Sofia Castelli, uccisa dall’ex fidanzato, avrebbe compiuto 21 anni. Gli amici: “24 anni è una pena ridicola”
Il 28 maggio Sofia Castelli avrebbe compiuto 21 anni. Non è stato così, perché la sua vita è stata interrotta il 29 luglio 2023, quando il suo ex fidanzato, Zakaria Atqaoui, l'ha accoltellata nel sonno. Atqaoui è stato condannato a 24 anni di reclusione, sentenza a cui i familiari e gli amici di Sofia si oppongono con forza, sostenuti dall'associazione Scarpetta rossa, che nella serata del 28 maggio ha organizzato un corteo da Milano a Cologno Monzese per ricordare Sofia e restituirle voce.
Presenti alla manifestazione, insieme alla mamma della ragazza, le amiche del cuore, tra cui Aurora Fiameni, che al momento dell'omicidio dormiva nella stanza accanto a quella in cui Sofia veniva accoltellata nel sonno.
"È passato quasi un anno da quello che è successo – dice Aurora a Fanpage.it – e diventa sempre più difficile, perché realizzi realmente quello che è successo. Il suo ultimo compleanno me lo ricordo, perché aveva organizzato una sorta di festa in un locale con le sue migliori amiche e alcuni dei suoi amici. I suoi genitori le avevano anche portato la torta, quindi avevamo festeggiato tutti insieme e poi a mezzanotte, mi ricordo che diluviava, eravamo al parchetto a bere birra e c'era anche lui Zak (Zakaria Atqaoui). Ricordo che avevano litigato anche in quell'occasione".
"Riguardo alla sentenza – continua -, riesco solo a dire che è un'ingiustizia, che però arriva proprio dalla giustizia. ‘Ora parla Sofia' (il claim del ciclo di iniziative dedicate a Sofia, ndr) è un modo per far capire alle persone che finalmente l'unica persona che può parlare di questa situazione è Sofia. Tant'è che anche la scuola in cui andavamo ha dato a disposizione una borsa di studio per gli studenti più meritevoli a nome di Sofia e anche il corteo di oggi vuole far sì che la condanna che è arrivata, la condanna ingiusta che è arrivata, possa arrivare a più persone possibili. Io in prima persona vorrei provare a portare avanti questa lotta – conclude Aurora, oggi membro dell'associazione Scarpetta rossa -, anche se è un po' difficile".
"Gli ultimi due anni – le fa eco Linda Goldaniga, altra amica stretta di Sofia – li abbiamo passati sempre insieme, facevamo tutto insieme. Era molto altruista, e non ti giudicava mai. C'era sempre, per qualsiasi cosa, potevi parlare sempre. Nessuno si sarebbe mai immaginato quello che è successo, infatti l'ultima volta che ci siamo viste – erano le sei del mattino, stavamo tornando dalla discoteca e ci saremmo viste poi il pomeriggio – ci siamo dette semplicemente ‘Ciao, a più tardi'. Se avessi saputo che sarebbe stata l'ultima volta che la vedevo, le avrei detto molto di più".
"Vogliamo dare voce a Sofia perché sia da monito per le generazioni a venire – spiega Gualtiero Nicolini, dell'associazione Scarpetta rosssa -, ma soprattutto nell'intento di una revisione del processo, perché è stata una condanna al limite dello scandaloso, anche se siamo ancora in attesa di leggere le motivazioni. Quindi continueremo a portare avanti questa protesta sotto il suo nome che è stato scelto dalla mamma. “Ora parla Sofia”.
Nell'ambito di questo ciclo di iniziative, sabato 25 giugno al centro commerciale di City Life si è svolta una manifestazione per i dieci anni dell'associazione Scarpetta rossa. Subito dopo il dibattito, è stata consegnata la borsa di studio “Sofia Castelli” ed è stata inaugurata una nuova panchina rossa all’interno del CityLife Shopping District, che si affianca a quella già posizionata lo scorso anno, in occasione della giornata contro la violenza alle donne, all’esterno del parco di SmartCityLife.
Il corteo confluisce davanti a Villa Casati, a Cologno Monzese. Qui prende la parola Teresa Tedeschi, ex professoressa di Sofia all'istituto Fabio Besta: "Non è giusto che una ragazza di vent'anni rinunci alla sua vita, ai suoi sogni, a tutti i suoi progetti. Per una persona che diceva di amarla? Di questo amore che cosa ha fatto? Perché il dolore di una madre non lo potrà mai colmare nessuno, il vuoto che Sofia ha lasciato è nella propria famiglia, tra gli amici, tra tutti quelli che la conoscevano".
Il silenzio intorno viene intervallato solo da una parola, ripetuta più volte: "Giustizia, giustizia, giustizia!"