ancora non ci credo'. Non mi sento un eroe, penso di aver fatto il mio dovere di padre di famiglia e di cittadino che non deve girare la testa dall’altra parte".

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