Rapito da una donna a 5 mesi, riabbraccia la famiglia biologica a 16 anni: “Mi tenevano nascosto”
Rapito a cinque mesi e mezzo da una donna che non poteva avere figli. Vissuto per dodici anni con una mamma e un papà che lo tenevano nascosto al mondo per non far scoprire che quel bambino dai capelli rossi a cui avevano dato il nome Hermann, altri non era che Sebastiano Notarnicola, figlio di una coppia milanese a cui era stato sottratto il 20 aprile 1978.
Un'infanzia, quella di Hermann, che si interrompe quando è costretto ad andare in collegio e da lì, tramite una foto che lo ritrae nell'istituto e che viene pubblicata su un giornale distribuito nelle parrocchie, Annamaria Desiati e Giovanni Notarnicola, genitori biologici, ritrovano il loro Sebastiano.
Una storia molto simile a quella della bimba rapita all'ospedale di Cosenza, ma con un finale molto diverso, che sono gli stessi protagonisti a raccontare a Fanpage.it.
Sebastiano, come è iniziato tutto?
Quando sono nato, nel 1977, mia madre Annamaria ha messo un annuncio su un quotidiano dove chiedeva degli abiti usati per me. Le ha risposto una donna che si è presentata come assistente sociale e ha conquistato la sua fiducia. Una volta diventate amiche, la mattina del 20 aprile 1978 si sono recate in un bar in corso Vercelli a Milano e questa donna ha chiesto a mia madre se poteva lasciarmi con lei, che mi avrebbe comprato dei vestiti al negozio Chicco.
Tua madre ha accettato?
Sì, si fidava. Mi ha affidato a lei ed è stata al bar ad aspettare, ma dopo un’ora, non vedendoci tornare, ha iniziato ad allarmarsi.
Annamaria, cosa ricorda di quei momenti?
Ricordo che ho chiamato subito in aiuto i carabinieri, l'abbiamo cercata, ma lei mi aveva dato un indirizzo falso, dove non risultava nessuno, ero disperata.
Intanto, Sebastiano, tu eri stato portato via da quella donna.
Sì, mi teneva nascosto. Lei non poteva avere figli, però desiderava averne, non tanto per sé ma per suo marito. Aveva avuto delle gravidanze isteriche e, dal momento che mi aveva portato a casa a cinque mesi e mezzo, a suo marito aveva detto che ero dovuto stare in ospedale perché non stavo bene, lui non sapeva niente e quando sono arrivato era molto felice.
Che rapporto avevi con quest'uomo?
Mi aveva preso come un figlio. Lui e la donna che mi ha rapito mi avevano dato un nome, Hermann, e avevano comprato una casa in Valsassina, in provincia di Lecco, dove ho trascorso la mia infanzia.
Che infanzia è stata?
Diversa dagli altri, ma non ho un ricordo brutto. Dato che non potevo andare a scuola perché non avevo i documenti, quello che credevo mio padre mi ha insegnato a leggere e a scrivere. Non ero una persona normale, non uscivo, non frequentavo i miei coetanei, ma lui suppliva a questa solitudine facendomi fare cose ‘da grandi': a sette anni mi insegnò a montare e a guidare la moto, a spostare il camion, a guidare la macchina.
Annamaria, lei e suo marito nel frattempo continuavate a cercare Sebastiano.
L'abbiamo cercato per anni, con gli annunci sul giornale, in televisione, però la coppia con cui viveva cambiava di continuo appartamento, tenevano mio figlio nascosto.
Sebastiano, ti ricordi quando è iniziata a emergere la verità?
Nel momento in cui la casa in cui vivevamo in Valsassina è andata a fuoco per un cortocircuito, da lì sono iniziati i problemi. All'epoca avevo dieci anni, undici anni, e sono stato messo in collegio, un collegio religioso per ragazzi con problemi. Ne ho cambiati diversi e nell'ultimo è successo che l'istituto ha pubblicato delle foto di noi ragazzi su un settimanale che girava gratuitamente in tutte le parrocchie d'Italia. Una cugina di mio padre biologico, dalla Puglia, ha visto la mia immagine su quel giornale e ha notato subito una forte somiglianza con suo nipote a Milano, cioè mio fratello. Io e lui siamo sempre stati due gocce d'acqua. Da lì ha allertato i miei genitori biologici.
