“Riaprite il caso di Fabio Rapalli, potrebbe essere vittima della setta della Bestie”: la richiesta dei familiari
Potrebbero riaprirsi le indagini sulla morte di Fabio Rapalli, il 31enne scomparso il 16 maggio del 1996 dalla propria abitazione della frazione Costa Montefedele di Montù Beccaria, in provincia di Pavia, e trovato morto il 7 settembre dello stesso anno nei boschi della Cisa a Pontremoli, in provincia di Massa Carrara. La sua morte potrebbe avere un collegamento con la Setta della Bestie, i cui 26 membri dallo scorso 24 febbraio sono imputati in un processo con l'accusa anche di violenze sessuali aggravate e di gruppo, anche su minori.
A chiedere la riapertura del caso è l'investigatore privato ed ex carabiniere Claudio Ghini: nei giorni scorsi ha depositato alla Procura di Massa un rapporto con tutte le attività investigative svolte per circa quindici anni sull'omicidio di Rapalli, prima come sottufficiale dei carabinieri e successivamente su incarico dei famigliari. Nel rapporto ora ci sono nuovi spunti investigativi che potrebbero seguire la pista delle Sette delle Bestie, attiva anche in Lombardia dal 1990 al 2020.
L'omicidio di Fabio Rapalli
Secondo l'investigatore, il caso di Fabio Rapalli potrebbe essere ricondotto a un rito di iniziazione per entrare in una setta finito male. Una volta scoperta la Setta delle Bestie, nasce l'ipotesi che la morte del 30enne potrebbe essere imputata al gruppo criminale noto soprattutto a Novara ma con vittime quasi tutte lombarde. Gli indizi non sono pochi: uno tra tutti il fatto che la setta si serviva di un immobile proprio nella frazione Costa Montefedele di Montù Beccaria, ovvero il paese di Rapalli da cui è scomparso nel maggio del 1996. Gli altri indizi sono da ricercare nel luogo in cui è stato ritrovato, in provincia di Massa Carrara.
A trovare il cadavere a Pontremoli erano stati due cacciatori: il corpo era già in stato di decomposizione e con la testa staccata dal resto del corpo. La testa era appesa a una corda a un ramo. Cosa sia successo dal giorno della scomparsa a quello del ritrovamento è ancora un mistero. Ma i dettagli lasciano intendere un possibile legame con una setta: ai piedi dell'albero c'era una candela, un coltello da cucina e due accendini. Eppure Rapalli non aveva mai fumato. Le candele, il coltello e gli accendini confermerebbero la tesi che il giovane fosse stato vittima di un rito di iniziazione per entrare in una setta.
"Il ragazzo – spiega l'ex maresciallo a Fanpage.it – era una persona solitaria, non lasciava mai casa. Poi quel contatto con qualcuno che lo aveva convinto a far parte della setta. Del resto questi gruppi cercano persone fragili. Rapalli non riusciva neanche ad allacciarsi le scarpe da solo. Come ha potuto farsi il nodo scorsoio con cui è stato trovato legato al ramo?".
Prima di scomparire Fabio Rapalli aveva avuto un piccolo scambio di parole con don Luciano Chiesa, all’epoca parroco di Costa Montefedele. Al parroco aveva chiesto se il "diavolo esiste". Alla risposta affermativa del don, il 31enne era salito sulla sua moto ed era andato via, senza più dire una parola.
Una volta trovato il corpo in via di decomposizione i suoi famigliari sono riusciti a confermare che si trattava di lui attraverso il porta patente di un'autostrada di Stradella. Qualche giorno dopo il funerale, il 7 giugno 1997 sulla lapide di Rapalli i genitori troveranno una forca a tre punte e una scritta "siamo noi". Gli inquirenti hanno fin da subito sostenuto la tesi dell'istigazione al suicidio. Forse un rito di iniziazione finito in tragedia, ma mai confermato attraverso un procedimento giudiziario. Ora l'investigatore Ghini chiede che venga riaperto il caso.
L'appello dell'investigatore Claudio Ghini
Ora l'investigatore Ghini chiede che venga riaperto il caso. Troppo inizi, troppi collegamenti alla Setta della Bestie che non possono non essere presi in considerazione. "Il richiamo della vicenda Rapalli – spiega l'ex maresciallo – dà lo spunto per invitare chi sa, a collaborare con la Procura della Repubblica di Massa, senza timori di subire provvedimenti giudiziari a proprio carico perché il reato di favoreggiamento personale si è prescritto. Può farlo anche con uno scritto anonimo da inviare alla stessa Procura o anche alla Ghini Investigazioni che provvederà al successivo inoltro agli uffici giudiziari massesi".