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Omicidio di Sofia Castelli a Cologno Monzese

Sofia Castelli uccisa nel sonno dall’ex fidanzato, perché si può parlare di delitto premeditato

Zakaria ha ucciso Sofia con una brutalità inaudita dopo averle sottratto le chiavi di casa, dimostrando una lucidissima volontà di commettere il femminicidio.
A cura di Anna Vagli
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Sofia Castelli aveva solo vent’anni. È stata uccisa nel sonno a colpi di coltello dall’ex fidanzato, Zakaria Atqaoui. Che di anni ne aveva appena ventitré. Rientrata da una serata trascorsa in discoteca con l’amica del cuore, il suo assassino si è intrufolato nella sua abitazione all’alba dopo averle rubato le chiavi di casa. Zakaria sapeva che i genitori ed il fratellino di Sofia erano in Sardegna ad un matrimonio. Così, le ha teso una trappola massacrandola con un coltello da cucina sottratto proprio dalla sua casa di Cologno Monzese.

Sofia è stata uccisa per aver ribadito una decisione presa due settimane prima: quella di non voler più stare con Zakaria. Non lo sapeva, e forse neppure se n’è resa conto, ma quella decisione l’avrebbe pagata di lì a poco molto cara. Così è stato. Perché il suo nome è andato ad allungare il bollettino dei femminicidi.

L’ho uccisa. Ho accoltellato la mia ragazza”. Queste le parole pronunciate dal giovane alla polizia locale dopo aver commesso l’omicidio.

Una storia che fa rabbrividire anche gli addetti ai lavori. Non solamente per l’incredibile abbassamento dell’età anagrafica del femminicida, ma anche per le modalità con le quali vengono commessi questi delitti. Quasi sempre organizzati e con scenari motivazionali distruttivi. Sofia è stata punita dal suo assassino perché si era stancata di stare con un uomo come lui.

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Si può parlare di un delitto premeditato?

Gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero di Monza, la dottoressa Emma Gambardella, stanno valutando la possibilità di contestare a Zakaria l’aggravante della premeditazione. Che, all’avviso di chi scrive, sembra essere pienamente integrata. Difatti, la circostanza che le abbia rubato le chiavi di casa prova anzitutto come si sia trattato di un femminicidio ampiamente studiato ed organizzato in termini di tempo e spazio. Ma non soltanto. Dimostra anche come il ragazzo abbia agito in una condizione di estrema lucidità. In maniera calcolata e con un raggelante controllo anche sul piano emotivo. Un controllo emotivo confermato anche dal comportamento tenuto dopo il delitto.  Zakaria Atqaoui si è infatti costituito, dimostrando di non aver alcun interesse per quelle che saranno le conseguenze penali dei suoi comportamenti. Ciò che importava davvero era rivendicare l’orgoglio ferito da Sofia con la decisione di lasciarlo definitivamente. L’ha uccisa per riaffermare il proprio potere. Come risposta alla scelta della giovane di continuare la sua vita lontana da lui. Una scelta vissuta dal ventitreenne come sfidante e rispetto alla quale si sentiva impotente.

Così, Zakaria ha cercato giustizia. Lo ha fatto tendendo un agguato a Sofia, mentre dormiva con la sua migliore amica, che non si sarebbe accorta di niente. L’ha uccisa approfittando di una condizione di minorata difesa. L’ha colpita in maniera vigliacca, con un totale disimpegno emotivo. Nel sonno, come fanno i traditori. Azzerando qualsiasi possibilità di fuga e di salvezza.

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Senza dargli la possibilità di reagire né di guardarlo in faccia. Per non assumersi il rischio di cambiare idea di fronte alla paura ed al dolore della donna che diceva di amare. Ha deciso di eliminarla nel momento stesso in cui le ha sottratto le chiavi di casa. Calcolando tutto. Secondo quanto emerso, il giovane l’avrebbe accoltellata più volte. Infierendo soprattutto alla gola. Quasi un’esecuzione, alimentata da una rabbia e da una ferocia inaudita. Dimostrando un evidente assenza di empatia, oltreché una volontà vendicativa.

Abbiamo dunque a che fare con soggetto dalla personalità disturbata e malevola, totalmente incapace di gestire la logica del rifiuto. E che, anziché cercare di capire che cosa non funzionasse nella sua esistenza, ha attribuito i suoi fallimenti, inclusa la fine della relazione, a Sofia. Quando le persone di questo tipo vanno in pezzi, l’angoscia li spinge a compiere atti di violenza estrema. Niente a che vedere con patologie psichiatriche invalidanti, ma piuttosto con strutture di personalità profondamente disturbate. In questo tipo di scenario, quindi, è da escludere anche la temporanea infermità mentale. Totalmente incompatibile con ciò che ha prima messo in atto e poi confessato.

Ma vi è di più. La psicolinguistica forense, che studia il linguaggio tanto dei sospettati di un reato quanto di potenziali testimoni, ci aiuta ad inquadrare in maniera quanto più precisa la volontà omicidiaria di Zakaria. Nel momento in cui si è costituito, infatti, ha detto: “Ho ucciso la mia ragazza”. Non ha parlato di ex. E non lo ha fatto perché, con l’omicidio, consumato proprio per rivendicare la superiorità, nella sua mentalità distorta è riuscito a ripristinare i ruoli. Sofia era la sua ragazza, prima che avesse osato lasciarlo.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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