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Robinho condannato a 9 anni di carcere per stupro: l’Italia chiede al Brasile di eseguire la pena

Il governo italiano ha chiesto al Brasile che venga eseguita la condanna a 9 anni di reclusione a carico dell’ex calciatore Robinho: l’ex attaccante carioca è stato condannato in via definitiva per violenza sessuale di gruppo su una ragazza di 23 anni, avvenuta nel 2013 in un locale di Milano.
A cura di Francesca Del Boca
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Il governo italiano ha chiesto al Brasile che venga eseguita la condanna a 9 anni di reclusione a carico dell'ex calciatore Robinho, condannato in Italia in via definitiva per violenza sessuale di gruppo su una ragazza di 23 anni, avvenuta la notte del 22 gennaio 2013 in un locale di Milano.

Dopo la richiesta di estradizione respinta da parte del governo italiano (l'articolo 5 della Costituzione brasiliana vieta l'estradizione dei cittadini), il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato la richiesta il 24 gennaio, e l'ha inviata al governo brasiliano attraverso i canali diplomatici: le autorità italiane, inoltre, chiedono anche l'esecuzione della sentenza nei confronti di Ricardo Falco, amico dell'ex attaccante del Milan.

La violenza sessuale di gruppo nel 2013 a Milano

A quei tempi, nel 2013, Robinho (ovvero Robson de Souza Santos) veste i colori della maglia rossonera al Milan: nel club meneghino gioca ben quattro stagioni, dal 2010 al 2014. Ha 29 anni, è all'apice della sua carriera calcistica.

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La notte del 22 gennaio, dopo aver accompagnato la moglie a casa, si reca in un locale di Milano in compagnia di un gruppo di amici: qui, stando alle indagini, l'ex fantasista carioca avrebbe fatto bere la ragazza ("con modalità insidiose e fraudolente") fino al punto da renderla "incosciente e incapace di opporsi", violentandola a turno insieme ad altri (mai rintracciati) nel guardaroba del locale, dove la 23enne stava festeggiando il compleanno.

La giovane, secondo le motivazioni della sentenza, sarebbe stata "brutalmente umiliata" con "particolare disprezzo" da Robinho e dai suoi complici. Inoltre, i colpevoli avrebbero fin da subito "cercato di sviare le indagini, offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata".

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