Suicidio assistito, è una donna il primo caso in Lombardia: è morta circondata dai propri familiari e amici
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Sono quattro i requisiti fissati dai giudici: irreversibilità della patologia, dipendenza da sostegni vitali, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche considerate intollerabili, capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli. Li rispettava tutti la donna che, questo gennaio, ha avuto accesso al suicidio medicalmente assistito con un farmaco fornito dal Servizio sanitario nazionale. Dopo la pronuncia della Corte costituzionale del 2019 sulla vicenda dj Fabo, è la sesta in Italia e la prima in Lombardia.
Da tempo, la donna era malata di sclerosi multipla progressiva che, nel suo caso, l'aveva portata a una paralisi e a un'esistenza continuamente assistita da un caregiver. Così, a maggio del 2024, insieme all'associazione Luca Coscioni, la donna aveva fatto richiesta per accedere al percorso previsto dalla sentenza 242 della Consulta che, nel gennaio 2025, le ha poi permesso di porre finalmente fine alle sue sofferenze. Una volta iniziato l'iter, nel corso dei mesi, i responsabili dell’Ats e dell’Asst avevano visitato a domicilio la donna, poi sottoposta a una valutazione di un comitato etico chiamato a verificare che ci fossero i requisiti necessari per accedere al suicidio medicalmente assistito.
Dopo mesi di controlli e di verifiche la donna è stata, infine, giudicata idonea alla morte. Così, un ospedale milanese le ha fornito il farmaco e gli strumenti per permettere alla paziente di autosomministrarselo nella propria casa, circondata dai propri famigliari e amici.
Una storia che rimane ancora oggi un'eccezione perché attualmente non esiste una legge nazionale in materia di fine vita e suicidio assistito. L'unico testo normativo esistente sino a questo momento è quello prodotto dalla Regione Toscana che ha da poco approvato una norma sul fine vita – di fatto – la prima legge sul tema che regola i requisiti, la procedura, i tempi e le modalità per accedere al suicidio assistito. Una norma che è stata il frutto dell’iniziativa popolare “Liberi Subito” sostenuta dall’Associazione Luca Coscioni, la stessa che ha assistito la donna lombarda ad accedere al suicidio medicalmente assistito. Norma, salutata dal Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani come “un forte messaggio di civiltà”.
Suicidio assistito, la posizione dei partiti
L’iniziativa legislativa promossa dall’Associazione Luca Coscioni non ha, però, avuto lo stesso successo in altre Regioni. È il caso della Lombardia che il 19 novembre scorso ha bocciato il progetto di legge sul fine vita proposto dall’Associazione. La maggioranza della Regione ha, infatti, ritenuto che la questione potesse essere disciplinata soltanto a livello nazionale, tesi sostenuta da Fratelli d'Italia ma a cui si è accodata gran parte del centrodestra, con alcune eccezioni.
In materia si è espresso anche Eugenio Giani, presidente del Partito Democratico della Toscana: "Mi sembra che ci abbia già pensato la Corte costituzionale a dire che è bene che il legislatore nazionale faccia una legge che sostanzialmente ricalchi quello che abbiamo fatto noi".
E, in questa direzione, un ruolo importante è stato ricoperto dall'ultimo caso lombardo. Fino all’autunno 2024 erano, infatti, state presentate agli ospedali lombardi dieci domande per seguire l’iter. Soltanto tre erano state ritenute ammissibili ma a nessuno era ancora mai stato dato il farmaco. La prima a riceverlo è stata proprio la donna lombarda che il mese scorso ha segnato un punto di svolta importante e di speranza sulla questione del fine vita.