video suggerito
video suggerito

Solo una condanna per violenza sessuale per la setta delle Bestie, una vittima: “Delusa, la giustizia non esiste”

Si conclude a Novara il primo grado del processo sulla sulla Psicosetta di Novara: prescritta la accusa di associazione a delinquere con finalità di abusi sessuali anche su minori fino al 2010. Assolti 25 imputati, riconosciuta una condanna per violenza di gruppo nel 2012. Il Procuratore: “Manca un inquadramento giuridico”. Attese le motivazioni entro il 10 aprile.
A cura di Olga Mascolo
99 CONDIVISIONI
Fonte: Olga Mascolo
Fonte: Olga Mascolo

Sono le 17.30 del 10 gennaio, sul tavolino di un bar di Milano ci sono due bicchieri di una bibita fredda. Suggellano un patto tra chi scrive, giornalista, e Caterina, una delle vittime che si è costituita parte civile contro la psicosetta delle Bestie, così chiamata dalla polizia di Novara che ha svolto le indagini dal 2018 al 2020. Qualche ora prima c'è stata la sentenza, pronunciata dal Presidente della Corte di Assise Gianfranco Pezone, che stabilisce che tra i 26 imputati al processo ci sia solo una condanna a sei anni per violenza sessuale di gruppo, avvenuta nel 2012, per Barbara Magnani e che il reato di associazione a delinquere col fine di commettere abusi sessuali sia stato compiuto fino al 2010 e dunque prescritto.

Bisognerà aspettare le motivazioni, ma è possibile che l'associazione a delinquere sia stata considerata attiva fino a quando Gianni Maria Guidi, a capo della "setta della Bestie", era in buona salute. Dal 2010 in poi le condizioni dell'erborista, fondatore del laboratorio Quintessenzia, si sono infatti aggravate con una lenta progressione, fino alla sua morte avvenuta il 15 marzo 2023, a pochi giorni dall'inizio del dibattimento in aula del processo. Per lui in fase preliminare era stata chiesta e ottenuta l'incapacità di stare in giudizio, che andrebbe confermata ogni sei mesi.

"Sono molto delusa. Mi chiedo se servirà l'appello, perché significherebbe per me rivivere quelle sofferenze", dice Caterina a mente lucida. Nel momento in cui le parole della sentenza sono state pronunciate dal presidente "in modo freddo, senza nemmeno alzare gli occhi dal foglio", Caterina ha abbracciato Giulia, la sua amica e altra persona offesa che ha fatto partire l'indagine. Un abbraccio che è durato 20 minuti, tra le lacrime.

"Sono molto delusa, la giustizia non esiste": sono le prime parole pronunciate da Giulia, girando le spalle ai giornalisti, al mondo, chiudendosi in se stessa. È come se fosse il contrario di Gisele Pelicot, la donna diventata simbolo in Francia per avere raccontato le violenze subite dal marito. Il suo volto è apparso su tutte le prime pagine dei quotidiani francesi e mondiali, mentre quello di Giulia è nascosto tra le mani, piene di lacrime, col trucco che si scioglie.

Nel suo caso i reati di violenza sessuale sono stati prescritti, ovvero sono "scaduti". E anzi, la sentenza dice: "L'azione penale non doveva essere iniziata essendo il reato estinto per prescrizione". Ma come possono scadere per il sistema giudiziario, e perdurare nel cuore della persona offesa? "Sono delusa – dice ancora Giulia -. Il mio futuro non riuscirà mai a slegarsi agli anni che ho vissuto nella setta". Il punto però è proprio questo, è come se non esistessero nel codice dei reati che possano descrivere quanto accaduto in quegli anni in cui Gianni Maria Guidi era a capo dell'associazione e utilizzava le persone per trarne piacere sessuale, bambini inclusi, Giulia inclusa, Caterina inclusa.

Non esiste il reato di setta, non esiste più il reato di plagio. La pubblico ministero Silvia Baglivo inoltre aveva chiesto l'aggravante della riduzione in schiavitù per l'associazione a delinquere, ma non è stata riconosciuta dalla corte. Mentre per quanto prescritta, è stata riconosciuta l'associazione a delinquere: un discrimine sottile, ma fondamentale. L'organizzazione e la setta quindi esistevano, anche se per i reati ipotizzati dal 2010 (associazione a delinquere e violenza sessuale di gruppo) in poi ci sono state assoluzioni e una sola condanna per violenza sessuale di gruppo.

"Nove degli imputati sono stati assolti per non aver commesso il fatto. La prescrizione è relativa solo ad una parte di essi", ha tenuto a precisare uno degli avvocati della difesa Massimo Del Confetto. Sono 21 gli imputati prosciolti per i reati di associazione a delinquere e violenza sessuale di gruppo fino al 2010. La stessa Barbara Magnani è stata prosciolta per associazione a delinquere, ma condannata per violenza sessuale di gruppo avvenuta nel 2012.

Sull'aspetto della prescrizione, la pm Baglivo ha detto che "è importante che ci sia stata una condanna per la violenza sessuale di gruppo. Sono stati riconosciuti i reati anche se risultano prescritti, escludendo la riduzione in schiavitù. Tuttavia c'è un problema: al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato a Roma c'è la scuola antisette". Sull'esclusione dell'aggravante della riduzione in schiavitù ha spiegato che questa "parla dello stato di soggezione continuativa, uno sfruttamento sessuale che qua secondo noi c'era".

