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Starbucks chiude due locali a Milano: il “caffè” Usa piace solo ai turisti che ora non ci sono più

Starbucks ha chiuso due punti vendita a Milano e letta così pare una notizia. Ma, analizzandola, è la normale conseguenza della crisi pandemica: meno turisti, meno fatturato. Perché il caffè americano piace solo all’estero e non qui.
A cura di Filippo M. Capra
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Starbucks ha chiuso due punti vendita a Milano e letta così pare una notizia. Il colosso mondiale delle bevande a base di caffeina è stato costretto ad abbassare la saracinesca dei locali della centralissima via Turati e di Porta Romana, riuscendo a salvare (almeno per il momento) i punti vendita di piazza Cordusio, Stazione Centrale, corso Vercelli, via Restelli, via Durini e Garibaldi.

Niente turisti, niente clienti: Starbucks non piace ai milanesi

Al di là dello sfregio recato al Palazzo delle Poste di Cordusio, a cui i milanesi sono storicamente affezionati, e per cui è soggettivo definire l'azione in questo modo o meno, la chiusura dei due punti vendita di Starbucks raccontano una cosa molto semplice: ai cittadini di Milano, il "caffè" venduto dagli americani, semplicemente, non piace. Non è un caso che le saracinesche siano state abbassate dopo due anni di pandemia durante le quali il turismo nel capoluogo lombardo ha fatto registrare i minimi storici o quasi. L'equazione è semplice: meno turisti, meno entrate per Starbucks (si parla di una riduzione del fatturato pari a circa il 50 per cento). Meno entrate per Starbucks, chiusura dei locali. È chiaro che l'attrattività di Milano a livello internazionale porti con sé investimenti dal sapore altrettanto globale, e questo di fatto un male non è. Ma quando tutto si ferma e i dati non sono gonfiati da clienti che poco o nulla hanno a che fare con chi la città la vive tutti i giorni, allora i conti si fanno più chiari e soprattutto più precisi.

Si è perso il fascino di "fare l'americano da Starbucks"

La rinominata "acqua sporca" venduta fuori dai confini nazionali, sia essa servita in America o in Gran Bretagna, non attrae più di una semplice curiosità facilmente esaudibile e soprattutto esauribile in poco tempo. Perso, poi, anche il fascino di "fare l'americano da Starbucks". Il concetto è più che sdoganato: è superato. Il fascino americano resiste, non c'è che dire, ma non occorre più (o semplicemente si è realizzato che non si debba per forza passare 16 ore al giorno in questi locali con una tazza davanti) per sentirsi sognatori a stelle e strisce e credere al miracolo statunitense.

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Giornalista dal 2019, sono redattore del servizio Milano per Fanpage.it dal novembre dello stesso anno. Precedentemente ho collaborato per Fcinternews.it e Libero Quotidiano per i servizi di cronaca, sport e spettacoli.
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