Regionali 2023 in Lombardia, Gian Antonio Girelli (Pd): “Manca solo l’ok di Carlo Cottarelli per iniziare a lavorare”
La necessità di tutte le coalizioni di trovare un candidato credibile ha riacceso i riflettori sulla politica regionale e soprattutto su come questa abbia la tendenza a concentrasi unicamente sul futuro della città di Milano. Non a caso uno dei nomi emersi per provare a contrastare il governatore uscente Attilio Fontana o la sua vice Letizia Moratti, entrambi in lizza come candidati del Centrodestra, è quello del sindaco del capoluogo Beppe Sala. Ma – spiega a Fanpage.it il consigliere regionale del Partito democratico Gian Antonio Girelli – "la Lombardia è ricca di espressioni di sindaci particolarmente capaci".
Il Pd ha veramente vinto le elezioni amministrative?
Indubbiamente il risultato delle amministrative, sia per il primo che per il secondo turno, è di soddisfazione per il Partito Democratico e più in generale per il centrosinistra. Si sono conquistate anche città, sulla carta, impensabili prima delle elezioni. Si è soprattutto raccolta la fiducia su una proposta di persone e programmi credibili e affidabili.
Certo, rimane una considerazione che non va mai dimenticata: la scarsissima affluenza al voto. Perché un sistema dove il 50 per cento delle persone non ritiene utile o necessario partecipare alla scelta di chi amministra, deve far riflettere. E su questo penso che le donne e gli uomini del Partito Democratico e del centrosinistra debbano impegnarsi molto, perché riconquistare l'attenzione e poi la fiducia dei cittadini rimane una delle priorità della politica.
Perché alle comunali il Pd riesce meglio che in altre elezioni?
Laddove il contatto è più diretto, dove il cittadino elettore conosce la persona che sceglie, riusciamo a essere più convincenti e apparire migliori dei competitor di centrodestra. Più ci allontaniamo dalla gente, più prevale una scelta ideologica e quindi il centrodestra rispetto a noi.
E allora la domanda che, come come Partito Democratico, dobbiamo farci è dove sbagliamo? Perché non è mai l'elettore che sbaglia. Probabilmente dobbiamo avere la capacità di essere un po' più chiari e semplici, entrare nel vivo delle questioni che le persone vivono nella loro quotidianità. Uscire un po' da quella tendenza di salire in cattedra ed essere complicati nel presentare proposte che continuo a pensare siano profondamente migliori di quelle del centrodestra, spesso risolutive a livello nazionale.
Non a caso, quando le cose vanno particolarmente male, alla fine vengono a chiamare noi per risolverle. Soluzioni che, però, rischiano di essere non comprese. Dobbiamo allora tradurre a livello regionale e anche nazionale lo stesso metodo del locale.
Quali sono i problemi della Lombardia?
Sono i problemi di una riforma sanitaria, che si chiamano liste d'attesa, pagamento di prestazioni e mancanza di alcuni luoghi dove poter ospitare le persone con particolari situazioni di disabilità o anziani.
Sono i problemi di mobilità e soprattutto di un sistema ferroviario che davvero nulla ha a che fare con una regione come la nostra. Ma anche di ambiente, con il grande tema delle discariche e delle cave.
Su tutti questi temi bisogna avere la capacità di dire parole chiare, indicare soluzioni non generiche, ma specifiche caso per caso, provincia per provincia. Noi dobbiamo puntare su due aspetti: indubbiamente trovare chi guida la squadra e ormai non è un mistero per nessuno che la valutazione seria che si sta facendo è su Carlo Cottarelli.
Mi verrebbe da dire che adesso manca solo l'ok di Cottarelli per poter cominciare a lavorare, a cui però penso vada affiancata anche tanta esperienza di buon governo delle realtà locali. Noi vinciamo in tante città, abbiamo vinto e rivinto in tante città proprio grazie a quella capacità di buon governo.
Dobbiamo quindi creare una squadra che poi si declina nelle varie liste del Partito Democratico e nelle altre forze che aderiranno al campo largo e nel civismo, che deve trovare una sua espressione e una sua partecipazione, puntando proprio su questi risultati di buon governo.
Se c'è una caratteristica che credo abbia reso visibile il centrodestra è la sua incapacità di rappresentare la tradizione lombarda di serietà e buon governo. Noi dobbiamo contrapporre a questo, oltre al nome del capitano, il portato di esperienza e di dimostrazione di capacità.
Il Centrodestra sembra si stia presentando abbastanza diviso a questa nuova tornata elettorale?
Che ci sia una difficoltà nel centrodestra penso sia piuttosto evidente. Non solo dalle varie dichiarazioni che leggiamo sui giornali, ma anche dalle votazioni in aula che abbiamo avuto nel corso di questi anni, specialmente quando veniva utilizzando il voto segreto, in cui spesso e volentieri la maggioranza è "andata sotto".
Il centrodestra si è accorto di una regione che va a scartamento ridotto, che rischia di occuparsi di tante banalità o provvedimenti d'immagine, ma non affronta i nodi cruciali di una Lombardia che deve fare i conti con un cambiamento notevole di conformazione sociale e soprattutto di scenari futuri dal punto di vista economico.
La dimostrazione è che per le grandi risorse destinate alla Lombardia, soprattutto attraverso il Pnrr, non sono stati individuati obiettivi da andare a conseguire e sono state distribuite in maniera disordinata, secondo scelte che lasciano discutere e che soprattutto non hanno un obiettivo condiviso.
Tutto questo crea malumore nel Centrodestra. Su questo dobbiamo lavorare per convincere quell'elettorato che fino ad ora, in maniera anche molto critica, ha affidato a loro il governo di questa regione per dire che forse è il caso di provare un'esperienza diversa. Certo, poi dobbiamo farci trovare all'altezza.
L'ipotesi di Beppe Sala candidato del Centrosinistra alla Regione conferma la visione milanocentrica della Lombardia?
Il nome di Beppe Sala è indubbiamente di grande valore, insieme a quella del sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, e di tanti altri, perché la Lombardia è ricca di espressioni di sindaci particolarmente capaci.
Spesso si sente la complessità di una regione che non è solo le grandi città dal punto di vista politico. Noi poi paghiamo pesantemente il livello regionale e nazionale proprio nelle periferie lombarde, dove non possiamo dimenticare che vive la stragrande maggioranza dei cittadini di questa regione e che spesso, per quanto riguarda il centrosinistra, si sentono poco considerati.
Una delle scommesse è quella di uscire da questo milanocentrismo nel quale viene vista spesso la politica regionale che noi viviamo. Spesso anche in aula sentiamo parlare di federalismo, regionalismo, autonomia e quant'altro. Peccato poi che tutto questo finisca a Milano, all'interno di Palazzo di Lombardia e ci si dimentichi di tutto il resto del territorio.
Noi dobbiamo far comprendere ai sindaci delle grandi città che devono parlare molto della loro periferia, nel senso di avere addosso la responsabilità di una rappresentanza che rende le città importanti proprio perché si fanno carico anche dei temi di quello che gli sta attorno.
La Lega ha interpretato rivendicazioni soprattutto di autonomia finanziaria, che poi in realtà si chiude nell'esperienza regionale milanese e si dimentica di tutto e di tutto il resto. Come Pd e centrosinistra dovremmo intestarci il tema delle autonomie. Quella vera, però non quella solamente dichiarata da trent'anni ormai di politica regionale che ha dimostrato essere del tutto inefficiente.