Fonte: Olga Mascolo
Fonte: Olga Mascolo

In ogni caso, per questi episodi "non c'è un inquadramento giuridico che sia proprio sul punto – conferma il procuratore capo Giuseppe Ferrando – è tra il plagio e la schiavitù, è una situazione borderline. Non ci sono precedenti". C'è un vuoto anche per l'avvocato Marco Marzari del Cesap (Centro abusi psicologici) parte civile nel processo: "È dalla legislatura corsa che Cesap si batte insieme ad altre associazioni perché venga normatizzato il reato di setta, ovvero di associazione a delinquere organizzata al fine settario. Un ringraziamento va alla pm di Novara che ha sostenuto fino alla fine un'imputazione coraggiosa, e secondo noi, del tutto fondata". "Senza una legge adeguata nessuno otterrà giustizia", ha scritto Lorita Tinelli, esperta di sette.

Sono le lacrime e l'abbraccio tra le persone offese a rendere il momento in cui viene pronunciata la sentenza ancora più drammatico: ci sono le assoluzioni, una sola condanna a 6 anni, la prescrizione che pesa come un macigno su Caterina, Marta, Giulia. C'è un grande senso di impotenza e di amarezza della pm Baglivo sulla inchiesta milanese, emersa grazie all'esposto di una persona uscita dalla "setta" in cui si denunciavano le violenze su Giulia, quando era bambina. Purtroppo però l'indagine milanese si è conclusa con un'archiviazione perché non sono stati trovati sul momento riscontri delle violenze sui minori che sarebbero avvenute negli anni Novanta, e nel 2010 Giulia era già una donna adulta.

C'è poi un altro punto. Il processo, iniziato il 24 marzo del 2023, è stato caratterizzato da un clima di ostilità nei confronti della stampa: fastidio per telecamere, minacce, sconsideratezze, sconfinamento dei ruoli. In una delle ultime udienze è stato detto che gli imputati stessero subendo linciaggio mediatico, e la sensazione è che sia stato esattamente il contrario, con l'abbondante rispetto della presunzione di innocenza, e molta poca sensibilità per la libertà di stampa, fondamentale a veicolare i vuoti della giurisprudenza e le ingiustizie. Perché mai come in questo caso appare fondamentale rilevare che se Giulia, Caterina e le altre vittime non avranno giustizia, probabilmente è perché c'è qualcosa che non funziona, al di là della morte del Dottore: forse per i minori gli abusi non dovrebbero essere prescritti, forse la setta va in qualche modo inquadrata nel nostro sistema penale.

Perché anche tra assoluzione e prescrizione c'è un confine molto diverso: e sta nella vita futura. Possono le psicologhe che secondo la Procura avrebbero reclutato le vittime del Dottore (fino al 2010), continuare a esercitare la professione? Anche se il reato è estinto? Anche se il reato non può essere inquadrato correttamente? Anche se "Non ci sono precedenti" come ha detto la
Baglivo dopo la sentenza? Questa è una domanda fondamentale che la società si deve porre.

Durante tutto il processo gli imputati sono sempre arrivati tutti insieme e se ne sono andati tutti insieme. A volte si sarebbero riuniti dopo a casa del Dottore a Cerano beach, nonostante fosse già
morto. In quella casa viveva Barbara Magnani, unica condannata e suo braccio destro nella gestione del gruppo. Durante la sentenza invece non erano presenti gli imputati tranne uno, di cui la pm aveva comunque chiesto la prescrizione: "A differenza degli altri sono venuto a dimostrarvi che non siamo una setta e ognuno pensa con la propria testa".

Di 26 imputati però, solo in due ci hanno parlato nel corso degli anni. Uno di loro, non coinvolto direttamente nei reati di violenze sessuali, ma nell'associazione, diceva in una delle ultime udienze: "Siamo persone oneste che non hanno commesso nessun reato. Non c'è nulla, non c'è associazione a delinquere: tutte le nostre contabilità sono in chiaro. Su ciò che è prescritto non ne parlo, non abbiamo motivo di dubitare di ciò che dice Giulia, (le violenze da parte del Dottore ndr), ma non ne sapevo niente perché non esiste la setta. Il Dottore è stato il miglior datore di lavoro".

Marta ha denunciato, coinvolgendo la cugina che è stata imputata, Caterina ha denunciato la sorella maggiore che è stata imputata. Giulia ha denunciato raccontando di come fosse stata
portata nella “setta” dalla zia, uscita dal gruppo e ora a Londra. È stata Giulia a fare partire l'inchiesta del 2018, sostenuta dalla sua psicologa, l'associazione “Non una di meno” e il suo avvocato Silvia Calzolaro che l'ha aiutata a redigere una denuncia completa. Si sono poi costituite parti civili altre ragazze. Giulia contattata al telefono dice: "In questo momento faccio fatica a pensare alla decisione della corte. Ho troppa amarezza. Insieme al mio avvocato aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza" che arriveranno entro il 10 aprile. Ritornando al tavolino del bar con Caterina a Milano, il giorno della sentenza di primo grado: il patto, per lei, è di non provare vergogna, e per tutti di considerare la sentenza non un punto di arrivo, ma di inizio.

99 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views