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Senzatetto “sgomberati” a Milano, l’assessore Bertolè: “Piccolo pezzo di un’attività più complessa”

“A tutte quelle persone è stata offerta un’alternativa e quasi 30 di loro quel giorno sono state accolte nei nostri centri”: a dirlo a Fanpage.it è l’assessore al Welfare del Comune di Milano Lamberto Bertolè relativamente agli sgomberi avvenuti alcuni mesi fa in Stazione Centrale.
A cura di Ilaria Quattrone
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Lo sgombero in Stazione Centrale
Lo sgombero in Stazione Centrale

"Il problema è come agganciare queste persone e convincerle ad andare nei centri": a dirlo è l'Assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano, Lamberto Bertolè, in un'intervista con Fanpage.it. Nella lunga conversazione sono stati toccati diversi temi: dal piano di accoglienza per i profughi ucraini, agli episodi di violenza tra i giovani e fino alla questione dei senzatetto. Proprio su quest'ultimo tema, diverse settimane fa, si era acceso un dibattito. La discussione era nata a seguito dello sgombero dei tunnel vicino alla Stazione Centrale: "Trenta persone quel giorno sono state accolte nei nostri centri", ha spiegato Bertolè.

L'assessore Lamberto Bertolè
L'assessore Lamberto Bertolè

A Milano sono circa 2.600 le persone in strada

Come spiegato dall'assessore, il tema della emarginazione o delle persone costrette a vivere per strada è molto delicato e importante. A Milano, dal punto di vista dei numeri, si stima che ci siano circa 2.600: "Una stima forse leggermente in difetto, ma l’ordine di grandezza è quello – sottolinea l'assessore a Fanpage.it -. Nei nostri centri e luoghi d’accoglienza, nel periodo invernale, quando abbiamo tutti i centri a disposizione accogliamo circa duemila persone". Bertolè precisa che ne vengono ospitati circa duemila non perché non ci sia posto per tutti, ma perché il problema è "come agganciare queste persone e convincerle ad andare nei centri". Il Comune infatti, insieme al Terzo Settore, ha costruito delle strutture usando sia degli spazi comunali che quelli messi a disposizione dal Terzo Settore: "Una rete di centri accoglienza diffusa e che ha posti liberi anche per le persone che tuttora non stanno nei centri".

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In cosa consiste il lavoro delle unità di strada

Per favorire l'assistenza, sono state istituite delle unità di strada: "Hanno più competenze – spiega Bertolè – e tutti i giorni sono in strada e cercano di costruire relazioni con le persone, a volte dando dei beni materiali, indumenti piuttosto che cibo o farmaci ed è un’occasione per rispondere a dei bisogni primari, ma anche per agganciarle e attivare dei percorsi di reinserimento sociale e di riscatto sociale". Alcuni di loro accettano l'aiuto delle unità e scelgono di entrare nei centri. Lo snodo principale è il centro Sammartini: "È un punto d’accesso alla rete dei nostri servizi, in cui le persone possono avere una prima presa in carica sanitaria, giuridica e socio assistenziale così da capire che tipo di risposta dare"

I centri sempre più piccoli

Una delle strade intraprese dal Comune è quella di andare verso centri sempre più piccoli: "Alcune persone non vogliono andare nei centri perché magari hanno avuto esperienze negative perché sono troppo grandi e non si sentono al sicuro. Stiamo aumentando le risorse – continua Bertolè con Fanpage.it – per dare queste soluzioni e speriamo che questo possa farci fare passi avanti". A loro si aggiungono però gli "irriducibili", persone che rifiutano a priori l'inserimento nei centri: "Questi essendo comunitari richiedono il rispetto delle regole e non tutti hanno voglia di farlo. Altri – spiega ancora l'assessore – hanno paura perché vivono una condizione di rischio, di fragilità dal punto di vista giuridico e legale". In quest'ultimo caso si parla spesso di persone che sono appena entrati in Italia e non vogliono farsi identificare: "Noi nei nostri centri del piano freddo, che sono dispositivi salva vita, accogliamo tutti senza distinzione. Il problema è – precisa Bertolè – spiegare a queste persone che non devono avere paura, che accogliamo tutti".

L'episodio dei tunnel vicini alla Stazione

L'assessore poi torna sull'episodio dei tunnel: "Quello è un pezzettino di un’attività molto complessa ed è un intervento rispetto a una situazione che era diventata molto complicata per numeri e per difficoltà di entrare in contatto e in relazione con le persone e per situazioni, in alcuni casi, di rischio e pericolo per gli operatori che si avvicinavano. A tutte quelle persone – precisa l'assessore – è stata offerta un’alternativa e quasi 30 persone quel giorno sono state accolte nei nostri centri. Prima e dopo abbiamo continuato il pezzo più importante che è il tentativo di aggancio sociale delle nostre unità che cercano costantemente di parlare con le persone e di provare a trovare delle soluzioni".

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