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Incendio nella Casa di Riposo per Coniugi a Milano

Rogo in una Rsa di Milano con 6 vittime, il perito: “Con un rilevatore di fumi funzionante non sarebbero morti”

Nell’incendio scoppiato alla “Casa per coniugi” di Milano, nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 2023, morirono 6 anziani e 81 pazienti rimasero intossicati. “Sarebbe bastato un rilevatore di fumi funzionante per evitare che i pazienti morissero”, ma l’impianto era guasto da quasi tre anni. A dirlo, a due anni di distanza, è il perito Davide Luraschi.
A cura di Giulia Ghirardi
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Nell’incendio scoppiato alla “Casa per coniugi" di via dei Cinquecento a Milano, nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 2023, morirono 6 anziani e 81 pazienti rimasero intossicati. All'origini del rogo, un mozzicone di sigaretta. "Sarebbe bastato un impianto di rilevazione dei fumi funzionante per evitare che i pazienti morissero", ma l’impianto era guasto da quasi tre anni. A dirlo, oggi, a due anni di distanza, è il perito Davide Luraschi, ingegnere e docente del Politecnico.

La stanza dalla quale, nel 2023, si era originato il rogo era quella di due delle vittime: Laura Blasek, classe 1936, e Nadia Rossi, 69 anni. Sarebbe stata quest'ultima ad accendere la sigaretta che avrebbe poi dato origine al rogo: le fiamme avrebbero pian piano bruciato materassi e coperte, sprigionando una colonna di fumo nero irrespirabile, fino ad arrivare a una bombola d’ossigeno presente nella stanza. Un testimone, infatti, racconterà di aver sentito un forte rumore, come il boato di un'esplosione.

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Era stata la compagna di stanza a lanciare l'allarme chiamando la reception all'ingresso, gridò aiuto con tutta la forza che aveva. I pompieri arrivarono pochi minuti dopo e, in poco tempo, riuscirono a spegnere le fiamme. Le due donne della 605, però, erano ormai morte. Così come altre quattro vittime, intossicate dal fumo nero che quella notte invase la Casa per coniugi.

Oggi, a due anni di distanza, sono state depositate le conclusioni della consulenza affidata all'ingegnere Davide Luraschi, docente del Politecnico, nell'ambito dell'inchiesta che la Procura di Milano aveva deciso di aprire proprio in seguito al rogo scoppiato nella Rsa con i pm Sara Arduini, Maura Ripamonti, e con l’aggiunta Tiziana Siciliano. Secondo Luraschi, sarebbe bastato un impianto di rilevazione dei fumi funzionante per evitare che i pazienti morissero o, perlomeno, cinque di loro. Tutti tranne la donna che, fumando mentre era in ossigenoterapia, fece partire l'incendio. Purtroppo, però, al tempo l'impianto era guasto da quasi tre anni e non era mai stato sostituito. In più, se oltre all’impianto di rilevazione dei fumi ci fosse stato anche un sistema di spegnimento automatico, secondo il perito, avrebbe potuto salvarsi anche quell'anziana.

Gli indagati, oggi, sono sei, tra cui i vertici della cooperativa Proges, che gestiva la struttura di proprietà del Comune di Milano, Claudia Zerletti, direttrice della struttura di via dei Cinquecento, Michele Petrelli, in qualità di direttore del Welfare di Palazzo Marino e Guido Gandino, in qualità di responsabile dell'area residenzialità, anziani e persone con disabilità del Comune. I reati contestati a vario titolo sono di quelli di omicidio colposo, lesioni colpose plurime per violazione delle norme antinfortunistiche e incendio colposo.

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