Che cosa è successo, Annamaria?
Siamo andati subito in questura e abbiamo portato la foto, da lì sono ripartite le ricerche. Io avevo la speranza, dentro di me sapevo da sempre che mio figlio era ancora vivo e il dna ce ne ha dato la prova.
E tu, Sebastiano, come hai scoperto la verità?
Un giorno il direttore del collegio mi ha chiamato nel suo ufficio per dirmi che la famiglia con cui avevo vissuto fino a quel momento non era la mia. Sul momento non ci ho dato peso e sono stato ancora diverso tempo lì, ma continuavo a scappare e ho fatto anche un anno in affidamento a una famiglia di Varese.
Quando hai conosciuto i tuoi genitori biologici?
A 16 anni. Ho conosciuto prima mio padre e i miei fratelli, con cui finita la scuola ho iniziato a vivere. Mamma e papà si erano nel frattempo separati e mia madre l'ho incontrata solo tempo dopo, perché il giudice aveva disposto che stessi con l'unico dei due genitori che aveva un lavoro.
Come è stato l'incontro con la tua mamma biologica?
Ricordo che mio fratello l'aveva chiamata e le aveva detto di venire a casa perché c'era una sorpresa. Io ero seduto sul divano e quando lei mi ha visto è scoppiata a piangere.
Annamaria, che cosa ha provato nel momento in cui ha potuto riabbracciare Sebastiano?
Ero contentissima [piange]. È stata una cosa bella. Anche se so che, pur essendo la sua mamma, lui non mi considera tale, perché è cresciuto con altre persone. È un dispiacere che mi porto sempre dietro, piango di continuo quando ci penso.
Sebastiano, sei d'accordo?
Purtroppo con mia madre non ho avuto un rapporto madre-figlio, ma io penso che non sia colpa sua, è colpa mia, perché sono cresciuto con una famiglia che ho sempre creduto che fosse la mia mentre non lo era, perciò mi è molto difficile oggi costruire legami. Anche con gli altri familiari c'è stato un rapporto all'inizio freddo, come se fossimo più che altro amici. Non li conoscevo, avevo sempre paura di fare delle cose sbagliate o per cui magari mi avrebbero riportato in collegio. Con loro mi comportavo con lo stesso carattere maturato durante l'infanzia, chiuso e un po' selvaggio.
Hai più visto le persone che ti avevano portato via?
Ho voluto andare a trovarli a Lecco poco dopo essere rientrato in famiglia. Li ho trovati cambiati, totalmente cambiati. Quando mi hanno visto mi hanno subito detto che ci avevano preso in giro, hanno negato tutto. Io ero contento di vederli, però non volevo più stare con loro, che tra l'altro avevano anche diverse cause pendenti per altri reati. Mi sentivo bloccato, nonostante per tanto tempo avessi desiderato solo tornare a essere loro figlio.
E quindi cosa hai fatto?
Alla fine ho deciso di stare con la mia famiglia biologica, però senza viverci insieme. Ho anche viaggiato, cercando di trovare la mia strada.
Oggi ti senti più Heramann o Sebastiano?
Diciamo che se qualcuno mi chiama Hermann mi sento più felice che se mi chiamano Sebastiano, perché comunque è un nome che ricollego ai tempi dell'infanzia, prima del collegio, e quello è stato il periodo che ricordo come il più sereno della mia vita.
Annamaria, ha fatto molto parlare in questi giorni la notizia di una bambina rapita a Cosenza e per fortuna riportata quasi subito tra le braccia dei suoi genitori. Che cosa ha provato sentendo quella storia?
Ho pianto per quella bambina rapita dalle braccia della sua mamma. Però sono stati fortunati a ritrovarla subito, io con mio figlio ho dovuto aspettare 12 anni per avere notizie e 18 per poterlo riabbracciare.
E tu, Sebastiano, come hai vissuto questo recente fatto di cronaca?
La notizia mi ha colpito molto perché è un po’ la mia storia, l'unica differenza è che a me è successo in un bar e a lei in ospedale. Per fortuna l'hanno riportata subito a casa, perché ritornarci dopo anni può creare tanto dolore e tanti problemi, io ne sono l'esempio.