Sfratti a Sesto San Giovanni, gli inquilini: “Abbiamo sempre pagato, ma ora ci mandano via”
Mohamed Alaa è arrivato in Italia vent’anni fa da Alessandria D’Egitto. Ha fatto il facchino, l’imbianchino, il muratore e l’operaio, finché la cooperativa da cui dipendeva ha chiuso buona parte dei contratti per mancanza di lavoro. Dal 2012 vive con la moglie e i due figli di 10 e 9 anni in un bilocale di 38 metri quadrati a Sesto San Giovanni. Ma ancora per poco.
Fatti e sfratti
La mattina di mercoledì 11 maggio doveva essere notificato lo sfratto per la famiglia Alaa, residente in un condominio di via Levi, con un unico proprietario. Ma non è stato quest’ultimo a decidere la recessione del contratto con due anni d’anticipo rispetto alla scadenza. “Le precedenti giunte – spiega Gianluigi Montalto, avvocato dell’Unione inquilini Sesto San Giovanni – avevano creato una convenzione con diversi privati per sublocare appartamenti alle famiglie che non erano riuscite a ottenere case popolari. Nel 2017, con l’arrivo dell’amministrazione di Roberto Di Stefano (ex Forza Italia, oggi Lega, ndr), il sistema delle sublocazioni è stato volutamente cancellato. Non solo – continua Montalto -, una settantina di famiglie, per lo più straniere ma anche di italiani coniugati con stranieri, sono state escluse dalle graduatorie per le case popolari, perché venivano loro richiesti documenti irrecuperabili dai Paesi d’origine”. “È stato un modo – aggiunge il consigliere regionale M5s Massimo De Rosa, presente alla manifestazione organizzata davanti al condominio – per mettere in atto una politica discriminatoria contro la popolazione immigrata e quella più povera”.
Niente bandi, “spese folli”
Non la pensa così l’assessore alla Casa di Sesto San Giovanni Claudio D’Amico, che Fanpage.it ha contattato telefonicamente: “Avevamo due contratti: uno con la proprietà, che scadeva nel 2020, e l’altro con l’inquilino, con scadenza a fine 2017. Quest’ultimo non l’abbiamo rinnovato perché da noi le persone entrano nelle case attraverso bandi, a differenza di quanto era stato fatto con la famiglia Alaa. Con la giunta precedente non era così, infatti quando ci siamo insediati c’era un buco di quasi 20 milioni, abbiamo dovuto dichiarare il pre-dissesto e la Corte dei Conti non ci lascia fare spese ‘superflue’. Certo che prima nelle case popolari entravano tutti: l’Ufficio Casa spendeva 1.4 milioni all’anno, spese folli”.
“Se c’hai una casa tua, ti arrangi in casa tua”
Adesso, secondo D’Amico, i conti sono tornati in regola, in tutti gli ambiti: “Non si capiva come mai prima l’80-90 per cento degli assegnatari fossero stranieri, oggi il 90 per cento sono italiani”. L’essere immigrati aveva determinato il problema delle famiglie escluse dalle graduatorie: “La legge di Regione Lombardia – precisa D’Amico – diceva che se tu c’hai una casa tua, ti arrangi in casa tua, quindi noi abbiamo semplicemente richiesto un certificato che attestasse l’assenza di proprietà, ma alcuni Paesi esteri non lo rilasciavano. Poi la legge è cambiata e ora basta l’Isee, ma non credo sia corretto, perché l’Isee è solo un’autocertificazione, si può imbrogliare”. “Su questo provvedimento – ricorda a riguardo Montalto – il Tribunale di Milano e quello di Monza hanno condannato il Comune di Sesto San Giovanni a risarcire le famiglie coinvolte e a reinserirle nelle graduatorie”. Il risarcimento pare non essere pervenuto, mentre da quest’anno gli esclusi – diventati una quarantina di famiglie, visto che alcuni fortunatamente nel frattempo hanno trovato altre sistemazioni – sono stati rimessi in lista per le case popolari. A nessuno di loro, però, è ancora stato assegnato l’alloggio.
