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Sacrifica il suo lavoro per seguire il marito, quando si separano ottiene un risarcimento

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto un risarcimento nei confronti di un uomo che ha deciso di sacrificare la propria carriera per seguire il marito all’estero.
A cura di Ilaria Quattrone
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La sezione Famiglia del Tribunale civile di Milano ha riconosciuto un risarcimento nei confronti di un uomo che ha sacrificato la propria vita lavorativa per seguire il marito in un'altra città estera. I due hanno poi divorziato e i giudici gli hanno riconosciuto un indennizzo. L'uomo, che lavorava come commercialista, ha seguito il marito che invece lavorava come avvocato. Il primo aveva redditi annui da 27mila euro e una casa datagli dai genitori. Il secondo invece 250mila euro netti annui di redditi e tre case.

I due hanno deciso di divorziare. Il loro caso è poi arrivato in aula. In particolare modo, è stato chiesto alle giudici di poter chiarire se fosse necessario riconoscere o meno un risarcimento nei confronti di colui che ha deciso di sacrificare la propria vita professionale.

La presidente e relatrice Anna Cattaneo con le giudici Susanna Terni e Fulvia De Luca hanno quindi argomentato: "Egli ha condiviso le scelte di vita del compagno fin dall'inizio della relazione: in sostanza la coppia ha deciso di privilegiare la carriera professionale, le aspirazioni e gli interessi di un membro della coppia", ha riportato il quotidiano Il Corriere della Sera. E ancora: "L'altro, pur avendo sempre lavorato e anche implementato il proprio bagaglio professionale, per scelte condivise di coppia, ha avuto un ruolo subalterno, ha supportato il compagno, lo ha stimolato, gli ha consentito di realizzare il suo progetto professionale, sacrificando la propria crescita economica a favore della crescita dell'altro".

E per questo motivo gli è stato quindi riconosciuto un indennizzo. Questo squilibrio è stato misurato tenendo in considerazione anche il periodo di convivenza precedente alla formalizzazione dell'unione civile "ancorché si sia svolto in tutto o in parte in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge" numero 76 del 2016 sulle unioni civili. Negare nell'equazione quel periodo di tempo infatti si tradurrebbe in una discriminazione a danno delle coppie omosessuali considerato che il "proposito di contrarre un vincolo formale non ha potuto concretizzarsi se non a seguito dell’introduzione della disciplina delle unioni civili".

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