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Rinchiuso nel cpr di via Corelli con un tumore al cervello: niente visite, salvato dal compagno di cella

Un uomo malato di tumore al cervello è stato rinchiuso nel cpr di Milano e trattenuto senza essere sottoposto alle cure. A salvarlo, la segnalazione di un compagno di cella che ha chiamato un’associazione che assiste i migranti, che lo ha fatto rilasciare dopo ripetute richieste. La sua documentazione clinica è stata più volte negata.
A cura di Sara Tirrito
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L'esterno del cpr di via Corelli a Milano
L'esterno del cpr di via Corelli a Milano

Un uomo, J.M., è stato trattenuto nel centro di permanenza per il rimpatrio di Milano, in via Corelli, pur avendo un tumore al cervello. La sua storia è stata raccontata dalle associazioni Naga e Mai più lager – No ai Cpr, che dopo un anno di monitoraggio nei cpr di tutta Italia hanno, mercoledì 25 ottobre hanno pubblicato il report Al di là di quella porta.

Il report di Naga e Mai più lager – No ai Cpr

Il documento, di oltre 200 pagine, raccoglie informazioni sulle condizioni fatiscenti delle strutture in cui vengono rinchiusi i trattenuti, sui diritti basilari violati sistematicamente, come quello alla salute, alla difesa, a un interprete. Si racconta della facilità con cui avvengono queste violazioni, delle irregolarità amministrative e del modo in cui sono negate anche le informazioni personali, come l'accesso alla propria cartella clinica.

Le condizioni degradanti in cui vivono i trattenuti in Italia sono note. Alcuni degli episodi pubblicati sono stati denunciati già in passato, come aggressioni da parte delle forze dell'ordine dentro la struttura, vermi nel cibo, e persone abbandonate pur non riuscendo a reggersi in piedi. Quello che si sa, e che è contenuto nel report, è stato ottenuto attraverso segnalazioni telefoniche che arrivano agli stessi operatori, e visite dirette, rarissime. Una delle storie di violazione raccolte nel report è quella di J.M., che ha vissuto dentro un centro per il rimpatrio pur avendo un diagnosi di neoplasia cerebrale.

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Malato oncologico trattenuto in cpr senza potersi curare

Dopo pochi giorni dall'ingresso nel cpr di Milano, il caso di J.M. è stato segnalato al centralino dell'associazione Naga. Aveva mal di testa acuti, e picchi di pressione arteriosa. Sveniva ogni giorno. Dopo l'ennesima perdita di sensi, l'8 ottobre 2022 è stato portato al pronto soccorso dell'ospedale Fatebenefratelli. L'uomo è stato dimesso la sera stessa e quando è rientrato nel centro di trattenimento ha detto ai suoi compagni di avere ricevuto una diagnosi di tumore al cervello.

Nei giorni successivi, come denuncia il report, nessun medico della struttura di via Corelli lo avrebbe mai visitato. Al contrario delle istituzioni penitenziarie, in cui da regolamento è previsto un monitoraggio delle condizioni di salute dei detenuti, nei cpr i controlli sanitari non sono previsti. J.M. rimane così in disparte, coricato nel letto per giorni, con sintomi depressivi, ignorato dal personale della struttura. Come forma di protesta, inizia uno sciopero della fame.

Quando, finalmente il suo avvocato è riuscito a farlo uscire, nonostante non avesse mai ricevuto la sua cartella clinica completa, J.M. è stato "scaricato come un peso morto fuori dal portone", spiegano gli attivisti. L'uomo, raccontano, è stato preso per le braccia e portato all'esterno dal personale perché non riusciva a camminare da solo. Una volta fuori, ha "strisciato per terra per centinaia di metri" finché non ha raggiunto un bar. Lì, al bar, hanno chiamato un'ambulanza e da quel momento ha iniziato a curarsi.

Il referto della visita oncologica - Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager - No ai Cpr
Il referto della visita oncologica – Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager – No ai Cpr

Perché è entrato in un cpr con un tumore

A informare le associazioni di Milano è stato il suo compagno di cella, che ha chiesto aiuto perché preoccupato dallo stato di depressione in cui era entrato J.M. dopo la diagnosi oncologica. Una delle incognite è come sia stato possibile che J.M. sia stato considerato idoneo al trattenimento in un cpr pur avendo una neoplasia cerebrale. L'uomo è stato rilasciato dopo le insistenti richieste degli avvocati di avere la sua documentazione medica. Ogni migrante in realtà dovrebbe avere la sua cartella clinica, completa di visite in ospedale e nella struttura, ma questa spesso non viene consegnata.

Nel caso di J.M., segnala il report, quando dopo numerose sollecitazioni, gli avvocati hanno ottenuto la documentazione medica, hanno visto che era riportata una sola visita, quella propedeutica al trattenimento. Prima di entrare nel cpr, l'uomo era stato condotto al pronto soccorso per la visita d'ingresso, dove l'unico esame effettuato (obbligatorio) è stato un tampone Covid. L'esito negativo del test lo ha reso "idoneo alla vita in strutture comuni ovvero in comunità ristretta", il che è stato sufficiente a farlo entrare nel centro.

Il referto della tac - Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager - No ai Cpr
Il referto della tac – Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager – No ai Cpr

Nella cartella clinica non c'era traccia né della tac né del referto con cui il Fatebenefratelli gli aveva diagnosticato un tumore al cervello. Eppure, dopo approfondimenti da parte delle associazioni, sono emersi documenti che attestano che l'uomo era già stato al pronto soccorso per un dolore celebrale, si era procurato ferite alle braccia e aveva effettuato una tac che segnalava un "fortemente sospetto adenoma ipofisario da approfondire". J.M. è riuscito a uscire solo dopo un'azione insistente del suo avvocato.

Il certificato che nega il rimpatrio - Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager - No ai Cpr
Il certificato che nega il rimpatrio – Estratto dal report Al di là di quella porta di Naga e Mai più lager – No ai Cpr

L'11 ottobre 2022, dopo che le associazioni milanesi hanno segnalato il caso al Garante nazionale, J.M. viene dichiarato inidoneo al trattenimento a seguito di visita oncologica. Le sue condizioni sono state giudicate talmente gravi che – si legge nel certificato – "ai sensi della normativa vigente, non può essere rimpatriato". Dopo il rilascio, l'uomo ha intrapreso un percorso di cura e oggi, assistito dallo sportello legale del Naga, sta chiedendo che gli sia riconosciuto un permesso di soggiorno per motivi di salute.

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