“In 4 in 38 metri quadrati. E ora ci mandano via”
In questo quadro s’interseca la vicenda di Mohamed, svantaggiato sia dalla fine delle sublocazioni sia dalla richiesta del documento: “Quando mi sono trasferito in questa casa – racconta – avevo un bambino di sei mesi e avevano detto a me e a mia moglie che si trattava di una soluzione provvisoria. Invece i mesi sono diventati anni e nel frattempo è nato anche il mio secondo figlio: dormiamo tutti e quattro nella stessa camera, oltre a quella ci sono un bagno e una piccola zona giorno con cucina e divano, sono 38 metri quadrati”. Ma fosse “solo” lì il problema: “Dopo che ho sempre pagato e non sono stato ascoltato nella richiesta di una sistemazione più adeguata, mi cacciano anche da qui e solo da poco sono potuto rientrare in graduatoria per le case popolari. Mi hanno detto di trovarmi un altro posto, di ‘tornare nel mio Paese’”. Osservazioni a cui l’assessore D’Amico risponde: “Quella famiglia paga 50 euro al mese d’affitto, il resto – circa 420 euro – ce lo mette il Comune. Certo che stanno bene lì. Vorrei sapere chi può tenersi una casa a 50 euro al mese. Per gli Alaa i cittadini di Sesto hanno speso, dal 2018 a oggi, oltre 20mila euro. Dovrebbero stringere la mano e ringraziare ogni persona che passa! Non siamo nell' (ex) Unione Sovietica, dove il diritto alla casa era un obbligo perché non ‘cera la proprietà privata ”.
La proprietà non aveva problemi con gli inquilini
A Mohamed l'avviso era arrivato tra il 2018 e il 2019, ma dopo la formalizzazione in tribunale il Covid aveva portato il Governo a sospendere per quasi due anni i processi di sfratto. E arriviamo quindi al 2021, alle porte delle elezioni amministrative. “Nell’ultimo periodo naturalmente stanno cercando di fare meno i cattivi – dice De Rosa, che sostiene il candidato del centro sinistra Michele Forgetta (Sinistra italiana) -, per questo rinviano gli sfratti a settembre, dopo le elezioni”. Lo sfratto, che doveva diventare esecutivo dall’11 maggio, è stato posticipato al 14 settembre, anche grazie all’intermediazione della proprietà, la quale tiene a precisare: “Non abbiamo e non abbiamo mai avuto alcun tipo di problema con questi inquilini, la decisione ci è stata imposta dal Comune: senza un contratto non possiamo tenerli qui, ma ci rendiamo conto della difficoltà in cui si trova la famiglia, per questo stiamo facendo il possibile per agevolarla”.
Uselli: “Tattica per distrarre dalle inadeguatezze”
Presente, la mattina in cui doveva avvenire la notifica dello sfratto, anche Michele Uselli, consigliere regionale di +Europa/Radicali e candidato nella lista “Sesto Liberale e Democratica” a sostegno di Massimiliano Rosignoli sindaco: “L’attuale sindaco Di Stefano trae enorme beneficio da questi episodi, perché distoglie la cittadinanza dalle gravi inadeguatezze della sua azione di governo del territorio. In questi anni ha aizzato e provocato una guerra tra poveri, nel frattempo nulla è stato fatto per migliorare la qualità dei servizi sociosanitari”.
“Non so cosa fare”
Esiste però un dato di fatto, oltre la politica e oltre il bilancio comunale: ci sono bambine e bambini, donne incinte, anziani e persone con problemi di salute che nei prossimi mesi rischiano di fare la stessa fine delle 667 famiglie sfrattate a Sesto dal 2019 a oggi (di cui però, lo ricordiamo, solo alcune su intervento del Comune). Tra loro c’è anche Hasna, con la sua bimba di tre anni e il piccolo che ancora deve nascere. E il commento, suo e di Mohamed, è uno solo: “Non so cosa fare”.
Il candidato sindaco Foggetta: Ecco gli effetti del "prima gli italiani"
Il candidato sindaco per il centrosinistra a Sesto San Giovanni Michele Foggetta ha commentato la situazione dicendo che "si è cercato in tutti i modi, al grido di ‘Prima gli Italiani’, di tenere fuori le famiglie con origini straniere dai bandi comunali richiedendo documenti che queste famiglie non potevano avere perché arrivavano da Stati dove non esisteva quel tipo di documentazione". Ora, "per queste discriminazioni il Comune si è visto intentare causa da parte delle famiglie sostenute da Unione Inquilini e il Comune di Sesto San Giovanni si è ritrovato a dover pagare oltre 40.000 euro di spese processuali". Foggetta ha poi aggiunto che "Sesto San Giovanni ha una lunga tradizione di accoglienza e ospitalità" promettendo che in caso di elezione "faremo quindi di tutto affinché siano assegnati tutti gli appartamenti del patrimonio pubblico comunale e lavoreremo affinché anche Aler faccia lo stesso, chiederemo poi alle proprietà che andranno a costruire nel nuovo quartiere della aree dismesse di mantenere una percentuale che tenga conto delle famiglie con difficoltà economiche".