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Rischia di perdere un piede per un incidente con un decespugliatore, salvato bambino di due anni

Rischia di perdere un piede per un incidente con un decespugliatore. Il bambino di due anni è stato salvato dal reparto di microchirugia del piede e della mano di Monza.
A cura di Enrico Spaccini
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Stava giocando in giardino a Gussago, in provincia di Brescia. Il bambino di appena due anni si era avvicinato troppo al decespugliatore che un suo parente stava usando lì vicino. Ferito a una coscia e a un piede, quando sono arrivati i sanitari sembrava destinato a perdere l'arto inferiore. Trasportato d'urgenza all'ospedale San Gerardo di Monza, è stato affidato alle mani dell'equipe di Microchirurgia della mano e del piede. Dopo un lungo e delicato intervento, sembra scongiurata l'ipotesi amputazione.

Dottor Massimo Del Bene, responsabile dell'equipe
Dottor Massimo Del Bene, responsabile dell'equipe

L'intervento chirurgico

"Il piede è salvo". Ad annunciarlo è stato Massimo Del Bene in persona. Il dottore che da anni guida una delle equipe d'eccellenza nel panorama sanitario italiano e internazionale. L'intervento è stato condotto dalla dottoressa Erica Cavalli e si è concluso nella tarda serata di mercoledì 11 maggio. Un'operazione che ha permesso la rivascolarizzazione del piede sventando, così, il rischio di amputazione. "Purtroppo incidenti domestici di questo tipo sono sempre più frequenti – ha commentato Del Bene – il nostro reparto è diventato un centro regionale per le emergenze e siamo praticamente i soli a gestire i casi pediatrici".

L'equipe del dottor Del Bene

L'equipe medica guidata dal dottor Del Bene si è guadagnata negli anni la reputazione di essere la migliore nella ricostruzione plastica degli arti nel Paese. Nel 2010 sono stati loro a realizzare il primo trapianto in Italia di due mani alla stessa persona, la signora Carla Mari della provincia di Varese. Da qualche anno Del Bene si è dedicato alla cura dei migranti scappati dai lager dell'Africa meridionale. "Hanno le mani schiacciate, tagliate da machete, ustionate dalla benzina – racconta – io la chiamo chirurgia della tortura".

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