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Sette ore senza acqua né cibo al Pronto soccorso, la replica: “Ricorso improprio al servizio d’urgenza”

Senza acqua né cibo per sette ore. E fazzoletti di carta per tamponare il flusso mestruale al posto degli assorbenti. La replica dell’ospedale: “Non siamo un supermercato”
A cura di Francesca Del Boca
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Immagine di repertorio
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Senza acqua né cibo per sette ore. E fazzoletti di carta per tamponare il flusso mestruale, al posto degli assorbenti.

È successo a una ragazzina di Vimercate al Pronto soccorso della città, come denuncia il padre a Il Giorno: arrivata alle 5 di mattina, in preda a dolori lancinanti, ne è fuoriuscita dopo le 13. E, in quel lasso di tempo, la giovane non ha potuto bere o mangiare.

Un'ora dopo la prima visita

Per la prima visita, passa un'ora. Intanto vietato bere, in attesa del prelievo del sangue.

Viene poi invitata ad andare nei bagni con un bicchierino, per raccogliere l'urina. Cammina a fatica, ha male alla testa e una morsa al basso ventre. Secondo il padre, nessuno scorta e guida la ragazza in quei momenti: viene lasciata sola ad aggirarsi per le corsie, con il bicchiere in mano.

Il padre allontanato dall'ospedale

Finché, poi, non arriva il ciclo mestruale. "Mi sono alzato e sono andato all'ingresso a chiedere un'assorbente", ha raccontato a Il Giorno il padre della ragazza. "Mi sono sentito rispondere che non potevo stare lì e che dovevo andare a casa, e che intanto vedevano se ne trovavano uno. Ho chiesto se almeno potevo avvisare mia figlia che era senza cellulare. Si trattava di fare 10 metri, ma me lo hanno impedito, dicendo che ci pensavano loro".

La perdita tamponata con la carta igienica

Nessuno però avvisa la ragazzina. Che chiama disperata un'ora dopo, preoccupata per la scomparsa improvvisa del padre, dal cellulare di un altro paziente. Lei, ancora in sala d'attesa. E degli assorbenti, nessuna traccia: sta tamponando la perdita di sangue con la carta igienica trafugata nei bagni del Pronto soccorso. 

In preda all'ansia

Senza contare che la ragazzina soffre di tricotillomania e in quel contesto è andata in panico, strappandosi le sopracciglia.

"È stata pure rimproverata perché non aveva la mascherina. Ma magari uno se corre al Pronto soccorso alla mascherina non ci pensa no? E comunque bastava dargliela. Ne ha avuta una solo dopo ore e rimprovero. Non credo sia possibile in un paese civile lasciare una ragazza per oltre sette ore senza informazioni, senza acqua, senza cibo, costretta a raccattare carta igienica per tamponare il flusso mestruale abbondante del primo giorno".

La replica dell'ospedale: ricorso improprio al servizio d'urgenza

Il commento del padre sull'intera vicenda è lapidario. "Che tristezza". Adesso, ha fatto sapere, si rivolgerà a un avvocato.

Ma l'ospedale replica immediatamente, e respinge con forza ogni accusa. Bollando il caso come "il classico esempio di ricorso improprio al servizio d'urgenza di cui tanto si discute.

 scattato tutto il protocollo previsto: esami del sangue, ecografia addominale e test di gravidanza. Occorre tempo per portare a termine l'iter, ed esattamente 120 minuti: dalle 5.44 ora di ingresso alle 7.45 momento in cui è comparso il ciclo. Nel frattempo avevamo proposto anti-dolorifici rifiutati dalla donna”.

Per quanto riguarda le sette ore senza bere né mangiare, “in presenza di mal di pancia, per dirla volgarmente, non si può né bere, né mangiare per evitare eventuali gravi complicanze in attesa degli esiti degli accertamenti. Dopo che tutto sembrava risolto per sicurezza abbiamo comunque preferito tenerla in osservazione cinque ore. Alle 13.15 la ragazza, maggiorenne, è stata dimessa. Proprio in ragione della sua età, non era necessaria la presenza di un parente all'interno del Pronto soccorso. Nessuno però ha vietato al papà di aspettarla fuori”.

E la carenza di assorbenti? "Avevamo solo mutande contenitive, non siamo un supermercato”.

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