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Riforma sanità in Lombardia, l’ex presidente Formigoni a Fanpage: “Ha corretto il disastro di Maroni”

L’ex presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, commenta in un’intervista a Fanpage.it la nuova riforma della sanità targata Fontana-Moratti.
A cura di Simona Buscaglia
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L'ex governatore lombardo, Roberto Formigoni, in un'intervista a Fanpage.it, commenta la nuova riforma della sanità regionale, votata dal consiglio a Palazzo Pirelli, dopo una maratona di 16 giorni. L'ex presidente di Regione Lombardia, che sta promuovendo il suo libro "Una storia popolare", ha criticato duramente le modifiche alla sua legge fatte dalla giunta Maroni, e ha sottolineato come quest'ultimo intervento sembri riportare "centralità al territorio". Rimangono dubbi sul ruolo "delle case di comunità", secondo Formigoni ancora poco chiaro. Sulla partita politica per le prossime elezioni regionali, invece, non ha dubbi: "tutti quelli che hanno proposto un modello di sanità diversa sono stati battuti".

Quali sono i punti forti, su cui si trova d'accordo, in questa riforma sanitaria targata Fontana-Moratti?

Mi sembra che abbiano provveduto a correggere il disastro fatto da Maroni sull'annichilimento della medicina territoriale. L'errore gravissimo fatto dalla giunta di Maroni fu quello di ridurre di moltissimo l'incidenza e l'autorevolezza della medicina territoriale e dei medici di medicina territoriale. La qualità di una sanità è fatta da una sanità ospedaliera, dalla qualità degli ospedali, dalle loro attrezzature e dalla preparazione dei loro medici, e dalla presenza di una forte medicina territoriale. Questo perché mentre negli ospedali vengono ricoverati malati riconosciuti, la medicina territoriale ha invece il compito di individuare la presenza di malati che non sanno di esserlo oppure che hanno sintomi senza sapere di cosa si tratti. Nella legge Formigoni avevamo organizzato delle equipe di medici territoriali: i medici non lavoravano da soli ma in team di dieci e dodici persone, su un territorio più vasto, scambiandosi conoscenze ed esperienze e questo consentiva loro di individuare meglio il sintomo. Questo è stato distrutto da Maroni, che ha riportato il medico di medicina generale a un'esperienza puramente individuale.

Quali sono state le conseguenze di questa scelta?

Faccio un esempio pratico. Un medico nell'ottobre del 2019 mi aveva riferito di essersi accorto di una polmonite strana di alcuni suoi pazienti, che non era quella a cui si era abituati, solo che si è sentito solo, non ne parlava con nessuno. Aveva tentato di agire con le sue conoscenze poi dopo si era accorto che si trattava dell'inizio del Covid. Se fossero state ancora vive e valide le equipe di medici territoriali che noi avevamo messo in piedi, questo medico avrebbe potuto parlarne con decine di suoi colleghi e tutti avrebbero potuto interpellare con più forza Regione Lombardia e l'assessorato e avrebbero studiato meglio il caso. Forse avrebbero individuato con qualche mese d'anticipo questa malattia strana che poi si sarebbe rivelata Covid. I medici se lavorano in gruppo hanno più capacità di andare a fondo. La colpa della riforma Maroni è stata la semi distruzione della medicina territoriale e questa riforma nuova sembra porre rimedio a questo errore

Con il suo modello di sanità quindi la Lombardia sarebbe stata più preparata nella lotta contro il Covid?

Sì, più preparata. Non è detto che saremmo riusciti a debellare il Covid perché ci è arrivato addosso con molta violenza ma saremmo stati più forti e preparati e avremmo subito conseguenze meno devastanti di quelle che abbiamo subìto. La Lombardia è stata colpita per prima perché è quella che ha più rapporti con la Cina, di lavoro e commerciali e culturali e quindi il ceppo originario si è diffuso di più

Una delle critiche sollevate a questa riforma dalle opposizioni riguarda la questione del personale, della sua sostanziale carenza e dei dubbi sul collocamento nelle nuove strutture create sul territorio, lei cosa ne pensa?

La carenza dipende dal fatto che lo Stato non ha avviato le risorse. Pare incredibile dopo quello che abbiamo sofferto con il Covid ma il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) non prevede un significativo aumento di risorse e questo si somma agli errori degli anni precedenti dove è stato introdotto il numero chiuso in molte facoltà di medicina. Si sapeva benissimo che i medici stanno invecchiando che molti di loro sarebbero andati in pensione e che la popolazione sta invecchiando e ha bisogno di più cure. Gli errori sono stati fatti negli ultimi anni. Altro errore è stato anche la diminuzione dei posti di terapia intensiva: tutti i governi, da quello Monti in poi, hanno diminuito per risparmiare i numeri di posti letto di terapia intensiva, questa è stata una delle scelte meno lungimiranti. I vaccini ci aiutano perché mentre la prima ondata ci trovava disarmati queste ondate con il vaccino provocano meno ospedalizzazioni quindi ci sono alcuni reparti che sono occupati dal Covid e molti altri sono libere. Nelle Regioni italiane al momento non ci sono ospedali chiusi per altre malattie perché pieni di malati Covid, tutto questo grazie ai vaccini

Quali sono secondo lei invece i punti critici, che non le sembrano chiari?

Voglio capire bene il funzionamento di queste Case della comunità, non lo capisco molto bene. Mi sembra un po' un progetto intellettualistico, voglio vederne l'utilità. Sono dirette centralisticamente mentre una Regione come la Lombardia, con dieci milioni di abitanti, ha bisogno di essere seguita passo passo nel suo territorio, porzione per porzione. Questa è l'osservazione

C'è il rischio quindi che possano essere delle scatole vuote?

Il rischio è che, anche se non voglio darne un giudizio definitivo, non è chiara la loro funzione. È una novità nel nome, non si capisce dove stia la novità nel loro funzionamento e non ne si capisce l'utilità. Vediamo però. Al momento non mi sembra chiara. Per molti aspetti mi sembra che si sia in una fase di primissima sperimentazione quindi mi sento di sospendere il giudizio da qui a qualche mese

In merito al rapporto tra pubblico e privato nella sanità, Lei ha anche pagato per i rapporti non sempre trasparenti tra questi due mondi. Nella nuova riforma si interviene su questo punto secondo lei?

Il mio modello di rapporto tra la sanità pubblica e privata, che ho creato mi sembra fortunatamente rimanga intatto. Io non ho pagato per quello, ho pagato politicamente. Quel modello funziona ancora adesso dopo quasi 25 anni che è stato inventato. È ancora un fiore all'occhiello di Regione Lombardia, lo imitano. Altri governi dopo di me si sono rifatti al mio modello perché la gente è soddisfatta

Dopo la gestione del Covid da parte di Regione Lombardia, spesso criticata, crede che la partita politica per le prossime regionali sia un po' più aperta?

Io dico di no. È il cittadino che comanda, che vota e che è ancora soddisfatto della sanità lombarda e vota chi propone quel modello. Chi vuole un modello diverso viene ‘mandato a quel paese'. Basta vedere il risultato delle ultime elezioni dove Fontana, che era un esordiente assoluto, ha battuto di più di venti punti il candidato della sinistra che proponeva un modello diverso di sanità. La struttura privata ha dato un contributo molto forte alla lotta al Covid, ed è stato riconosciuto pubblicamente, anche dai sindaci di destra e sinistra.

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